Caso Fortnite-Apple, la guerra dei giochi in streaming è solo l'inizio

Economia

Lorenzo Borga

Il caso dell'app di gaming bannata dagli store degli smartphone Android e Apple farà discutere. Ma potrebbe essere solo il primo tassello di una battaglia commerciale e legale di molti servizi presenti sui nostri cellulari in rivolta contro i sistemi operativi

Un videogioco per adolescenti e due tra le società private che valgono di più al mondo. Quella tra Fortnite, un videogioco di azione sviluppato dall’azienda americana Epic Games con 350 milioni di utenti, e il duo Apple-Google è una vera e propria guerra. Secondo Tim Sweeney, amministratore delegato di Epic Games, sono ora in gioco addirittura “le libertà di base di tutti i consumatori e sviluppatori informatici”.

Screenshot della novità introdotta da Fortnite

Fortnite bannato dagli store online

Ricapitoliamo: il 13 agosto sull’app mobile di Fortnite è stata offerta agli utenti Apple e Android l’opzione di pagare gli upgrade del gioco attraverso carte di credito o Paypal. Fino ad allora infatti l’unico canale per fare acquisti dentro l’app scaricata sugli smartphone era il metodo di pagamento affiliato ad Apple (se iOS) o Google (se Android). Una situazione che stava stretta a Epic Games, perché richiedeva che il 30 per cento di tutti gli importi fosse incassato dai giganti tecnologici che facevano da intermediari. Per la novità Fortnite è stata bannata in poche ore prima dall’Apple Store e poi anche dal Google Play Store dei cellulari e tablet Android per la stessa ragione. Per l’azienda quindi si è chiuso in poche ore l’enorme mercato mobile, su cui aveva totalizzato più di 100 milioni di download, e il suo gioco è ora disponibile solo per le console e i pc. Su Android in realtà è possibile comunque installarla, anche se con metodi più complessi: per questo probabilmente Epic Games non si è scagliata con la stessa forza contro Google come ha fatto con Cupertino.

 

Le regole di Apple e Google impongono che i loro servizi di pagamento siano gli unici disponibili nelle applicazioni. Lo fanno perché, a loro dire, in questo modo si garantisce la sicurezza e la qualità dei servizi offerti. Ma le aziende concorrenti, che offrono servizi in competizione con Apple e Google e lo fanno attraverso le piattaforme degli stessi giganti del web, sono preoccupate di ricevere trattamenti discriminatori. Proprio su questo la Commissione europea, con Margrethe Vestager, nelle scorse settimane aveva aperto una nuova indagine sulle pratiche di Apple sul proprio negozio digitale di app.

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Screenshot della seconda opzione di pagamento introdotta da Fortnite
La schermata con le due opzioni di pagamento su Fortnite

Anche Facebook e Microsoft si lamentano

Fortnite non è infatti stato il solo a lamentarsi. Facebook per esempio da settimane sta criticando i criteri utilizzati da Apple per l’accesso al mercato delle app. L’azienda di Mark Zuckerberg ha lanciato il proprio portale per permettere agli utenti di seguire le dirette dei “broadcaster” che si filmano mentre utilizzano videogiochi e di giocare a propria volta, ma per l’Apple Store è stata costretta a rimuoverne una parte. Facebook ha dichiarato che la pubblicazione dell’app integrale è stata rifiutata più volte dall’azienda di Cupertino negli ultimi mesi. Lo stesso potrebbe accadere a Microsoft, che sta per lanciare xCloud a settembre: una piattaforma per giocare in streaming ai videogiochi. Il cloud gaming permette infatti di godersi un gioco sfruttando la connessione a internet, senza dover installare il software. Si potrà quindi giocare sulla propria tv, smartphone, pc o tablet a prescindere dalla potenza delle macchine. Anche in questo caso Apple però si è opposta: i giochi in streaming violano le sue regole perché non può rivedere e approvare tutti i contenuti, poiché il catalogo dei giochi offerti è troppo vasto per verificarli tutti. La stessa sorte è toccata a Google Stadia, un’altra piattaforma di gaming in streaming. Per ora Apple non offre un servizio simile, ma nel caso in cui si lanciasse anche lei in questo mercato la sua scelta potrebbe azzoppare la concorrenza e costringere gli utenti a una scelta obbligata.

 

Il mercato del gaming è in crescita

E intanto l’importanza del settore cresce in continuazione: con il 5G potrà essere possibile giocare in streaming anche in mobilità e sempre più software house si stanno interessando su come evitare i download dei propri software e sfruttare la rete. Anche il settore dei videogiochi è cresciuto moltissimo durante la pandemia e vale ora 160 miliardi di dollari e l’app di livestreaming di videogiochi più famosa, Twitch di Amazon, ha contato quasi 4 milioni di giocatori che hanno trasmesso in diretta a febbraio.

 

Il caso Spotify

Una situazione simile al mercato dei videogiochi si è verificata anche in altri settori digitali. Come quello della musica in streaming. Proprio da una lamentela di Spotify è partita infatti l’investigazione della Commissione europea: poiché Apple trattiene il 30 per cento degli importi pagati dalle app, la compagnia svedese ha eliminato la possibilità di acquistare gli abbonamenti per la musica direttamente dalla sua applicazione. Ora è possibile farlo solo dal browser, in modo più complicato per l’utente. Così Spotify è riuscita a ridurre di 3 dollari il costo del servizio mensile. E nel mercato della musica online, questa volta, è presente anche Apple con un proprio servizio. Proprio su questo la Commissione sta investigando: Apple sta ostacolando competitor diretti? L’azienda guidata da Tim Cook nega con forza.

 

La soluzione potrebbe trovarsi in un’aula di tribunale. Epic Games ha denunciato la pratica di Apple, dichiarando di non cercare una compensazione economica o un trattamento di favore ma di ottenere un’apertura del mercato per tutti i consumatori e gli sviluppatori. Mentre Spotify si è appunto rivolta alla Commissione europea.

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