Lavoro e intelligenza artificiale: nuovi obblighi e nuovi diritti

La recente legge italiana sull’IA incide in modo significativo sulla disciplina dei rapporti di lavoro, affermano il principio della centralità della persona umana nel rispetto dei valori di correttezza, trasparenza e responsabilità. L’obiettivo è favorire una cultura giuridica dell’IA secondo il paradigma cd. umano-centrico, perché la persona umana abbia il controllo sulla nuova tecnologia, strumento e non soggetto decisionale negli ambiti cruciali della dignità, dell’autonomia e della sicurezza del lavoratore. Decisioni motivate Ogni decisione automatizzata che riguarda condizioni di lavoro, promozioni, licenziamenti o valutazioni di performance deve essere motivata, contestabile e sottoposta all’esclusivo controllo umano, nel rispetto del diritto inviolabile del lavoratore di comprendere le logiche degli algoritmi, evitando ogni forma di opacità decisionale da parte del datore di lavoro. Sicurezza, affidabilità, trasparenza Il cuore etico e giuridico della nuova disciplina sull’IA è pertanto rappresentato dal rispetto dei principi di sicurezza, affidabilità e trasparenza che non sono meri requisiti tecnici ma vere e proprie priorità ineludibili: migliorare le condizioni di lavoro, tutelare l’integrità psicofisica dei lavoratori e accrescere la qualità delle prestazioni lavorative. Percorsi abilitanti L’IA nei luoghi di lavoro non deve essere soltanto uno strumento della emergente tecnologia digitale ma deve diventare presidio di salute dei lavoratori, per ridurre carichi cognitivi inutili, prevenire stress da iper-controllo e segnalare situazioni di rischio ergonomico, burnout o fatica digitale. L’uso corretto dell’IA deve quindi favorire un percorso formativo e abilitante: migliorare la qualità delle prestazioni di lavoro esclude ogni obiettivo giudicante sulla persona per offrire strumenti e feedback costruttivi di stimolo all’apprendimento e alla crescita professionale. L'importanza della tutela del lavoratore È indispensabile, secondo la recente legge, tutelare ogni lavoratore da malfunzionamenti, manipolazioni decisionali, operative ed emotive; attacchi informatici o comportamenti imprevedibili dei sistemi di IA, in un contesto nel quale la sicurezza sul lavoro assume un ruolo prioritario, perché l’impiego dell’IA non deve rappresentare un rischio anche potenziale per la salute fisica e mentale del lavoratore. Ogni datore di lavoro deve ora garantire che i sistemi di IA siano affidabili a tutela delle condizioni di lavoro, assicurando risultati algoritmici di qualità logica e coerenza, giustificabili e riproducibili, non fallaci o arbitrari. Persone e diritto alla trasparenza Al centro la fiducia del lavoratore. È fondamentale evitare bias e processi decisionali anche indirettamente discriminanti, in tutti le fasi principali del rapporto di lavoro quale ad esempio assunzione, promozione e valutazione: la persona umana deve sperimentare il rispetto del diritto alla trasparenza, non come mera opzione ma come vero e proprio diritto. Sapere che un sistema di IA è in funzione, come viene utilizzato e quali decisioni può condizionare nel rispetto o contro i suoi diritti deve diventare di primaria importanza per ogni lavoratore: nasce in modo forte e inequivoco il diritto di accesso a spiegazioni chiare e veritiere su ogni valutazione algoritmica governata dal datore di lavoro. Fiducia a rischio La “produttività delle persone” rappresenta altro snodo importante della nuova legge, da non confondersi con la produttività dell’impresa. È centrale la dimensione collettiva del lavoro, il focus è sull’essere umano, perché un lavoratore supportato, protetto e valorizzato sarà più motivato e produttivo. Una visione che richiama i principi della cd. “economia della cura” e delle pratiche del benessere organizzativo. Un sistema inaffidabile mina la fiducia, altera il clima aziendale e può avere conseguenze legali rilevanti e in questo senso il principio di trasparenza significa accountability, cioè la possibilità per il lavoratore di sapere chi risponde delle decisioni automatizzate che lo riguardano o possono discriminarlo sul luogo di