Aretha Franklin, 5 canzoni simbolo della Regina del Soul

Spettacolo

Pietro Pruneddu

Lady Soul è morta a 76 anni. Secondo molti è stata la più grande voce femminile del Dopoguerra. Alla fine degli anni ’60 ha pubblicato con la Atlantic Records una serie di dischi considerati quasi perfetti e che contengono alcuni dei suoi capolavori: da Respect a Think

Aretha Franklin, morta a 76 anni (LA FOTOSTORIA), è stata probabilmente la più grande voce femminile della musica nel Dopoguerra. Lady Soul, come era soprannominata, è stata straordinaria interprete di brani suoi ma anche scritti da altri e da lei reinterpretati con risultati eccezionali. Molti di questi sono diventati simboli per le minoranze di colore o per i movimenti femministi. Stilare una classifica delle sue canzoni più belle sarebbe riduttivo. Ecco i suoi cinque capolavori:

Respect

Canzone scritta e incisa originariamente nel 1965 da Otis Redding, è stata reinterpretata da Aretha Franklin come traccia di apertura del suo album “I never loved a man the way I love you”. La sua versione è diventato uno dei brani più famosi di tutti i tempi (Rolling Stones la posiziona al quinto posto nella classifica delle 500 migliori canzoni della storia). Il testo, al maschile nella sua prima stesura, è stato stravolto da Aretha al femminile innalzandolo a inno dei movimenti femministi ed anti-razziali. Chiede “rispetto” ma urlando “lo pretendo”.

Think

Prima traccia dell’album Aretha Now del 1968, è stata scritta dalla cantante insieme all’allora marito Ted White. Si tratta di un vero e proprio inno alla libertà femminile, con la parola “freedom” cantata 8 volte nel ritornello. Ebbe un successo clamoroso in tutto il mondo e i critici di Pitchfork l’hanno inserita alla posizione 15 tra i migliori brani degli anni ’60. Indimenticabile anche la versione (nel video qui sotto) della colonna sonora del film “Blues Brothers” del 1980, dove compare in un cameo la stessa Franklin che intimorisce il marito dicendogli di “pensare” bene alle sue azioni.

(You make me feel like) a natural woman

Scritto da Carole King (insieme a Gerry Goffin e Jerry Wexler) fu interpretato da Aretha Franklin e inserito come traccia numero 5 dell’album Lady Soul (1968). La sua versione, realizzata dopo la morte dell’amico Otis Redding, è influenzata da un tono profondo, quasi lirico. Ebbe un successo planetario e nel 1999 è stata premiata con il Grammy Hall of Fame Award, un riconoscimento alle canzoni che hanno un “significato storico o qualitativo”. Nel video sotto, la sua memorabile interpretazione alla cerimonia dei Kennedy Center Honors 2015, davanti a un emozionato Barack Obama e una sbalordita Carole King.

I say a little prayer

Questa canzone, scritta da Burt Bacharach e Hal David per Dionne Warwick, è stata coverizzata da Aretha Franklin e inserita nell’album “Aretha Now” nel 1968. Ancora una volta, la sua interpretazione ha reso un brano immortale. Il testo parla di una donna che prega per il ritorno dell’uomo che ama dalla guerra (erano gli anni del Vietnam).

Chain of fools

L’album Lady Soul si apriva con questa canzone, che ebbe un successo incredibile rimanendo per settimane in cima alle classifiche americane. Scritta da Dan Covay e ri-arrangiata da Aretha, si avvale del famoso intro di chitarra, opera di di Joe South. Il testo è il racconto di una relazione turbolenta e violenta, come quella che la Franklin stava attraversando con il marito Ted White. Il brano vinse il Grammy ed è nella classifica delle 500 canzoni più belle di tutti i tempi. 

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