"Milano spazio pubblico. Un atlante in divenire dello spazio di tutti"

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Parterre Pacini, proposta per il recupero dei parterre milanesi © Chiara Quinzii Diego Terna
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Il libro, a cura di Chiara Quinzii e Diego Terna pubblicato da LetteraVentidue in edizione italiana ed inglese, indaga quello spazio di tutti che tanto si è rivelato fondamentale in questi mesi di pandemia e ne restituisce una mappatura fedele immaginando delle strategie per il futuro

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In un momento in cui le città si stanno riorganizzando in vista di una vita che sia finalmente post- pandemia, il tema dello spazio pubblico diventa sempre più centrale. Il lockdown e tutto quello che abbiamo vissuto in questi mesi hanno infatti evidenziato i limiti delle nostre abitazioni e fatto emergere quanto sia fondamentale avere, soprattutto nelle città, delle aree che possano trasformarsi in vere e proprie “stanze verdi”. Piazze, parchi, strade. Luoghi di incontro e di inclusione ma anche di scontro o confronto. 

Milano Spazio Pubblico. Un atlante in divenire dello spazio di tutti * è un libro che indaga attraverso una vera e propria mappatura quello che accade nella città dei 15 minuti analizzando le difficoltà e provando a immaginare strategie di miglioramento come spiegano a Sky TG24 i due autori, Chiara Quinzii e Diego Terna, architetti, studiosi della città e dei fenomeni urbani.

 

Come è nata l’idea di un libro sullo “spazio di tutti”?

In un momento nel quale lo spazio pubblico delle città, come luogo di uguaglianza sociale ed economica, ha dimostrato la sua capacità di far fronte alla situazione pandemica in atto, dando alle persone ulteriori possibilità di vita al di fuori dei limitati spazi residenziali, ci è sembrato indispensabile studiare cosa fosse lo spazio di tutti, storicizzandolo, mappandolo e catalogandolo per proporre delle strategie di miglioramento, a grande e piccola scala.

La pandemia, e le riaperture conseguenti ai lockdown, hanno portato ad un ripensamento e ad un tentativo di riequilibrio nell’uso dello spazio pubblico a favore di una sua maggiore fruizione fisica, incentivando la mobilità ciclopedonale e gli spazi di incontro all’aperto. Milano, come moltissime altre città nel mondo, ha formulato nuove politiche e messo in atto sperimentazioni con l’idea di renderne alcune permanenti.

 

Qual è la fotografia attuale?

Le strade oggi presentano solo il 20-25% circa dello spazio realmente fruibile da parte delle persone, il resto è occupato da automobili ferme o in movimento. Acque e Parterre verdi sono oggi spazi pubblici negletti, ma sono forse tra i più simbolici dello sviluppo storico urbanistico della città e con le maggiori potenzialità per una rigenerazione in senso ambientale dello spazio urbano. Lo spazio pubblico oggi è uno spazio principalmente di transito e di consumo e non uno spazio di incontro, di scambio e relax in ambiti urbani sempre più congestionati e stressanti.

 

Che impatto ha avuto la pandemia nella percezione e nella fruizione dello spazio pubblico?

Lo spazio pubblico si è rivelato, durante la pandemia, come un grande regolatore sociale, come luogo di ristoro rispetto ad abitazioni spesso inadeguate e costrette ad accogliere tutte le attività quotidiane, comprese scuola e lavoro. Le città hanno bisogno di evolversi verso luoghi più completi, responsabili e piacevoli, aumentando la solidarietà. Questo richiede un approccio più olistico, che rispetto allo spazio pubblico significa coerenza negli spazi connessi, programmazione solidale e qualità nella materialità che dà letteralmente forma ad un nuovo e desiderato rapporto simbiotico tra urbanità ed ecologia.

