Quando i nazisti trafugarono i tesori di Capodimonte

Gli occhi di Antea. Quante cose hanno visto in cinquecento anni! Dai tempi del sacco di Roma a quelli di Parma e poi di Napoli, nel ‘700, fino alla Seconda Guerra Mondiale. Dalla villa di Göring in Germania alle miniere di sale di Altaussee in Austria, fino a tornare a casa a Capodimonte, passando prima per Roma. Il racconto dell’incredibile viaggio del celebre quadro del Parmigianino è anche quello dei tesori di Napoli spostati in luoghi sicuri per evitare che fossero distrutti dalle bombe del conflitto mondiale. La guerra incombe! Siamo alla fine degli anni ’30. In tutta Europa si temeva un nuovo conflitto, al Ministero dell'Educazione nazionale erano preoccupati. In caso di guerra come proteggere dai bombardamenti migliaia di opere d'arte sparse in tutta Italia. L’allora ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai scrive in una nota: “Io penso che il patrimonio artistico nazionale debba essere difeso strenuamente e con ogni mezzo ma sul territorio nazionale alla stessa stregua delle famiglie, delle case e della terra. Per quanto terribile possa essere una guerra, ogni nazione deve avere il coraggio di accettarla così com’è e l’orgoglio di impegnare in essa non solo il proprio presente e il proprio avvenire, ma anche il proprio passato”. Se le opere devono essere protette, questo deve avvenire dunque in Italia. Non possono essere spostate in paesi neutrali, la Svizzera ad esempio, come inizialmente prospettato da qualcuno. Le opere sarebbero perciò rimaste nel nostro Paese. Non nei musei però, ma in luoghi protetti. Per questo Bottai mandò un dirigente a vedere se i soprintendenti italiani erano pronti ad affrontare il pericolo. Bé, non lo erano... 1 settembre 1939. La Germania nazista invade la Polonia. 10 giugno del 1940, Mussolini annuncia l'entrata in guerra. L'ordine di mettere in salvo l'arte italiana fu emanato appena cinque giorni prima dall'ingresso in guerra. Ma erano pronti i piani di salvataggio? In verità non esisteva alcun piano generale. A Napoli c'era Bruno Molajoli, giovane soprintendente alle Gallerie della Campania, che già nel luglio 1939 aveva deciso le misure da adottare. Anche l’Antea del Parmigianino, insieme ad altri capolavori come la Danae di Tiziano e molti ancora, lasciano Napoli. I quadri in quel momento si trovavano presso il Museo Nazionale, quello che oggi è il Mann, il Museo archeologico. Prima di proseguire nel nostro racconto, cerchiamo di capire chi era Antea. Lo abbiamo chiesto alla professoressa Elisabetta Fadda, docente di storia dell’arte moderna presso l’Università di Parma, che si è occupata del Parmigianino nella celebre mostra del 2016 alle Scuderie del Quirinale. Antea, simbolo della bellezza rubata “Dell’Antea manca un’identicazione corretta", spiega la professoressa Fadda. "E’ un ritratto femminile a figura intera. Nella sua autobiografia Benvenuto Cellini - che era a Roma negli stessi anni del Parmigianino, in particolare nel 1527 durante il sacco di Roma, il saccheggio della città eterna da parte dei Lanzichenecchi guidati da Carlo V – nelle sue memorie scrive che la prostituta più famosa di Roma si chiamava Antea. Da lì nacque l’attribuzione della donna dipinta in questo quadro alla figura di questa cortigiana di Roma". "Ma - aggiunge la professoressa - qualche studioso della moda ha fatto poi notare che questa giovanissima ragazza indossa un abito aristocratico. Non è però la stola dello sghiratto, della lontra, dell’ermellino che ha sulla spalla a definire un abito aristocratico ma piuttosto il grembiule bianco con una decorazione, un ricamo con un disegno geometrico che era l’attributo di certi ceti aristocratici