Laurent Hopman e Renaud Roche a Lucca Comics: "Noi ispirati da George Lucas"

Il loro Le guerre di Lucas, pubblicato in Italia da BAO Publishing, ci ha mostrato i tormenti del giovane George mentre tentava di realizzare il sogno di una vita, Star Wars. Laurent Hopman e Renaud Roche, sceneggiatore e disegnatore francesi, sono stati tra gli ospiti internazionali dell’ultima edizione di Lucca Comics & Games, accolti dal calore dei fan del fumetto e di Guerre Stellari. E se grazie a loro abbiamo scoperto di più del dietro le quinte di un film che ha fatto epoca, ci era rimasta la curiosità di sapere cosa ci fosse dietro la realizzazione di uno dei migliori fumetti biografici usciti nel 2024. Quando e perché avete deciso di scrivere un fumetto su Star Wars? Laurent Hopman: Siamo entrambi fan di Star Wars e sapevamo che la storia del dietro le quinte non era poi così nota, per quanto interessante e accattivante. Così abbiamo scelto di raccontare la storia del viaggio di George Lucas come un creatore che tenta di fare il suo film, che ha le sue idee sugli effetti speciali. Nessuno capisce la sua visione ed è costretto a lavorare duramente per realizzarla. E quello che per noi era interessante era il viaggio dal punto divista umano, il modo in cui supera gli ostacoli che incontra. È una storia molto ispirazione e universale. Il vostro libro mi ha sorpreso perché parte lento, come una biografia piuttosto classica, poi cambia marcia quando si inizia a parlare di Star Wars e arriva il personaggio di Francis Ford Coppola. Era nelle vostre intenzioni? LH: Certamente un po’ di volontà c’è, ma ci sono alcuni personaggi enormi nella storia, proprio come Coppola. Un personaggio straordinario, pieno di colori. Ma anche Marcia, la moglie di Lucas, è un personaggio importantissimo, ed è qualcuno che la gente non conosce così bene perché è stata in qualche modo cancellata dalla storia ufficial della creazione di Star Wars. Per noi era importante riportarla in prima fila e mostrarle quanto è stata importante. Renaud Roche: Volevamo restituirle il suo ruolo, perché negli ultimi anni si è sempre e solo parlato di Lucas, in un senso o nell’altro, che fosse tutta roba sua o che fosse uno sfigato e i geni fossero i suoi collaboratori. Il che è falso. E non è che lei abbia salvato il film, che abbia fatto tutto il lavoro di montaggio da sola, ma è stata molto importante nella vita e nell’attività creativa di Lucas. Oltre a esser stata una eccellente montatrice che ha fatto delle ottime scelte, soprattutto nel finale del film, nelle scene della battaglia. Volevamo renderle giustizia al di là di quello che è poi successo tra loro e che spiega perché sia stata messa da parte per molti anni. LH: È importante dare a Cesare quel che è di Cesare, e nel corso della storia noi mostriamo tutte le persone che sono state coinvolte nella realizzazione del film, che fossero tecnici degli effetti speciali o Marcia, ovviamente, ma anche persone come Steven Spielberg, che è stato di grande supporto per Lucas e per un periodo l’unico a credere nella sua visione. Fare un film come Star Wars è difficile ma diventa possibile quando tutti questi talenti si uniscono, il cinema è sempre uno sforzo collettivo e anche se il focus è ovviamente su George. Quanto tempo ha richiesto la fase di ricerca e selezione degli aneddoti riportati nel libro? LH: È stato uno sforzo parecchio lungo e in realtà è il frutto del lavoro di una vita quando sei un fan. Ho letto e cercato queste informazioni per piacere per molti anni, ma lavorare poi realmente sul libro ha richiesto probabilmente sei mesi di ricerche tra i documenti per poi scrivere la sceneggiatura. Ma non è stato comunque lungo come se si fosse trattato di dover scoprire tutto per la prima volta, sapevo dove cercare, conoscevo la maggior parte di quelle cose, dovevo solo metterle insieme. Renaud, sono rimasto molto impressionato dagli studi che hai pubblicato alla fine del libro, tutti questi straordinari ritratti realistici. E trovo straordinario quello che poi sono diventati nel fumetto. Mi piace lo stile che hai scelto, ma è stato difficile rinunciare a quel tratto realistico per assumerne uno più semplificato e cartoonistico? RR: No, direi di no, è stato un processo organico. Vengo dall’animazione e la prima caratteristica richiesta fra tutte quando lavori in quel settore è l’essere flessibili in termini di stile. Questo perché un giorno devi animare Topolino e il giorno dopo Corto Maltese o qualche manga, e devi essere capace di adattare il tuo stile al progetto su