 

Urbanità ed ecologia stanno orientando anche molte scelte politiche…

La rigenerazione dello spazio pubblico è internazionalmente un potente fattore di ripresa economica e di attrattività per le città, esso può essere anche un generatore di nuova economia urbana, come ha dimostrato, ad esempio, la famosa delibera tavolini, che Milano ha messo in atto subito dopo il primo lockdown nel 2020, permettendo a bar e ristoranti di usare più spazio in esterno per i loro dehors. Questa è stata una delle politiche che ha più cambiato il volto della città negli ultimi due anni, trasformandola in una città più estroversa e piacevole.

 

Quali sono le strategie di miglioramento?

Lo spazio pubblico di Milano copre circa un terzo del territorio comunale (55 kmq su 180 kmq): è una quantità notevole, ma di minoranza rispetto alla totalità, composta principalmente di edifici (pubblici e privati) e di grandi aree private o non accessibili. Nonostante questo, la sua influenza sulla qualità del territorio urbano è innegabile e caratterizzante l’essenza stessa delle città, in quanto struttura, scheletro della forma urbana.

Un suo miglioramento richiede, innanzitutto, una su profonda conoscenza, che, ad oggi, manca; nessuno sapeva quante piazze erano presenti a Milano, quanti giardini, quanti parchi: mancava insomma una mappatura completa dello spazio pubblico. Il libro mostra questa mappatura, mappando, catalogando e analizzando 336 piazze, 82 parchi, 323 giardini, 30 spazi d’acqua fruibili, 155 piste ciclabili, 137 parterre, 3904 strade.

Sono elementi che possono lavorare a tre differenti scale: quella di prossimità, garantendo la possibilità a tutti i cittadini di essere serviti da spazi pubblici di qualità a breve distanza dalle abitazioni (un recupero dei Parterre, per esempio, consentirebbe di aumentare il verde fruibile in parti di città molto dense e minerali); a scala dell’intera città, permettendo un impianto generale di grande qualità, facilmente godibile da tutti gli abitanti (Milano è una città piuttosto piccola e ben coperta da differenti mezzi di trasporto: per esempio, un nuovo parco contemporaneo come La Biblioteca degli Alberi è raggiungibile in pochi minuti, come una nuova centralità, da un’ampia parte di territorio comunale e extra-comunale); a scala metropolitana, garantendo un collegamento con realtà regionali, nazionali e internazionali (le vie d’acqua, per esempio, se maggiormente usate, potrebbero nuovamente costruire relazioni -storiche- addirittura al di fuori dell’Italia).

 

Il libro risponde a questa prima fondamentale esigenza di conoscenza e di strategia progettuale. Dalla vostra ricerca sono emerse altre criticità?

Questa conoscenza poco approfondita è accompagnata anche da una estrema frammentazione degli attori che pianificano e gestiscono lo spazio pubblico: ad oggi possono intervenire su di esso ben 7 assessorati (tra assessorati e deleghe), più varie direzioni comunali, agenzie ed enti (come la polizia urbana): manca una forma di progettazione e governo più complessiva, capace di avere una visione di insieme di quella che è la struttura della città, magari all’interno di un unico assessorato/direzione, come in altre città internazionali: l’assessorato allo Spazio Pubblico.

Lo spazio pubblico, infatti, non è neppure facilmente divisibile in elementi separati: una piazza può contenere un giardino (a Milano circa un quarto delle piazze sono piazze verdi), un giardino può contenere degli spazi attrezzati per lo sport o il gioco; una strada può contenere un parterre verde, una pista ciclabile, può improvvisamente ampliarsi e trasformarsi in un largo, che assomiglia molto ad una piazza; in ognuno di questi elementi può essere presente dell’acqua, in varie forme. La divisione in assessorati e Direzioni diverse, dunque, acquista ancora meno senso e rende complicata la rigenerazione complessiva dello spazio pubblico e la sua gestione.

 

Tutto lo spazio è potenzialmente sfruttabile?

