Un trend di TikTok può sconfiggere la sindrome di Bridget Jones?

La tradizione dei “dodici chicchi della fortuna” ha origine in Spagna nel XIX secolo e consiste nel mangiare un chicco d’uva per ciascun rintocco dell’orologio che segna il conto alla rovescia verso la mezzanotte del 31 dicembre. Ogni chicco simboleggia uno dei dodici mesi dell’anno successivo, come augurio di fortuna e prosperità. Questa usanza non ha tardato a conquistare TikTok, dove, specialmente a partire dallo scorso dicembre 2023, è esploso un trend che prevede di mangiare dodici chicchi d’uva sotto al tavolo per attirare l’amore nel nuovo anno. Il trend è diventato talmente virale da scatenare una vera e propria corsa all’acquisto di uva nei supermercati. Le motivazioni psicologiche dietro al trend Secondo la psicologa e content creator Lucretia Paravia, il trend dei dodici chicchi d’uva riflette un bisogno universale degli esseri umani: quello di avere il controllo su qualcosa. “Seguire un trend del genere – continua Paravia – dà un’illusione di sicurezza: faccio x perché so che molto probabilmente si avvererà y. Ci illudiamo di poter dirigere in qualche rotta la nostra vita sentimentale e, allo stesso tempo, siamo sereni perché non dobbiamo confrontarci con l’incertezza del futuro. In realtà, però, quando si tratta di emozioni e di relazioni, nessuna delle due è controllabile: è come cercare di guidare una macchina con un volante che non è attaccato alla carrozzeria”. Perché ci sentiamo più soli a capodanno “Capodanno diventa una sorta di lente di ingrandimento emotiva”, commenta Paravia. “Tutto diventa fantastico: famiglie perfette, coppie di partner perfette, etc. Questa rappresentazione idealizzata è totalmente irrealistica, nonché opprimente e fuorviante”. Certe frasi, spesso pronunciate durante le feste, possano accentuare questi sentimenti. “Sarà capitato a tutti di sentirsi dire a tavola con i parenti ‘Ancora non ti sei fidanzato” o ‘Anche quest’anno non hai portato nessuno’. Una persona che percepisce il proprio “status di single” come un difetto interiore ‘se io sono single è perché sono sbagliato’, tenderà a sentire questi sentimenti in modo più amplificato durante le feste. Frasi come queste rafforzano ancora di più il concetto di essere sbagliati, a causa di una narrazione sociale totalmente idealizzata che raramente corrisponde alla verità”. Anuptafobia: la paura di restare single per sempre Si può sviluppare una vera e propria paura di rimanere single per sempre? Secondo la psicologa Paravia, sì. “L’anuptafobia, la paura di restare da soli a vita è una condizione non tanto rara al giorno d’oggi, soprattutto con l’avvento delle nuove tecnologie”, spiega la psicologa. Ma come si arriva a questo stato di paura? Paravia identifica due scenari principali che possono portare allo sviluppo di questa fobia. Nel primo, la persona ha appreso fin da piccolo che l’amore va guadagnato comportandosi “bene”, o in modo servizievole, con gli altri. “Questa lista diventa una sorta di libretto delle istruzioni. Ma quando la persona si scontra con l’amore, si rende conto che non riesce a tollerare così tanto a lungo questo libretto delle istruzioni e va in crisi. Pensa: ‘Ora devo farmi conoscere per quello che sono; quindi, non piacerò e non sarò amato”, spiega Paravia. Nel secondo scenario, la persona non ha mai compreso cos’è l’amore, perché non lo ha mai ricevuto o non lo ha mai sperimentato. “In queste persone – continua la psicologa – si radica il concetto che il proprio valore dipenda dal fatto che qualcuno le scelga. Quando si trovano sole, prendono piede credenze disfunzionali legate al sé e al proprio modo di vivere, ad esempio: ‘Se sono solo, significa che c’è qualcosa di sbagliato in me’. Allenare il nostro cervello a riconoscere la bellezza della solitudine Come affrontare e gestire il senso di solitudine? Il punto di partenza fondamentale, secondo Paravia è la consapevolezza. “Essere consapevoli dei nostri stati d’animo, pensieri, emozioni, comportamenti e reazioni fisiche è fondamentale. Poi, bisogna iniziare ad avere un rapporto con la solitudine, capire che non si tratta di un mostro, ma di una condizione transitoria, così come lo è avere un partner. La solitudine fa paura perché è spesso vista come una stanza vuota, un luogo sconosciuto, buio e angusto. Ma, in realtà, ci insegna tantissimo su di noi e su ciò che desideriamo davvero. Abbiamo il potere di arredare quella stanza a nostro piacimento: possiamo dipingere le mura, aggiungere mobili, ma anche sfondare e ricostruire. Ed è una parte così tanto intima, profonda e interna che ci sarà sempre utile nel percorso della nostra vita”, spiega la psicologa. Dal punto di vista pratico, Paravia consiglia di iniziare a dare priorità a ciò che desideriamo, piuttosto che cercare di soddisfare le aspettative degli altri. “Concentriamoci sui “voglio”. Per esempio, fare un viaggio da soli o andare a pranzo da soli e leggere un libro in riva al mare sotto il sole. Siamo noi che dobbiamo far capire al nostro cervello che la solitudine è bella, non viceversa”. Infine, tornando alle relazioni sentimentali, la psicologa sottolinea l’importanza di non ricercare in un partner la soluzione a un senso di incompletezza: “Dobbiamo ricordare che non possiamo ‘utilizzare’ il partner per colmare un vuoto interiore. Quel vuoto è un nostro lavoro e, soprattutto, una nostra responsabilità”.

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