Pitto (Fedespedi): "Accordi chiari sui dazi, si rischia il caos"

Nella prima metà del 2025 le spedizioni globali sono cresciute secondo Fedespedi, la Federazione nazionale delle imprese di spedizioni internazionali. Nonostante i dazi, i commerci volano grazie a una corsa anticipata agli scambi tra Stati Uniti ed Europa per evitare le tariffe. Ma l’effetto si sta esaurendo, e ora i flussi rallentano. Ma il commercio globale rischia il caos con gli annunci quotidiani di nuovi dazi. L’unica via d’uscita? Una nuova normalità regolata da accordi chiari e duraturi, come spiega Alessandro Pitto, presidente di Fedespedi. Come sono andate le spedizioni nella prima metà dell’anno? Qual è stato l’impatto dei dazi americani? Per quanto riguarda i primi mesi dell'anno, in realtà, è stato riscontrato un aumento anche abbastanza significativo dei flussi commerciali. Ad esempio, il traffico via mare di container nei primi tre mesi del 2025, a livello globale, ha accelerato del 4,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’aumento si è verificato anche tra Stati Uniti ed Europa. Questo è dovuto alla strategia anticipatoria, da parte sia degli esportatori europei che degli importatori americani, che hanno tentato di anticipare i dazi prima che entrassero in vigore. Ora però i flussi stanno rallentando: a maggio le spedizioni sono cresciute dell’1,8%, un po’ perché erano state parzialmente anticipate ai mesi precedenti, un po’ perché i dazi hanno iniziato a farsi sentire. Se la guerra commerciale dovesse intensificarsi, come accaduto tra Stati Uniti e Cina, i flussi potrebbero rallentare molto: nel Pacifico, con i dazi americani quasi al 150%, sono scesi di circa il 16%. Quanto rischiano di colpire il commercio tra Stati Uniti ed Europa i dazi minacciati da Trump al 30%? Il 30% sarebbe un livello estremamente alto. Anche per via dell’indebolimento del dollaro: nella prima metà dell’anno si è verificata una marcata perdita di potere d'acquisto della valuta americana nei confronti dell'euro. Tutto ciò, insieme ai dazi attualmente in vigore, ha già reso le esportazioni europee più costose di circa il 20%. Se aggiungiamo le tariffe ora minacciate, si arriverebbe quasi alla soglia del 50%, che il commissario europeo Sefcovic ha definito un “embargo di fatto”. Quanto rischia il made in Italy in questa guerra commerciale? Gli effetti possono essere molto importanti. Anche se è vero che buona parte dell’export italiano verso gli Stati Uniti riguarda prodotti di fascia alta o media. Penso ai settori dell’alimentare, della moda, del farmaceutico, degli autoveicoli. Questi prodotti possono assorbire meglio l'impatto dei dazi in quanto difficilmente sostituibili. Anche se si potrà verificare, evidentemente, un calo dei consumi americani. Inevitabilmente però il conto dovranno pagarlo i consumatori statunitensi: credo che sia impensabile che gli esportatori si facciano carico dei dazi, senza che questi si ripercuotano sui prezzi. Quindi non so quanto questa politica poi sia destinata a rimanere e ad avere successo. E il vostro settore delle spedizioni come potrebbe essere impattato? Vi aspettate un aumento dei costi di trasporto? L'andamento dei prezzi, quindi sia dei noli, sia marittimi che aerei, è in prima battuta influenzato sempre dall'equilibrio fra domanda e offerta. Cioè dal rapporto tra la domanda di servizi di trasporto e la capacità di stiva. I dazi potrebbero provocare una diminuzione dei volumi e dunque portare in realtà, almeno in una prima battuta, a una diminuzione dei noli marittimi. Anche in questo caso, è utile guardare a quanto accaduto tra Cina e Stati Uniti. In quel caso gli armatori hanno risposto al calo dei volumi con la riduzione abbastanza rapida delle navi a disposizione sulle rotte transpacifiche, per mantenere un livello ragionevolmente alto dei noli marittimi. In sostanza quello che potrebbe accadere è un aggiustamento del mercato. Negli ultimi anni gli armatori sono diventati piuttosto efficaci nell’aggiustare in tempi rapidi la capacità di stiva alle variazioni della domanda. L’enorme incertezza che avvolge i dazi quanto complica e rallenta l’intera filiera del commercio globale? Questo è il vero problema. C'è stato forse un giorno in cui, a seconda che tu avessi sdoganato al mattino o al pomeriggio, avresti pagato due dazi differenti, perché nel corso della giornata era stata revocata una misura che era entrata in vigore solo uno o due giorni prima. Nel giro di qualche settimana passiamo da picchi di domanda - quindi congestioni nei porti e difficoltà di trovare spazi a bordo delle navi - a momenti invece di calo drastico e repentino delle spedizioni. E chiaramente un sistema logistico è estremamente complesso e si porta dietro anche delle rigidità piuttosto rilevanti. Non è per nulla semplice, per nessuno: né per i produttori, né per gli spedizionieri, né per gli importatori, né per i consumatori. Ecco perché sarebbe estremamente importante raggiungere un accordo commerciale con gli Stati Uniti. Stabilire cioè una nuova normalità a cui potersi adeguare per avere un minimo di visibilità a 6 mesi, a 9 mesi, a 12 mesi o anche oltre. Ultima domanda sullo stretto di Bab El Mandeb, l’imbocco del Mar Rosso, colpito da quasi due anni dagli attacchi Houthi nell’area che hanno provocato un drastico crollo dei transiti navali. Molte navi preferiscono circumnavigare il continente africano per raggiungere l’Europa. Quanto durerà questa condizione? Il ritorno alla normalità, se ci sarà, sarà lento. Sono passati ormai circa 600 giorni da quando si è verificata la di fatto chiusura dello Stretto. Recentemente alcune compagnie di linea stavano ragionando su una riapertura di alcuni servizi ma poi si sono verificati due attacchi a navi di bandiera greca. L’insicurezza colpisce soprattutto le navi portacontainer, che trasportano le merci di maggior valore aggiunto e dunque più sensibili ai rischi dell’area. Ecco perché queste saranno le ultime che vedremo transitare nuovamente nel Mar Rosso quando le condizioni di sicurezza saranno finalmente ripristinate. Il ritorno alla normalità richiederà però molto tempo: le tratte di queste navi sono programmate settimanalmente, modificare la rotta non è un lavoro da poco. Anzi, dal punto di vista logistico, è un'operazione piuttosto complessa. Non ci si può permettere di ripristinare le rotte precedenti, per poi doverle ricambiare repentinamente. Senza contare le penali e i problemi di ordine assicurativo. Oggi i maggiori oneri assicurativi per il transito nel Mar Rosso superano gli extra-costi di trasporto necessari per circumnavigare il Capo di Buona Speranza.

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Lorenzo Borga