cui lavori. Ma la scelta è arrivata anche per qualcosa di veramente semplice: penso che ci sia bisogno di avere personaggi vivi, espressivi e dinamici, e quando inserisci troppi dettagli, tutto questo di solito non funziona, avrai qualcosa di realistico ma che in qualche modo è morto. All’inizio avevo delle immagini di riferimento, le usavo per capire le proporzioni e le forme, e questo mi ha aiutato a capire. Dopo, quando ho tutto questo chiaro in testa, posso iniziare a rimuovere alcuni dettagli, trovare linee più semplici, scorciatoie visive che possano svolgere lo stesso lavoro ma con molti meno tratti. In questo caso, una delle difficoltà è stata mantenere il disegno simile alla sua controparte reale, visto che non sono personaggi che ho inventato io da zero. Trovo che la ragione per cui hai fatto questa scelta di sintesi sia straordinaria perché, dal mio punto di vista, incarna perfettamente ciò che significa fare il fumettista: mettere la propria arte al servizio di una storia. RR: Esattamente. Vengo dagli storyboard dei film ed è esattamente così che si fa. Quando fai storyboard sai che l’80% di ciò che disegnerai finirà nella spazzatura, lo useranno come spunto ma poi verrà buttato. Per far questo lavoro devi essere molto umile e sapere che il tuo disegno non è il fine ultimo, ma solo uno strumento per la realizzazione del film. Devi metterti al servizio della storia e dei personaggi e concentrati su ciò che vuoi comunicare a chi vede il tuo lavoro. Qual è il vostro aneddoto preferito sul making of di Star Wars? Il mio è quello di George Lucas e Steven Spielberg che si scambiano l’1% delle royalties di Star Wars e Incontri Ravvicinati del III Tipo. LH: Una scommessa molto buona per Spielberg Sì, esatto. Mi sono detto: “Ecco come è diventato ricco Steven Spielberg”… Ma voi avete un aneddoto preferito? LH: È solo un piccolo dettaglio, ma adoro il fatto che lui tagliasse un pezzetto dei suoi capelli ogni volta che era bloccato davanti al foglio bianco, perché mostra come funziona la frustrazione e quanto fosse difficile per lui scrivere questa storia RR: Per me è la scena alla fine quando sono entrambi in spiaggia a fare i castelli di sabbia, che è un fatto vero e verificato. Entrambi parlano del film ed è simbolico perché hai questi due bambini cresciuti che fanno un’attività da bambini che consiste sostanzialmente nel costruire mondi, ma con la sabbia, che è una cosa che viene cancellata dal tempo. Ma anche perché lì parlano per la prima volta di questa idea di realizzare un’avventura con un archeologo protagonista, che diventerà poi un’altra bellissima saga. Mi piacerebbe essere stato un fantasma o un topolino per essere lì a osservarli e così l’ho messo sulla carta. E se dovesse capitarmi di incontrare uno di loro penso che gli chiedere di quel momento, se ricordano più dettagli. Alla fine, grazie a voi, sappiamo che fare Star Wars è stata una sorta di guerra per Lucas. Fare Le guerre di Lucas, per voi, è stato lo stesso? LH: Non penso lo sia stato, è venuto tutto via liscio come l’olio. È stata davvero una grande esperienza ed è stato molto semplice lavorare con Renaud. Dovrebbe sempre essere così. RR: Penso che la cosa più sfidante per me sia stata la pressione sotto cui mi mettevo da solo, a volte sono un po’ troppo perfezionista. Ci sono voluti due anni, in pratica, per concepirlo graficamente, disegnarlo, metterlo in scena. E penso sia stato un po’ troppo, forse anche perché era il mio primo fumetto, quindi avevo bisogno di capire alcune cose, sia sotto l’aspetto narrativo sia sotto quello grafico. E anche perché l’argomento mi è così caro che volevo davvero fare il meglio possibile per rendere omaggio a George, a tutto quello che ha creato e a tutto questo gruppo di persone dal talento straordinario. E Ora stiamo lavorando al secondo libro, e c’è ancora più lavoro da fare ma io sono più veloce, devo dire, che è una buona notizia. Speriamo di poterlo pubblicare tra un anno.And now we are working on the second book. Volete dirci qualcosa sul prossimo libro? LH: Beh, partirò da dove si è fermato il primo, quindi seguiremo George attraverso nuove sfide. E sarà un momento davvero duro e difficile per lui perché dove lo abbiamo lasciato sembrava che tutto fosse pronto e libero dalle pressioni della produzione, ma non è quello che accadrà, avrà un sacco di problemi e noi soffriremo con lui. Ma speriamo che alla fine speriamo che vada… RR: Intendi dire che la 20th Century colpirà ancora, a un certo punto?

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