Pepito il principe del Jazz, la sua parabola tra Dolce Vita e musica

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Sabrina Rappoli

MOLENDINI_COPERTINA

Un principe che principe lo era davvero, la sua parabola di vita, il jazz, la notte e i suoi abitanti. Un libro che è un tuffo nel passato, per rivivere anni che hanno segnato un'epoca

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“Quella di Pepito Pignatelli è una storia straordinaria: di passione, di autolesionismo, di arte di arrangiarsi e di coraggio. E’ una storia di una Roma perduta, di grande musica, di una generazione di ragazzi che sono diventati grandi musicisti allenandosi nei locali aperti da quel principe batterista che per la sua musica, cioè il jazz, era capace di fare qualsiasi cosa. E’ una storia anche d’amore incondizionato, quello della moglie Picchi per il suo principe capace di tutto ed è una storia che ripercorre il passaggio di una città come Roma, dall’entusiasmo del dopoguerra ai fasti della Dolce Vita a una vita dolce, meno celebrata, ma forse ancora più accogliente, perfino affettuosa, che è durata fino a tutti gli ani ’80”.

Un vero principe, la sua parabola di vita, la notte e i suoi abitanti

Così, Marco Molendini, giornalista e critico musicale, firma storica del Messaggero, condensa il suo libro. “Pepito il principe del Jazz”, pubblicato da Minimum Fax, racconta in 214 appassionanti pagine, di un principe che principe lo era davvero, della sua parabola di vita, dissipatore di grandi fortune, amante della musica e del jazz sopra ogni altro genere, della notte e dei suoi abitanti.

Con la passione si riesce a fare tutto, anche l'impossibile

“L’insegnamento di questa storia, entusiasmante, ma anche sgangherata”, continua Molendini, “è che con la forza della passione si riesce a fare tutto, anche quello che sembra impossibile. Così, grazie a Pepito, ragazzi come Danilo Rea, Enrico Pieranunzi, Roberto Gatto e tanti altri, sono diventati musicisti di fama internazionale, grazie all’allenamento che hanno fatto nelle palestre di Pepito, come il leggendario Music Inn, fondato proprio da Pepito e da sua moglie Picchi. Qui sbarcavano i grandi maestri del jazz americano, pagati non si sa come, ma che erano dei maestri che insegnavano loro cosa vuol dire suonare Jazz”.

Da Mario's Bar, al Blue Note e fino al Music Inn

Pepito Pignatelli è un personaggio leggendario: a vent’anni aveva fondato il Mario’s Bar, primo jazz club italiano; ancora giovanissimo era finito in carcere per una vicenda di droga; negli anni del boom economico animava le notti dei locali più celebri di Roma, tra Via Veneto e Trastevere; si era persino coperto di debiti pur di tenere in vita il Blue Note e il Music Inn, due locali che hanno fatto la storia.

Leggere questo libro è fare un tuffo nel passato, nel mito di anni che hanno segnato un'epoca; è scoprire o riscoprire personaggi incredibili, sognatori, affascinanti. Magari, alla fine, si avrà voglia di mettere su un disco Jazz, per godere appieno di questa  musica straordinaria.

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