Smart Working, tra rischi e vantaggi

Economia

Paola Baruffi

Una nuova forma di lavoro che piace sia ai dipendenti che ai datori di lavoro. La sua diffusione ha avuto un’impennata per contenere il contagio da Coronavirus e potrebbe cambiare per sempre il nostro modo di lavorare. Ma oltre ai vantaggi ci sono dei rischi? Luci e ombre del lavoro agile

Il ministro dell’economia, Roberto Gualtieri, ha annunciato una proroga delle procedure semplificate per lo smart working nel privato, il che significa che i quasi 2 milioni di italiani che durante l’emergenza covid hanno iniziato a lavorare da casa potranno continuare a farlo alle stesse condizioni valide fino ad oggi, senza bisogno -ancora per qualche mese- di particolari accordi tra azienda e lavoratore.

Ma quello che in molti hanno sperimentato dal mese di marzo in avanti non è un vero e proprio smart working, quanto piuttosto di un lavoro in emergenza, svolto in alcuni casi anche con mezzi improvvisati, usando computer personali e connessioni internet a volte traballanti.

Ma nonostante le difficoltà da tutti i sondaggi fatti tra i lavoratori coinvolti risulta che più della metà preferirebbe non tornare in ufficio, almeno non tutti i giorni.

 

I vantaggi

Per capire quali siano vantaggi e svantaggi di questa modalità di lavoro dobbiamo riferirci a studi fatti prima del Covid su esperienze ben organizzate. L’Osservatorio per lo Smart Working del Politecnico di Milano ha calcolato che alle aziende conviene molto in termini di produttività, riduzione del tasso di assenteismo e risparmio dei costi di gestione degli spazi fisici.

Osservatorio sullo smart Working - Politecnico

I dipendenti, dal canto loro parlano di un miglior bilanciamento tra lavoro e vita privata, di maggiore autonomia e soddisfazione professionale.

 

Gli svantaggi

Tra le problematiche evidenziate dai lavoratori ci sono il senso di isolamento rispetto alle dinamiche dell’ufficio, la difficoltà nell’organizzarsi per gestire le emergenze e le distrazioni esterne dovute alla presenza di altre persone nel luogo in cui si lavora.

Ma non è tutto. Se per le esperienze più strutturate sono stati fatti accordi specifici tra lavoratore e azienda, per la maggior parte degli italiani che si sono avvicinati allo smart working durante il Covid le regole devono ancora essere definite e dovranno essere oggetto di specifici accordi.

Il rapporto annuale dell’Istat del 2020 riporta che “Circa il 40 per cento di chi lavora da casa dichiara di essere stato contattato al di fuori dell’orario di lavoro almeno tre volte da superiori o colleghi nei due mesi precedenti e la quota arriva quasi al 50 per cento tra chi usa la casa come luogo di lavoro occasionale. Inoltre, viene richiesto di fornire una risposta tempestiva anche se al di fuori dell’orario di lavoro al 26,1 e al 20,9 per cento di chi lavora a casa come luogo principale e secondario e al 33 per cento di chi lavora a casa occasionalmente”.

 

Gli accordi

Sul banco ci sono vari temi, da quelli più pratici del diritto o meno ai buoni pasto per le giornate lavorate a casa a quello più importante del diritto alla disconnessione. “Per far sì che lo smart working diventi davvero un’opportunità e che migliori la vita dei dipendenti e la qualità del lavoro sarà necessario cambiare il paradigma del rapporto di lavoro “- spiega Enzo De Fusco, consulente del lavoro. “Il lavoro non potrà più essere basato su orari ma su obiettivi da raggiungere che dovranno essere stabiliti quotidianamente o settimanalmente- la difficoltà starà nel riuscire a farlo senza trasformare questi obiettivi in lavoro a cottimo”.

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