Carlo Ginzburg: "Lo storico? Deve essere anche un avvocato del diavolo"
LifestyleA distanza di quarant'anni dalla prima edizione, Adelphi riporta in libreria un saggio dedicato a Piero della Francesca che affronta anche molti altri temi: dall'importanza dei contesti a quella dei modelli e delle sfide che ogni ricerca presuppone. L'intervista durante "Incipit", la rubrica di libri di Sky TG24
Come si fa a capire se in un determinato quadro una pecora (poniamo) rappresenta Cristo, la mitezza, o semplicemente una pecora? E quali sono i limiti e gli strumenti per orientarsi nell’interpretazione e soprattutto nella collocazione temporale di un’opera d’arte? È da queste due domande che prende le mosse la nuova puntata di "Incipit", la rubrica di libri di Sky TG24. Ospite Carlo Ginzburg, da poco tornato in libreria con una nuova edizione di “Indagini su Piero”. Nel libro, Ginzburg - uno dei più autorevoli storici italiani ma non uno storico dell’arte - decide di confutare la data di una delle opere di Piero della Francesca, "La Flagellazione di Cristo", e di farlo sulla base di elementi esterni, legati a committenti e iconografia. Un'interpretazione che - già quarant'anni fa, dopo la sua prima pubblicazione - scatenò violente polemiche, anche perché si proponeva di sconfessare l'interpretazione di uno dei più grandi storici dell'arte del Novecento, Roberto Longhi.
Lo storico e l'avvocato del diavolo
Una contestazione, che - come racconta Ginzburg in questa intervista - si traduce però anche in un omaggio al grande studioso: "La sua monografia su Piero, pubblicata per la prima volta nel 1927, è un testo fondamentale non solo per quanto riguarda l'artista, ma anche come esempio di analisi". Ma l'indagine di Ginzburg si concentra in realtà anche su molti altri temi: dall'importanza dei contesti ("da considerare sempre al plurale", osserva Ginzburg) a quella dei modelli e delle sfide che ogni ricerca presuppone: "Da tempo sono affezionato a una figura, l’avvocato del diavolo, costruita dalla Chiesa cattolica nell'ambito dei processi di canonizzazione all'inizio del Seicento e adesso purtroppo abbandonata", racconta in questa intervista. "Nel momento in cui si proponeva la canonizzazione di un santo, era infatti proprio l'avvocato del diavolo a porre domande o obiezioni imbarazzanti. Ora, in questi anni mi sono sempre più convinto che in ogni indagine e in ogni ricerca gli studiosi dovrebbero intavolare un dialogo fitto e continuo con una sorta di avvocato del diavolo che solleva contestazioni a cui bisogna rispondere. Contestazioni, si badi bene, non addomesticate e sempre reali, in una specie di prospettiva ideale che non andrebbe mai elusa".