di Parma. L’abbigliamento escluderebbe dunque l’identificazione con Antea la prostituta. Senz’altro questo è infatti un dipinto fatto a Parma. Il nome Antea in realtà è molto più tardo. Lo si ritrova in una menzione da parte di Giacomo Barri, un autore che nel '700 scrive una sorta di guida pittorica di Parma. Barri vede il quadro tra quelli della Collezione Farnese inventariati ed è lui a scrivere che la fanciulla dipinta fosse l’innamorata, l’amante, la fidanzata di Francesco Mazzola detto il Parmigianino. Antea arriva poi a Napoli nel 1734. A quel punto l’ultima Farnese sposa un Borbone e si trasferisce a Napoli con tutta la collezione. Poi il quadro viene spostato per circa un secolo a Palermo per poi tornare in Campania dopo l’intermezzo della rivoluzione napoletana. Fino alla Seconda Guerra Mondiale. La trappola di Montecassino "Fare la guerra in italia è come combattere in un maledetto museo" Comandante delle forze alleate generale Clark Torniano al soprintendente alle Gallerie della Campania, Bruno Molajoli, che si dà un gran da fare per mettere in sicurezza migliaia di opere d'arte, tra cui l’Antea del Parmigianino. A Napoli non potevano restare. Furono dunque costituiti due depositi per il ricovero delle opere d'arte allontanate dai luoghi più esposti ai pericoli di guerra: uno era il monastero benedettino della Badia della SS Trinità di Cava dei tirreni, in provincia di Salerno. Il secondo il palazzo abbaziale di Loreto, a Mercogliano, in uso della vicina abbazia di Montevergine. Ma nel luglio del 1943, dopo l'occupazione della Sicilia da parte degli americani, i depositi di opere d'arte rischiano di trovarsi proprio nel mezzo della guerra combattuta. Molajoli, dopo essersi consultato con Roma, dispone lo spostamento di 100 casse, 20 da Cava dei tirreni e 80 da Montevergine. 413 antichi dipinti trovano cosi rifugio tra le mura secolari dell'Abbazia di Montecassino, un luogo dove si immagina nessuno potrà portare la guerra. Mai si sarebbe potuto pensare che pochi mesi dopo quel tempio della cristianità potesse essere distrutto, bombardato, completamente raso al suolo. Montecassino fu infatti distrutta nel febbraio del 1944. E tutte le opere d'arte nascoste nell'abbazia, che fine hanno fatto? Furono anch’esse distrutte? Fu distrutta l'Antea? In realtà, per una volta furono i tedeschi a salvarle. Anche se a muoverli non fu la volontà di preservare le opere d’arte quanto il desiderio di fare un regalo al loro reichmarshall per il suo 51esimo complelanno. L'Antea, insieme a tanti altri preziosi quadri, fu infatti portata a Karinhall, la Villa che il gerarca nazista Hermann Goring. fece costruire in ricordo della moglie svedese morta anni prima. Insieme all'Antea, un altro bellissimo quadro, considerato il dipinto erotico per eccellenza nella storia dell’arte: la Danae di Tiziano. Di questo quadro e dell’epilogo dell’avventuroso viaggio sia dell’Antea che della Danae vi racconteremo tra 15 giorni, in occasione dell’uscita della seconda puntata di trafug’Arte dedicata ai capolavori di Capodimonte rubati dai nazisti. "Stiamo per invadere un Paese ricco di storia, di cultura e d'arte come pochissimi altri. Ma se la distruzione di un bellissimo monumento può significare la salvezza di un solo nostro soldato, ebbene, si distrugga quel bellissimo monumento" GENERALE IN CAPO ARMATA AMERICANA GENERALE DWIGHT D. EISENHOWER Trafug’Arte, il podcast sull'Antea del Parmigianino Accedendo a questo link potete ascoltare dalla diretta voce dei protagonisti la prima puntata della storia del trafugamento delle opere d'arte di Napoli da parte dei nazisti. La seconda onair il 7 febbraio 2025

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