Pink Floyd, 40 anni fa usciva l'album "The Wall": storia di un muro che è stato abbattuto

Spettacolo

Matteo Furcas

Pubblicato nell'autunno '79, è il secondo disco più venduto della band dopo The dark side of the moon. Nato come concept fortemente personale di Roger Waters, è diventato un'opera simbolo di liberazione: nel 1990 il concerto a Berlino, pochi mesi dopo la caduta del Muro

La scintilla scatta il 6 luglio 1977 a Montreal. Nei due anni successivi si trasforma in un vero e proprio fuoco creativo per Roger Waters, sempre più “padre padrone” dei Pink Floyd, che porta alla realizzazione di "The Wall", il monumentale doppio album della band, secondo in termini di vendite per la band soltanto a "The dark side of the moon". "The Wall" esce il 30 novembre del 1979 e ha fin da subito un successo strabordante. Ma tutto nasce da uno sputo che, quel giorno del 1977, Waters rivolge a uno spettatore delle prime file troppo rumoroso e maleducato durante un concerto nel nuovo stadio di Montreal. In lui il bassista dei Pink Floyd vede il simbolo della frustrazione e dell’alienazione provate all’epoca, ma allo stesso tempo è sconvolto dal suo stesso gesto. Da quel 6 luglio del 1977 il filo si dipana fino al 21 luglio del 1990, tredici anni più tardi. È passato meno di un anno dalla caduta del muro di Berlino e Waters organizza un concerto a Potsdamer Platz per festeggiare l'evento. 350mila persone si radunano sotto il palco per ascoltare "The Wall" (FOTO): da opera personale e intima l’album è diventato universale e collettivo, il muro metaforico del disco che viene abbattuto alla fine dei concerti dei Pink Floyd si identifica ora con la barriera simbolo della Guerra fredda, crollata il 9 novembre 1989 (LO SPECIALE).

La genesi del muro

Un passo indietro. Nel 1977 i Pink Floyd sono impegnati anima e corpo nel massacrante tour “In the flesh”, il primo della band negli stadi, che li porta in tutta Europa e in Nord America. Stanno promuovendo "Animals", primo disco politicamente impegnato del gruppo, liberamente basato su “La fattoria degli animali” di George Orwell. Mentre le date del tour procedono, in Roger Waters cresce una sensazione di alienazione, provocata da vicende personali e dall’insoddisfazione di suonare in location enormi che creano una sorta di barriera con il pubblico, con il quale al bassista dei Pink Floyd sembra ormai impossibile costruire un senso di comunanza e di partecipazione. Un muro di incomunicabilità. Da qui, con la miccia accesa dall’infausto episodio dello sputo a Montreal, nasce l’ispirazione per "The Wall", che finisce anche per raccogliere le sofferenze personali e le ossessioni di Waters.

Il concept di "The Wall"

La mente creativa di Waters, che nel frattempo si sta praticamente impadronendo del gruppo a spese del chitarrista David Gilmour, parte dall’esperienza personale e si sviluppa sui temi dell'isolamento e dell'incomunicabilità. Isolandosi dal resto del gruppo, Waters scrive la vicenda della rockstar Pink, un personaggio largamente autobiografico schiacciato da un'esistenza di alienazione e solitudine, fino a innalzare attorno a sé un muro metaforico che lo separa dagli altri. La morte del padre in guerra, l'alienazione provocata dal sistema scolastico, una madre oppressiva e ansiosa, groupie ossessive che lo circondano, divorzio dalla moglie, lo sfruttamento dei produttori: Pink è prigioniero della sua stessa follia. Per uscirne ha una sola possibilità: abbattere il muro. Lo farà mettendosi finalmente a nudo, in un atto di liberazione.

Da “Another brick in the wall” a “Comfortably numb”, "The Wall" in cima alle classifiche

Partiti dai demo registrati in solitaria da Waters, i brani di quello che sarà "The Wall" diventano sempre più ambiziosi durante le registrazioni con il resto del gruppo. Il ruolo dell'orchestra e del pianoforte si fa sempre più preponderante a scapito delle tastiere di Richard Wright, che viene praticamente esautorato dalla band. I brani di "The Wall" sono inquieti, cupi e ossessivi, con l'alternarsi di momenti più violenti e dolenti ballate acustiche. Ad allentare queste sensazioni ci pensa Gilmour con le tre canzoni su cui la sua mano si fa sentire: "Comfortably Numb", con un assolo di Gilmour diventato immortale, "Young Lust" e "Run Like Hell". Ma l'album ha avuto come brano simbolo “Another brick in the wall”, che ha sbancato le classifiche di mezzo mondo con il coro dei ragazzi, il celebre verso "We don't need no education" e la chitarra di David Gilmour. All’uscita del disco i fan restano forse spiazzati dal sound delle canzoni, caratterizzate da sonorità più rock che psichedeliche, e dai numerosi effetti, come il rombo di un aereo da guerra. Ma anche dai temi, con i testi permeati da violenza (molti i richiami alla guerra) e oppressione. L'album però viene premiato dal successo: è il disco più venduto negli Stati Uniti nel 1980 e diventa uno degli album doppi più venduti nella storia. A oggi si ritiene che abbia venduto oltre 20 milioni di copie.

Il tour

La complessa e simbolica narrazione ha reso "The Wall" molto più che un album: fin dai primi ascolti si è caratterizzato anche e soprattutto come un'opera destinata a essere vista oltre che ascoltata. Da qui il film "Pink Floyd - The Wall", del 1982, diretto da Alan Parker. Ma anche e soprattutto un allestimento mastodontico per i concerti che riscrive le regole delle esibizioni rock, con tanto di muro che viene edificato e poi crolla, che i Pink Floyd tengono in poche, selezionate città: New York, Los Angeles, Londra e Dortmund. Quei concerti sono finiti poi nel doppio live “Is There Anybody Out There?: The Wall Live 1980-1981”.

Il concerto a Berlino

Con il tempo i risvolti simbolici, sociali e politici del disco, anche oltre le intenzioni dei Pink Floyd, vanno anche al di là della chiave strettamente psicologica personale. Non è un caso che "The Wall" sia molto amato in Germania, all'epoca dell'uscita dell'album ancora divisa. Ed è così amato che nel 1990, a seguito della caduta del Muro, Waters, per festeggiare la Berlino riunita lo ripropone dal vivo davanti a una folla immensa di 350mila persone assiepate in Potsdamer Platz, accompagnato da numerosi ospiti internazionali. Il palco viene posizionato in quella che era la terra di nessuno a cavallo del muro, con dimensioni mastodontiche: misura quasi 180 metri di lunghezza e 25 di altezza. Era stato lo stesso Roger Waters a preannunciarlo: alla domanda se avrebbe mai suonato di nuovo "The Wall", dopo la separazione dai Pink Floyd nel 1985, aveva risposto: "Solo dopo la caduta del Muro di Berlino". E così, con il concerto del 1990, si fissa per sempre nell'immaginario collettivo questa connessione tra il muro metaforico di "The Wall" e quello che aveva simboleggiato la Guerra fredda (LA MUSICA E IL MURO DI BERLINO: IL PODCAST).

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