Gli Usa hanno iniziato a guadagnare dai dazi, ma chi li paga davvero?

Lo scorso luglio il Tesoro americano ha incassato quasi 30 miliardi di dollari dalla voce “customs and excise taxes”, che è costituita quasi esclusivamente dai dazi sulle importazioni. Un anno prima l’incasso era stato di 9 miliardi, con un aumento di quasi 20 miliardi. A livello annuale questo significa maggiori entrate per 240 miliardi e il totale potrebbe essere anche più alto tenendo conto che in luglio non erano ancora scattati alcuni aumenti dei dazi . Diciamo che si arriverà a 300 miliardi l’anno, ossia, più o meno, all’1% del Pil americano. Non è che questo cambi drammaticamente le prospettive dei conti pubblici a stelle e strisce , ma è comunque una cifra significativa. Trump è stato pronto nel dichiarare che gli altri Paesi stanno finalmente pagando quanto è dovuto. E parte dei nostri media nazionali hanno ripreso pedissequamente questa narrativa: gli Stati Uniti stanno assorbendo miliardi dal nostro e dagli altri Paesi. La maggior parte degli economisti, dai due lati dell’Atlantico, hanno fatto notare che i dazi sono tasse sulle importazioni e, quindi, in prima battuta, i 30 miliardi di cui sopra sono stati pagati dagli importatori americani. Ma sappiamo che, un conto, è chi paga materialmente una tassa, un altro è su chi effettivamente questa ricade . Non si può infatti escludere, in via di principio, che chi esporta verso gli Stati Uniti, pur di poter continuare a vendere in quel Paese, sia disposto ad abbassare il prezzo di vendita accollandosi il peso dei dazi. Mi sono andato a rivedere allora l’evidenza empirica sull’incidenza dei dazi. Chi li paga davvero, soprattutto nel caso di dazi imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni da altri Paesi? La risposta è chiara: chi paga sono gli importatori americani che riversano poi, almeno in parte, gli aumenti dei costi delle importazioni su famiglie e imprese americane. Scusate la pedanteria, ma entriamo nei dettagli. Un lavoro del 2019 conclude che l’aumento dei dazi nel 2018 è stato scaricato completamente sui costi all’importazione. Un altro lavoro del 2019 raggiunge la stessa conclusione, ma aggiunge che l’effetto sui prezzi al dettaglio è stato più contenuto: gli importatori hanno assorbito parte del maggiore costo di importazione. Il fatto che, nel breve periodo, gli importatori non scarichino completamente sui consumatori gli aumenti dei costi alle importazioni è confermato anche da sondaggi relativi ai dazi imposti da Trump. Un lavoro della Fed di New York, relativo all’impatto dei dazi del 2018, trova comunque che l’impatto sui prezzi al consumo è stato significativo. Simili conclusioni sono raggiunte da un lavoro della Fed di Washington. La conclusione è che a pagare l’impatto dei dazi siano gli americani, anche se, nel breve periodo, i maggiori costi di importazione sono in parte assorbiti dagli importatori all’ingrosso, e che, quindi, gli aumenti ricadano solo in parte sui prezzi al consumo. Questo spiegherebbe anche perché, per ora, l’aumento dell’inflazione americana sia stato contenuto. Ciò detto è probabile che col passar del tempo i maggiori costi di importazione siano passati interamente sui prezzi al consumo. In ogni caso, sono le famiglie e le imprese americane a pagare più tasse quando i dazi aumentano. Questa è la realtà, ed è in contrasto con la narrativa sbandierata dall’amministrazione Trump.

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Carlo Cottarelli