
Diffusa una nota del ministero a seguito dei dubbi posti da alcuni Caf e dalla Cgil. "Al fine di salvaguardare tutti i contribuenti interessati, il governo interverrà anche in via normativa per consentire l'applicazione delle nuove aliquote del 2025 per la determinazione dell'acconto. L'intervento sarà realizzato in tempo utile per evitare ai contribuenti aggravi in termini di dichiarazione e di versamento", si legge nel comunicato
Il governo Meloni è intervenuto sulla questione degli acconti Irpef per evitare aumenti nei prossimi versamenti da parte di dipendenti e pensionati. La modifica riguarda il ritorno al calcolo dell’imposta con tre aliquote anziché quattro, come inizialmente previsto dal decreto legislativo sulla nuova Irpef e dalle istruzioni per il modello 730/2025. Questa correzione richiederà un intervento finanziario di circa 250 milioni di euro. La necessità di questa correzione nasce da un disallineamento normativo tra la delega fiscale e l’ultima legge di Bilancio.
Il corto circuito normativo
Il decreto della delega fiscale, infatti, aveva introdotto l’Irpef a tre aliquote solo per il 2024, mantenendo invariate le regole per gli acconti con quattro aliquote sia per il 2024 che per il 2025. Tuttavia, la recente legge di Bilancio ha stabilizzato la riforma Irpef a tre aliquote anche dal 2025 in poi, creando un'incongruenza tra il sistema di calcolo dell’imposta e quello degli acconti. La Cgil aveva subito segnalato il problema, evidenziando il rischio di aumenti negli anticipi d’imposta per i contribuenti coinvolti. Il Governo, preso atto della situazione, ha quindi deciso di intervenire per riallineare il meccanismo di calcolo, garantendo così un’applicazione coerente delle nuove aliquote Irpef e scongiurando incrementi indesiderati nei versamenti.
La nota del ministero dell'Economia e Finanza
"Relativamente all'applicazione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche - si legge nella nota del Mef - sono pervenute segnalazioni da parte di alcuni Caf, riportate anche dagli organi di stampa, in merito a un maggior carico fiscale per i lavoratori dipendenti che verrebbero gravati dell'onere di versare l'acconto Irpef per l'anno 2025 anche in mancanza di redditi ulteriori rispetto a quelli già assoggettati a ritenuta d'acconto. In particolare, il predetto maggior onere fiscale deriverebbe, secondo l'interpretazione riportata dai Caf, dall'applicazione della disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 216, che, prevedendo la riduzione dal 25 al 23 per cento dell'aliquota Irpef per i redditi da 15.000 a 28.000 euro e l'innalzamento della detrazione di lavoro dipendente da 1.880 euro a 1.955 euro, ha stabilito che tali interventi non si applicano per la determinazione degli acconti dovuti per gli anni 2024 e 2025 per i quali si deve considerare la disciplina in vigore per l'anno 2023".

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"Intervento in tempo utile per evitare aggravi ai contribuenti"
"Al riguardo - si premette che l'incongruenza evidenziata dai Caf deriva dal fatto che le aliquote, gli scaglioni e le detrazioni Irpef sono stati in una prima fase modificati in via temporanea, per un solo periodo d'imposta (2024), e successivamente stabilizzate a regime dal 2025. Inoltre, si fa presente che con la disposizione in questione si intendeva sterilizzare gli effetti delle modifiche alla disciplina Irpef soltanto in relazione agli acconti dovuti dai soggetti la cui dichiarazione dei redditi evidenziava una differenza a debito di Irpef, in quanto percettori di redditi ulteriori rispetto a quelli già assoggettati a ritenuta d'acconto. L'intenzione del legislatore non era, quindi, volta a intervenire nei confronti di soggetti, come la maggioranza dei lavoratori dipendenti e pensionati, che, in mancanza di altri redditi, non sono tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi. Pertanto, la disposizione di cui all'articolo 1, comma 4, del d.lgs. 216/2023 va interpretata nel senso che l'acconto per l'anno 2025 è dovuto, con applicazione delle aliquote 2023, solo nei casi in cui risulti di ammontare superiore a euro 51,65 la differenza tra l'imposta relativa all'anno 2024 e le detrazioni, crediti d'imposta e ritenute d'acconto, il tutto però calcolato secondo la normativa applicabile al periodo d'imposta 2024. In ogni caso - conclude il Mef - in considerazione dei dubbi interpretativi posti, e al fine di salvaguardare tutti i contribuenti interessati, il Governo interverrà anche in via normativa per consentire l'applicazione delle nuove aliquote del 2025 per la determinazione dell'acconto. L'intervento sarà realizzato in tempo utile per evitare ai contribuenti aggravi in termini di dichiarazione e di versamento".