In questa ricerca lo spazio pubblico viene considerato anche rispetto al tema della fruibilità, il suo utilizzo collettivo, nel tentativo di promuovere un cambiamento di prospettiva: nelle mappature abbiamo distinto gli spazi fruibili da quelli non fruibili (di 25 km quadrati di verde, solo 19 sono parchi e aree verdi fruibili, il resto sono piccoli ritagli, spartitraffico o aree poco accessibili). L’idea di spazio pubblico come spazio fruibile rafforza anche il senso di appartenenza e di partecipazione attiva da parte dei cittadini.

 

Quali sono differenze tra i quartieri della città?

Il libro analizza lo spazio pubblico come elemento che lavora dalla scala metropolitana alla scala del quartiere. La situazione dello spazio pubblico è oggi a macchia di leopardo, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Alcuni aspetti riflettono più la sua conformazione morfologica, il suo sviluppo storico, con differenze tra nord e sud più che tra centro e periferia. Su 336 piazze a Milano circa il 50% di fatto non sono fruibili perché parcheggi o rotonde veicolari (in valore assoluto il centro storico è il municipio con più piazze veicolari). Il 40% del territorio comunale non presenta una piazza di prossimità (massimo 500 m di distanza), 19 quartieri (tutti lungo i bordi della città, tra cui Quarto Oggiaro, Quartiere Adriano e Ponte Lambro) non possiedono neppure una piazza. Il 18% del territorio cittadino non ha uno spazio verde di prossimità a meno di 300 m (come prescrive OMS). Solo due quartieri non hanno spazi verdi del tutto (Stephenson e Roserio), mentre 8 (De Angeli, San Siro, Bovisa, Farini, Magenta, Centrale, Porta romana e Corsica) hanno una presenza molto scarsa, solo in parte sanata dai futuri progetti previsti dal Piano di Governo del Territorio, per esempio negli Scali ferroviari.

 

Da dove si potrebbe partire per una riqualificazione dello spazio di tutti?

La strada -anche perché spazio pubblico più diffuso e capillare che arriva davanti alla porta di casa di ogni cittadino- è forse lo spazio maggiormente da riqualificare in senso ambientale e verso una maggiore fruizione da parte di ogni cittadino, soprattutto per i più fragili (bambini, anziani, disabili), come ci mostrano alcune sperimentazioni nei paesi nordici, che parlano di 1 minute city. Lo spazio pubblico è il fondamentale servizio nella città di prossimità: una piazza dove incontrarsi e assistere a spettacoli, una strada dove passeggiare e trovare luoghi dove sedersi o giocare, un parco dove organizzare feste all’aperto e fare sport o scuola all’aperto sono gli spazi che la città dei 15 minuti deve rigenerare e restituire alla fruizione dei cittadini.

 

Ritenete che questo studio e le relative proposte potrebbero essere applicati ad altre città?

Certamente, Milano è stata per noi un paradigma. Oggi tutte le città si trovano ad affrontare il tema dello spazio pubblico attraverso politiche urbane che hanno cercato di affrontare la pandemia, ma che l’hanno sfruttata anche per proporre una accelerazione verso un generale miglioramento del territorio di tutti. Durante questi ultimi anni, abbiamo svolto lavori di mappatura e di strategia urbana su Rotterdam, Shanghai, Tegucigalpa con partner locali, che hanno intensificato le nostre riflessioni con ulteriori spunti, ma hanno anche confermato l’applicabilità di questo processo di ricerca e progetto su realtà anche estremamente differenti fra di loro.

 

* Milano Spazio Pubblico. Un atlante in divenire dello spazio di tutti è un libro di Chiara Quinzii e Diego Terna pubblicato da LetteraVentidue Edizioni. Il libro raccoglie i risultati della ricerca vincitrice della call Urban Factor, promossa da Comune di Milano e Triennale Milano all’interno del nuovo Milano Urban Center.

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