La guerra dei dazi di Trump: quando la storia si ripete

Quando il 2 aprile Donald Trump ha lanciato la guerra commerciale globale che stiamo vivendo in questi giorni imponendo pesanti dazi su una lunga lista di beni provenienti da oltre 90 paesi, molti appassionati di storia economica hanno avuto la sensazione di trovarsi di fronte a un déjà vu. Non è infatti, ed ovviamente, la prima volta che una nazione usa i dazi come arma politica, sostenendo di voler proteggere la propria economia dalle minacce esterne. Ma vediamo cosa ci insegna la storia sull'efficacia e sulle conseguenze di misure del genere. Le radici storiche del protezionismo La storia dei dazi doganali è lunga e complessa, con radici che risalgono a svariati secoli fa. Tali misure, in ottica protezionistica, hanno spesso avuto l'obiettivo di sostenere industrie locali minacciate dalla concorrenza estera, ma hanno anche generato effetti collaterali non previsti, tra cui la sostituzione di beni di consumo e la creazione di mercati alternativi. Il protezionismo può infatti indurre cambiamenti radicali nella struttura economica di un paese, spesso spingendo verso la ricerca o produzione di beni alternativi e, in alcuni casi, da una parte togliendo dinamicità al mercato protetto e incoraggiando invece l'innovazione per chi le restrizioni commerciali, come esportatore, le subisce. Napoleone e la rivoluzione dello zucchero Un esempio storico emblematico delle conseguenze economiche dei dazi è quello che coinvolse l'Europa durante le guerre napoleoniche. Nel 1806, Napoleone introdusse il Blocco Continentale per indebolire economicamente la Gran Bretagna, vietando così l'importazione di molti beni, tra cui anche lo zucchero di canna proveniente dalle colonie britanniche. Questa decisione spinse gli stati europei a cercare alternative, dando inizio a una massiccia produzione di zucchero dalle barbabietole. Ciò portò ad un'importante trasformazione agricola e anche industriale, che dura tutt’ora ed ha creato, a tutti gli effetti, un mercato alternativo e duraturo. La sostituzione del cotone americano Altro episodio che dimostra chiaramente come i dazi e i blocchi commerciali possano portare a significative modifiche nel commercio internazionale riguarda il cotone durante la guerra civile americana. Quando il blocco navale degli inglesi rese impossibile l'esportazione del cotone del Sud degli Stati Uniti verso l’Europa, l'industria tessile del vecchio continente si rivolse a fornitori alternativi come India ed Egitto, che videro così nascere nuove opportunità economiche. E anche questa diversificazione dei fornitori ebbe un impatto duraturo, ridisegnando le rotte commerciali globali del cotone. Il protezionismo americano: dai dazi di Smoot-Hawley a Trump Gli stessi Stati Uniti hanno già avuto esperienze traumatiche con il protezionismo. Nel 1930, durante la Grande Depressione, il Congresso americano approvò il famigerato Smoot-Hawley Tariff Act, che aumentò drasticamente i dazi doganali per proteggere l’industria nazionale. La conseguenza fu una catastrofica guerra commerciale globale che portò a una ulteriore contrazione del commercio internazionale e aggravò la stessa crisi economica americana che si prefiggeva di contrastare. Fu così che le esportazioni di prodotti agricoli statunitensi come grano e cotone crollarono causando gravi danni agli agricoltori americani e acutizzando ulteriormente la crisi. Oggi, la strategia di Trump sembra riflettere pericolosamente quella stessa logica protezionista. Nonostante le critiche di numerosi economisti, infatti, il Presidente Usa ha imposto tariffe che vanno dal 10% al 41%, suscitando timori di una spirale di ritorsioni economiche internazionali, simili a quelle degli anni '30 del secolo scorso. Effetti collaterali: dalle auto elettriche ai metalli rari Ad aggravare la situazione, le guerre commerciali moderne sono ancora più complesse a causa dell'intricata rete di interdipendenze globali. Un esempio recente riguarda il settore automobilistico europeo, già messo in crisi dalla transizione all'elettrico. Con i nuovi dazi statunitensi, aziende come Volkswagen e Stellantis vedono infatti ulteriormente aggravarsi una situazione già critica, fatta di costi elevati e difficoltà infrastrutturali per le auto elettriche. A peggiorare il quadro c’è l'ascesa della Cina, che già domina la produzione delle batterie e dei componenti essenziali per l'elettrico e che per assurdo questa guerra commerciale innescata dagli Usa potrebbe avvantaggiare almeno nei confronti dei produttori europei, complicando ulteriormente il panorama commerciale globale. La risposta cinese: rischi e strategie Guardano poi nello specifico alla situazione cinese e venendo alla attualità, in risposta ai dazi americani, Pechino ha adottato una linea dura, ma pragmatica, utilizzando tattiche negoziali aggressive e minacciando contromisure mirate contro prodotti strategici americani e mostrando di non accettare quella che reputa, da parte degli Stati Uniti, come una pratica scorretta. Va tuttavia detto che la Cina stessa non gioca secondo le regole del commercio internazionale, sfruttando massicce sovvenzioni pubbliche per sostenere le sue industrie. Ed è così che un eccesso di produzione cinese, non più assorbito dagli Stati Uniti, rischia ora di riversarsi sul mercato europeo, aggravando le tensioni commerciali e creando ulteriori squilibri. Le lezioni della storia La storia ci insegna che i dazi raramente producono gli effetti desiderati nel lungo termine. "Dove non passano le merci, passeranno gli eserciti," è un motto attribuito all'economista francese Frédéric Bastiat del XIX secolo. Una espressione che ben sottolinea l'idea che il libero commercio crei pace e cooperazione, mentre il protezionismo alimenti tensioni e conflitti, ma che non tiene conto che proprio un eccesso di globalizzazione ed una snaturata specializzazione delle produzioni abbiamo portato il modo ad essere sì interdipendente, ma anche profondamente fragile, come ha mostrato il Covid. Un mondo, inoltre, per certi versi ingiusto, come mostrano i salari delle produzioni a minor valore aggiunto in tutto il mondo. Un futuro da riscrivere Così, mentre Trump rilancia la sfida protezionistica, il mondo osserva con apprensione. Sarà fondamentale investire in relazioni commerciali aperte e resilienti, capaci di resistere alle tentazioni autarchiche, ma anche senza cadere in certi eccessi che sono una delle cause del revanscismo nazionalista in atto, perché solo con una cooperazione economica reale e con politiche lungimiranti potremo garantire la pace e la prosperità economica globale.

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Andrea Bignami