Crollo del dollaro, cosa significa per turisti, imprese e investitori

Le critiche di Trump al presidente della Federal Reserve, l’incertezza continua sui dazi, le diverse uscite sui social del presidente americano: tutto porta a pensare ad uno scenario di incertezza e instabilità. Gli indici americani sono su livelli record ma ci sono tre segnali che ci fanno capire come tutto questo abbia delle conseguenze: la debolezza del dollaro, l’interesse che gli Usa pagano quando si indebitano e l’oro, tradizionale bene rifugio in tempi di volatilità, che ha registrato un’impennata. Da inizio anno l’indice del dollaro è sceso di oltre 10 punti percentuali . L’euro ha portato a casa quasi il 14%, passando da 1,035 a 1,18 in sei mesi. Guardando ai prossimi mesi “il biglietto verde continuerà a oscillare attorno ai livelli medi registrati nei primi sei mesi 2025” ma “con un rischio di ulteriore indebolimento”, spiegano da Pictet Asset Management. Per gli stessi esperti del resto il dollaro già sopravvalutato dalla fine del 2023. Prima di vedere cosa questo significhi per noi cerchiamo di capire le motivazioni. La principale causa di debolezza del dollaro è imputabile all’incertezza dell’amministrazione americana. L’elenco è lungo assai: politica commerciale azzardata, avvisaglie di indebolimento economico, rallentamento del settore manifatturiero, timore di un governatore ombra della Fed più morbido , incognita di sostenibilità del debito pubblico. Lo scenario peraltro è quello di una BCE che ha tagliato i tassi in Europa e di una Fed che non l’ha fatto. Nonostante questo la valuta americana si è indebolita ugualmente. Proprio perché sta pagando l’imprevedibilità politica e il costo dell’incertezza. Le conseguenze per noi sono diverse. Per il turista che va negli Usa con l’euro forte e scambia il denaro con il dollaro debole avrà ovviamente più potere d’acquisto. Quindi fare shopping negli Usa in questo momento è più conveniente. Differente il discorso per le imprese che esportano. Chi compra i prodotti delle aziende cerca di risparmiare quindi comprerà meno prodotti in euro e più prodotti in dollari (proprio perché sembra di comprare più a buon prezzo. Oltre ai dazi, che minano l’economia europea, la svalutazione del dollaro quindi rende meno competitiva l’economia del Vecchio Continente sul mercato globale. Di contro un biglietto verde debole spinge chi esporta dagli Stati Uniti: pensate al settore tecnologico, che potrebbe ricevere un’ulteriore spinta grazie all’ampia quota di vendite che ricava dall’estero. C’è anche un’altra categoria: gli investitori, specie se esposti nell’azionario Usa. L’esposizione al mercato statunitense, il più efficiente e performante, implica di per sé la scelta di esporsi al dollaro ovviamente essendo i titoli quotati in dollari. Questo attutisce l’eventuale guadagno del fondo, del titolo, dell’indice Usa sul quale si è esposti quando poi viene scambiato in euro.

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Mariangela Pira