La tassa sui pacchi cinesi con cui l'Italia vuole frenare Temu e Shein

Una nuova tassa rischia di rendere più costosi gli acquisti online di milioni di italiani. Ne sta discutendo il Parlamento italiano, con alcuni emendamenti alla manovra di bilancio presentati dalla maggioranza di Governo. Si propone di introdurre una tassa di due euro per ogni pacco in arrivo da Paesi extra-europei e di valore inferiore ai 150 euro. Si tratta di centinaia di milioni di spedizioni all’anno che – se la tassa venisse approvata – genereranno quasi un miliardo di nuove entrate per lo Stato. A essere colpite saranno soprattutto le spedizioni legate ad acquisti tramite piattaforme cinesi, come Temu, Shein, Aliexpress e TikTok Shop. Questi e-commerce infatti sfruttano un’esenzione esistente che riguarda proprio i pacchi di piccolo importo: tutte le spedizioni importate in Unione Europea sotto la soglia dei 150 euro oggi non pagano dazio. Una misura introdotta in passato per agevolare i controlli doganali e sfoltire la burocrazia. Sarebbero proprio questi pacchi a subire il rincaro di due euro. Quasi 400 milioni di pacchi Secondo i dati forniti da Agenzia delle Dogane e Monopoli a Sky TG24, nel 2023 erano 154 milioni le spedizioni che hanno goduto dell’esenzione tariffaria. Nel 2024 erano più che triplicate, arrivando a 328 milioni. Quest’anno i numeri sono in ulteriore forte crescita: a metà novembre erano già arrivati 346 milioni di pacchi di modesto valore, e i funzionari dell’Agenzia delle Dogane stimano ci si possa avvicinare ai 400 milioni entro la fine dell’anno. Dunque se l’imposta applicata fosse di due euro, genererebbe per lo Stato un maggiore incasso di quasi 800 milioni di euro. Un importo che servirebbe a garantire il finanziamento della prossima manovra di bilancio. L’ondata di piccoli pacchi non è al centro delle attenzioni solo per il gettito che potrebbe fruttare alla prossima manovra. Da tempo alcuni produttori italiani lamentano la concorrenza sleale posta da questi e-commerce cinesi che, in buona parte, sono esentati dai dazi doganali. Confindustria Moda settimane fa aveva lanciato un allarme: “il sistema italiano è sotto attacco” aveva dichiarato il presidente Luca Sburlati “l’import dalla Cina ha fatto segnare un +18% nei primi sei mesi dell’anno”. Come Temu e Shein evitano i dazi Per il modello di business di piattaforme come Temu e Shein l’esenzione tariffaria è centrale. Questi marketplace cinesi non utilizzano le catene logistiche tradizionali dell’e-commerce, su cui Amazon ha fatto scuola. Non spediscono infatti i prodotti in grandi lotti via mare con le portacontainer, per poi immagazzinarli in hub logistici nei Paesi di arrivo. Questo modello permette sì di abbattere i costi spedendo enormi quantità di prodotti contemporaneamente, ma d’altra parte obbliga ad aprire costosi magazzini e a pagare i dazi sui beni importati. Gli e-commerce cinesi preferiscono muoversi più agilmente. Una volta che il cliente ordina il prodotto – soprattutto abbigliamento a basso prezzo, oggettistica e accessori e tecnologia di consumo – questo viene in pochi giorni recapitato direttamente dalla fabbrica cinese alla casa dell’acquirente. Il pacco viene spedito via aereo singolarmente, e non in grandi lotti, rientrando così nell’esenzione per i prodotti di basso importo e rendendo superflui i costosi magazzini. Questo permette di far fronte all’ingente spesa del trasporto cargo aereo, ben più oneroso delle spedizioni via mare. In Italia è l’aeroporto di Milano Malpensa la principale porta di ingresso per questi milioni di piccoli pacchi. Lo scalo lombardo è di gran lunga il principale aeroporto cargo d’Italia, e ha assunto un ruolo primario anche per l’e-commerce cinese. Secondo i dati di Agenzia delle Dogane, oltre l’80 per cento dei piccoli pacchi sbarcano in Lombardia, una percentuale per lo più rappresentata proprio da Malpensa. Ogni giorno secondo i vertici di Sea Aeroporti Milano sentiti da Sky TG24 arrivano nell’aeroporto 11 aerei dalla Cina , che trasportano oltre mezzo milione di prodotti. I pacchi volano sia su voli cargo, che nelle stive di quelli passeggeri. Cosa hanno deciso gli altri L’Italia non è la sola a voler mettere un freno all’ondata di pacchi cinesi che attraversano gratuitamente la dogana. La stessa Unione Europea da due anni lavora a una modifica del regime che esenta le spedizioni di importo modesto. Dal 2028 i ministri dell’Economia europei hanno deciso l’introduzione di una tassa di due euro a pacco, lasciando la possibilità agli Stati di anticipare l’imposta proprio come proposto in Italia. Anche gli Stati Uniti hanno fatto la stessa scelta: lì i pacchi sotto gli 800 dollari non pagavano dazio, prima che l’esenzione venisse abolita da Donald Trump. In attesa che il Parlamento decida tempi e modalità della nuova imposta, resta da capire quale sarà l’effetto reale sul mercato. Se da un lato il Governo punta a garantire nuove entrate e riequilibrare la concorrenza con i produttori italiani, dall’altro l’introduzione di una tassa sui piccoli pacchi rischia di pesare sui consumatori e di ridisegnare le abitudini di acquisto di milioni di persone. La discussione è appena iniziata.

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Lorenzo Borga