
"La nostra analisi circoscrive la vulnerabilità a un numero contenuto di attività economiche: sono circa 23mila le imprese italiane considerate 'vulnerabili' all'export e circa 4.600 all'import”. Lo ha spiegato il presidente dell'Istituto di statistica, Francesco Maria Chelli, nell'ambito della presentazione del "Rapporto sulla competitività dei settori produttivi", edizione 2025
Le recenti dinamiche di carattere politico ed economico nei rapporti tra Ue e Stati Uniti "rivestono una importanza considerevole" per l'Italia, "perché negli ultimi quindici anni la crescita del nostro sistema produttivo è stata sostenuta prevalentemente dalla domanda estera, a fronte di una domanda interna debole o stagnante. Negli ultimi anni, in particolare, l'Italia ha orientato i propri flussi di export verso i mercati extra-Ue, soprattutto quello statunitense". E’ quanto emerso nel “Rapporto sulla competitività dei settori produttivi 2025” redatto dell'Istat e secondo cui una guerra commerciale "coglierebbe l'Ue in una posizione più vulnerabile", prosegue.
I dati del rapporto
"I risultati del 'Rapporto sulla competitività dei settori produttivi' dell'Istat danno conto della crescente polarizzazione delle relazioni commerciali attorno a Stati Uniti e Cina con una relativa marginalizzazione dell'economia europea". Lo ha riferito, a commento dell’indagine, il presidente dell'Istat, Francesco Maria Chelli presente a Genova per la presentazione della tredicesima edizione dell'analisi sulla struttura, la performance e la dinamica del sistema produttivo italiano rispetto all'export e all'import. "La nostra analisi circoscrive la vulnerabilità a un numero contenuto di attività economiche: sono circa 23mila le imprese italiane considerate 'vulnerabili' all'export e circa 4.600 all'import”, ha confermato Chelli. “Il loro peso economico appare però non irrilevante, le imprese vulnerabili all'export impiegano 415mila addetti, generano il 3,5% del valore aggiunto e rappresentano il 16,5% delle esportazioni complessive, quelle vulnerabili all'import circa 400mila addetti, il 5,7% del valore aggiunto e il 23,8% delle importazioni". Tra l’altro, ha aggiunto ancora il presidente dell’Istat, “il rapporto conferma come nel 2024 l'Italia abbia registrato una performance complessivamente positiva sui mercati internazionali con valori record nell'avanzo commerciale dei prodotti energetici e una tenuta della quota di mercato sul commercio mondiale, ma nelle mutate condizioni geo-economiche attuali sottolinea come gli stessi fattori che in passato hanno fornito uno stimolo alla crescita del Paese, in primo luogo come integrazione sempre più intensa delle reti commerciali e produttive internazionali, possano ora diventare una vulnerabilità".
“Nessun Paese europeo può affrontare i dazi da solo”
Nell’ambito dell’indagine, Chelli ha proseguito il proprio ragionamento. "Riguardo ai potenziali conflitti commerciali nessun Paese europeo è in grado di affrontarli e contrastarli pienamente da solo perché ciò richiederebbe un intervento di bilancio strutturale dell'Unione Europea in modo coordinato tra i Paesi, un messaggio che abbiamo voluto esprimere in modo chiaro al nostro Paese". Negli ultimi anni, ha poi concluso, “le imprese italiane attive sui mercati internazionali hanno fronteggiato con successo un contesto non facile reagendo a shock che si sono alternati in rapida successione, l'emergenza sanitaria, la crisi energetica, l'inflazione, guerra in Ucraina, tensioni geopolitiche e potenziali conflitti commerciali”. E, proprio rispetto a quest'ultimi, “l'Unione Europea ha presentato nel 2023 un cambio commerciale quasi quattro volte superiore a quello degli Stati Uniti, il che l'espone a maggiori rischi dovuti al nuovo orientamento della politica commerciale statunitense", ha aggiunto.
