Bollicine estreme, ad Aosta tra i filari del vigneto eroico Dop più alto d'Europa

Davanti si staglia imponente il Monte Bianco. Quando il sole ne illumina la vetta lo spettacolo è ipnotico. Sulla sinistra orografica della valle, stesi su declivi prima dolci, ma via via più scoscesi, si arrampicano filari di vigne che arrivano sempre più in alto, fino a 1250 metri. Ti chiedi come facciano ad aggrapparsi così al costone di roccia. Siamo nei comuni di La Salle e Morgex . La parete con le viti è quella esposta al sole e allo stesso tempo riparata dai freddi venti che qui soffiano spesso. Un microclima che ha permesso sin dal Medioevo, risalgono al 1200 le prime tracce storiche, di coltivare questo vitigno autoctono, che produce la priè blanc, una uva a bacca bianca con caratteristiche uniche. Una varietà a piede franco, naturalmente immune cioè dalla fillossera, un temutissimo parassita che a metà Ottocento ha devastato la quasi totalità dei vigneti europei. Cave Mont Blanc Fino agli Anni ’60 qui l’uva si coltivava solo per farne poco vino, quanto bastava al consumo familiare. Fu l’abate Don Alexandre Bougeat, appassionato di enologia, a comprendere le potenzialità di quest’uva e di questo territorio. Come un antesignano influencer, portò questo vino così particolare al di fuori dei confini della Valle d’Aosta, fino alla Curia romana. E fece appassionare tanti giovani del luogo allo studio e alla cultura che c’era dietro il prodotto, che crebbe in pochi anni. Nel 1983 nasce Cave Mont Blanc, una cooperativa che conta 70 soci e che oggi riesce produrre 140 mila bottiglie all’anno dai 18 ettari coltivati su queste alture, dai 900 metri in su. C’è chi possiede più terreno, chi invece coltiva la sua uva nel giardino, in pochi metri quadri. Tutti seguono un disciplinare comune, ben preciso, per la coltura e tutti la conferiscono poi alla cooperativa. Solo unendosi il progetto poteva decollare e così è stato. La viticoltura eroica Secondo il Cervim, il Centro di ricerca, studio, coordinamento e valorizzazione per la viticoltura montana, un organismo internazionale con sede ad Aosta, i vitigni eroici sono quelli coltivati su pendenze del terreno superiori al 30 per cento, ad un’altitudine di almeno 500 metri, con l’ausilio anche di terrazze e gradoni. Ne esistono in Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Liguria, Costiera Amalfitana e Sicilia, sull’Etna. Ma i vitigni di Cave Mont Blanc sono i più alti d’Europa ad aver ottenuto la denominazione dop. Passeggiando tra i filari, chiacchieriamo con Nicolas Bovard, il giovane presidente della cooperativa Cave Mont Blanc. Ci mostra come è complicato anche solo raggiungere le piante. E infatti continuiamo a salire, lavorando di polpacci, con il paese che si allontana sempre più, a fondo valle: "È stato calcolato che per un ettaro di terreno coltivato a in piano mediamente c’è bisogno di 150 ore di lavoro all’anno, qui ne servono 800 – ci spiega – perché il terreno è impervio e la lavorazione è piena di difficoltà. Qui facciamo tutto a mano. Solo per lo sfalcio dell’erba, in alcuni casi, riusciamo ad usare una piccola macchina. Il resto è solo sacrificio, sudore e passione, perché non si diventa certo ricchi con questo vino”. Chi ve lo fa fare allora? - verrebbe da dire. Bovard anticipa questo pensiero non ancora fiorito in domanda e aggiunge: "Crediamo in quello che facciamo. Vogliamo innanzitutto preservare il nostro territorio e valorizzarlo attraverso la viticoltura. Qui la vigna è un valore. Le famiglie la tramandano di generazione in generazione e nasce per coltivare appezzamenti di terra in cui altrimenti non crescerebbe nulla. Ci sono viti, tra questi filari, che hanno 150 anni, ma anche le piante giovani possiedono lo stesso patrimonio genetico di quelle vecchie. È affascinante tutto ciò e noi dobbiamo lottare per portare avanti questo tesoro di conoscenze". La produzione ad alta quota e il "dégorgement" sul ghiacciaio Da quest’uva, la priè blanc, si ricavano sia vino bianco fermo che spumanti. Un vino verticale, minerale, sapido e con una spiccata acidità, adatto alla spumantizzazione. La cantina è a Morgex, ma una parte della lavorazione viene fatta in quota, in un laboratorio ai 1200 metri di Pavillon, stazione intermedia di SkyWay, a Courmayeur, per una sperimentazione scientifica che dal 2022 la cooperativa sta portando avanti insieme all’Università di Torino, per capire come lavorino in quota i lieviti usati per la fermentazione del vino. È all’ombra del ghiacciaio del Dente del Gigante, a quota 3400 metri, che nasce il Cuvée des Guides, uno spumante dedicato alla figura della guida alpina. Il dégorgement, ovvero la sboccatura di queste bottiglie, viene realizzato addirittura su questo ghiacciaio: un rito e una tradizione più che altro, ma che tanto racconta di questi vignaioli eroici. Che si caricano le bottiglie sulle spalle, in cordata, sulla fresca neve. Con piedi e ramponi saldi nel ghiaccio, le aprono, ne fanno fuoriuscire il cubetto di ghiaccio che ingloba il lievito , le rabboccano e le ritappano. Il cambiamento climatico Ma anche qui in quota si devono fare i conti col cambiamento climatico. L’aumento della temperatura potrebbe anche aiutare, da un certo punto di vista, questi vitigni, considerando l’altitudine, ma non è proprio così. Bisogna sempre controllare la maturazione dell’uva, ci spiega ancora Bovard: "Basta sbagliare l’inizio della vendemmia anche di un solo giorno e ne risente in modo deciso la qualità del prodotto, mentre solo pochi anni fa cominciare una settimana prima o dopo non generava grossi cambiamenti. Solo per darvi un dato, nel 2013 noi abbiamo cominciato a vendemmiare il 10 ottobre, nel 2022 invece, il 25 agosto. Il tempo è diventato sempre più incerto e il problema è che non esiste più una regolarità. Ci sono anni molto siccitosi, anni in cui piove molto e anni in cui fa molto caldo, oppure molto freddo. La bussola delle stagioni sembra impazzita". E un po’ pazzi sembrano anche loro, questi vignaioli eroici che hanno scorto vita e viti su costoni verticali chiazzati di neve, ai piedi della montagna più alta d’Europa.

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