lavoro. Rispetto della dignità umana Due altri punti chiave della legge. L’uso di sistemi di IA non può svolgersi in contrasto con la dignità umana. Il lavoratore non deve essere degradato a “dato informatico o “digitale”; l’ambiente di lavoro non può diventare emarginante, spersonalizzante e disumano. È un richiamo deciso contro pratiche di sorveglianza invasiva della macchina al controllo del datore di lavoro, per ottenere ad esempio uno scoring comportamentale o un sistema di automazione decisionale avvilente e non dignitoso. La riservatezza dei dati personali è inviolabile. Non si tratta di un aspetto collaterale; il diritto alla riservatezza dei propri dati è parte integrante dell’etica dell’IA. La legge stabilisce obblighi puntuali: informare i lavoratori sul trattamento dei dati; minimizzare i dati raccolti; limitare la conservazione e l'accesso ai dati sensibili; garantire strumenti di opposizione o rettifica. Non è sufficiente la mera anonimizzazione dei dati personali perché sono invece necessarie una raccolta e una conservazione coerenti con il rapporto di lavoro contro gestioni illecite, impedendo all’IA di profilare comportamenti o stili di vita personali. L’affermazione del principio di trasparenza informativa impone al datore di lavoro di informare per iscritto il lavoratore e le sigle sindacali dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati che possono incidere in tutte le fasi del rapporto di lavoro: dall’assunzione sino alla sua cessazione per qualunque ragione o evento. Norme antidiscriminatorie Quale elemento di ulteriore solidità del sistema, la legge ha introdotto una norma antidiscriminatoria “di nuova generazione” che si inserisce a pieno titolo nella logica garantista e antropocentrica. L’obiettivo è evitare che l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale possano tradursi in nuove forme di discriminazione, spesso non intenzionali ma insidiose, derivanti da bias nei dati di addestramento; algoritmi non neutri; modelli statistici che replicano o amplificano disuguaglianze esistenti. In ambito lavorativo, il rischio algoritmico discriminatorio può essere sistemico e può annidarsi nella selezione del personale, nella valutazione delle prestazioni, assegnazione dei turni, retribuzione dinamica, licenziamenti automatizzati. L’intento è bloccare in radice ogni forma di discriminazione automatica, riaffermando che la pari dignità del lavoratore è intoccabile anche nel contesto tecnologico, nel rispetto di tutte le libertà individuali prime tra tutte orientamento sessuale, opinioni politiche, condizioni personali, sociali ed economiche. Un Osservatorio come laboratorio culturale Il governo di questo nuovo universo normativo è affidato al cd. Osservatorio sull'adozione di sistemi di intelligenza artificiale nel mondo del lavoro che ha il compito di definire una strategia sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale nei luoghi di lavoro, promuovendo la formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro in materia di intelligenza artificiale. È importante ricordare che l’AI non colpisce tutto e tutti allo stesso modo: colpisce prima e più duramente le mansioni ripetitive, standardizzabili, spesso svolte da persone con minori tutele contrattuali. Serve quindi un Osservatorio anche “sociale”, non solo tecnico perché la formazione dei lavoratori è la prima e più potente forma di tutela. Serve per ridurre il digital divide, per rendere ogni persona umana consapevole dei sistemi che li valutano o li assegnano a mansioni e turni di lavoro. Non basta “formare” all’uso tecnico, serve anche educare all’etica algoritmica, alla governance dei dati, alla responsabilità delle scelte, evitando che l’IA venga “subita” da entrambi gli attori , generando sfiducia e passività. L’Osservatorio deve diventare un laboratorio culturale, in grado di interagire con il mercato senza essere assorbito dalle sue logiche. In questo contesto, l’auspicio è che l’attore principale sia il lavoratore e che un nuovo team strategico possa nascere dall’autentica alleanza tra impresa, tecnologia e persona umana.

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Giovanni Reho