
Introduzione
In Europa, il costo di un’ora di lavoro varia da 10,6 a 55,2 euro, con ampie differenze tra i Paesi membri. Si tratta di un dato in crescita, come rilevato dall’ultimo rapporto Eurostat che fotografa la situazione aggiornata a fine 2024. Il Lussemburgo si conferma al vertice, mentre l’Italia è al di sotto della media europea. Ecco come si distribuiscono i costi del lavoro in Europa e i dettagli sui numeri in Italia secondo l'ultimo rapporto Istat
Quello che devi sapere
La media europea
Il costo medio di un’ora di lavoro è salito a 33,5 euro nei Paesi dell’Unione Europea e a 37,3 euro nei Paesi dell’area euro. Si tratta di un incremento rispetto al 2023, quando il dato era rispettivamente di 31,9 e 35,7 euro

La classifica: Lussemburgo in testa
Come detto, la media europea è ricavata da numeri molto disomogenei tra le diverse nazioni. Il valore più alto è stato registrato in Lussemburgo, dove un’ora di lavoro vale 55,2 euro, seguito da Danimarca (50,1) e Belgio (48,2). All’opposto, i costi più bassi si rilevano in Bulgaria (10,6 euro), Romania (12,5) e Ungheria (14,1). L’Italia è a metà classifica, al di sotto della media europea. Un’ora di lavoro nel 2024 è stata mediamente pagata 30,9 euro (un euro in più di quanto avvenuto nel 2023)
Le differenze tra settori
L’Eurostat rileva variazioni a seconda del settore. “Il costo medio orario del lavoro nell’industria era di 33,9 euro nell’Ue e di 39,8 euro nell’area dell’euro. Nelle costruzioni, erano rispettivamente 30,0 euro e 33,4 euro. Nei servizi, i costi orari del lavoro variavano tra 33,3 euro nell’UE e 36,4 euro nell’area dell’euro”. Mentre nell’economia “prevalentemente non commerciale (esclusa la pubblica amministrazione) erano rispettivamente 34,2 e 37,5 euro”

Salari e costi non salariali
La retribuzione oraria è la somma delle due componenti principali dei costi del lavoro: lo stipendio vero e proprio e i cosiddetti costi non salariali, come i contributi sociali a carico dei datori di lavoro. In media, ha spiegato l’Eurostat, “la quota dei costi non salariali nei costi totali del lavoro per l’intera economia è stata del 24,7% nell’UE e del 25,5% nell’area dell’euro”. In particolare, le percentuali più basse dei costi non salariali nell’Ue sono state registrate “in Romania con una percentuale del 4,8%, Lituania con 5,4% e Malta con 5,8%. Le più alte in Francia con 32,2% e Svezia 31,6%”
Lo scenario italiano
Per quanto riguarda l’Italia, secondo il rapporto Istat sul quarto trimestre del mercato del lavoro, “l’input, misurato dalle ore lavorate, è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% rispetto al quarto trimestre 2023”. Nello stesso periodo, si legge nel rapporto, “il Pil è cresciuto dello 0,1% in termini congiunturali e dello 0,6% in termini tendenziali”. Rimane, invece, sostanzialmente stabile rispetto al terzo trimestre 2024 il numero di occupati, a seguito dell’incremento dei contratti a tempo indeterminato (+118 mila), che ha compensato il calo dei contratti a termine (-86 mila) e degli indipendenti (-36 mila)
Costo del lavoro italiano aumenta su base congiunturale
Il costo del lavoro per unità a tempo pieno è salito dello 0,2% congiunturale, con aumenti “dello 0,2% su base congiunturale, sia nella componente delle retribuzioni (+0,2%) sia, in misura lievemente inferiore, in quella dei contributi sociali (+0,1%)", si legge nel rapport Istat. Su base annua, si registra “un aumento pari a 3,2%, quale effetto della crescita della componente retributiva pari a un +3,1% e di quella contributiva che vale un +3,5%, influenzata dai rinnovi contrattuali”

Andamento nei settori produttivi
Nel comparto industria e servizi, le posizioni lavorative aumentano dello 0,4% congiunturale, sia per il tempo pieno che per il part time. Mentre le ore lavorate per dipendente crescono dello 0,4% rispetto al trimestre precedente, ma calano dell’1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In aumento anche le ore di cassa integrazione (+1,8 ogni mille ore lavorate). In questo quadro, “continua il calo delle posizioni in somministrazione, osservato su base sia congiunturale (-0,9%) sia annua (-3,6%)”, mentre crescono quelle con contratto intermittente