Davos all'ombra di Trump fa i conti con la crisi della globalizzazione

Mentre a Washington il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump si insedia dando il via al suo secondo mandato, a Davos tra le Alpi svizzere parte la 37esima edizione dell’incontro annuale del World Economic Forum, divenuto negli anni una cruciale occasione di confronto tra decisori del mondo politico, accademico, economico, finanziario e culturale. Sessanta capi di Stato e di governo, dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Mohammad Yunus, premier del Bangladesh, dal cancelliere tedesco Olaf Scholz al presidente del governo spagnolo, Pedro Sanchez, si uniranno a leader dell’economia e opinion-maker dal 20 al 24 gennaio. L'atmosfera a Davos è impregnata di una tensione palpabile, un mix di aspettative e incertezze. Da un lato, c'è l'ottimismo per le innovazioni tecnologiche che promettono di trasformare società ed economie; dall'altro, la realtà di un mondo che sembra sempre più diviso in blocchi nazionalisti, con politiche protezionistiche che potrebbero ostacolare il progresso collettivo. Trump, il vero protagonista di Davos L’annuncio che nell’ultima giornata di lavori è previsto un collegamento del reinsediato Trump aggiunge un elemento di complessità. E permette di capire che sarà proprio il tycoon repubblicano, assieme alla sua agenda molto scettica verso quella globalizzazione di cui Davos è sempre stata una platea, il centro di molte discussioni. "Trump ha una forza magnetica che arriva fino a Davos", ha affermato Marc Benioff, amministratore delegato di Salesforce e ospite fisso dell'evento annuale . Benioff sostiene che "Davos parlerà solo di una cosa, ovvero Donald Trump come presidente degli Stati Uniti e cosa significa per il mondo". “Collaboration for the Intelligent Age” è il titolo dell’edizione 2025, e su molti punti di vista appare una sostanziale antitesi dell’agenda Trump che fa dell’unilateralismo, e non della cooperazione, il centro delle sue politiche. Se, del resto, negli ultimi decenni sono stati libertà di commercio, agenda green e innovazione tecnologica i focus principali del pensiero del Wef e degli incontri di Davos, il Trump 2.0 imporrà grandi cambi di paradigma. Di fronte a una libertà di commercio già messa a rischio da crisi geopolitiche e da rivalità tra grandi Paesi, l’agenda del presidente prevede ulteriori strette. “Trump sta iniettando un nuovo livello di incertezza sulla scena globale , sconvolgendo alleanze di lunga data e sollevando timori di nuove guerre commerciali con la sua minaccia di tariffe elevate”, nota il New York Times. La globalizzazione competitiva nell'era Trump Dalla minaccia di sanzioni commerciali su Paesi alleati come la Danimarca per forzarla a cedere la Groenlandia a quelle contro Canada e Messico per il deficit accumulato dagli Usa, passando per le minacce contro i Brics, Trump ha minacciato di sanzioni oltre metà del genere umano ancor prima di tornare nello Studio Ovale. Sul fronte ambientale, Trump è pronto a ritirare gli Usa dagli Accordi di Parigi e intende riprendere a espandere massicciamente l’egemonia energetica degli Usa nel campo occidentale. Se già con Joe Biden l’export di gas naturale liquefatto e l’estrazione di petrolio erano avanzate con ridotta attenzione al tema ambientale, con il Trump 2.0 ogni cautela verrà meno. Istituzioni cardine, in passato, del mondo di Davos come le grandi banche d’affari , i maggiori fondi di risparmio gestito e la Federal Reserve, la banca centrale Usa, hanno annunciato dopo la vittoria di Trump il loro ritiro dalle alleanze finanziarie per il net zero, un duro colpo alle prospettive di finanziamento della transizione energetica. Da tempo avviata, invece, la sfida tecnologica con la Cina, terreno su cui il tema della “cooperazione” internazionale si scontra con la crescente tensione tra Washington e Pechino nella corsa al predominio sull’intelligenza artificiale e in altri scenari. E anche il tradizionale ottimismo con cui la rivoluzione digitale era accolta a Davos si scontra con una realtà che va oltre Trump, come ricorda il Guardian: al Wef 2025, infatti, oltre che sulla geopolitica “gran parte della discussione a Davos ruoterà attorno al potenziale dell'intelligenza artificiale per affrontare alcune delle sfide più urgenti del mondo”, in un contesto in cui “è diventato sempre più difficile separare questi progressi tecnologici dalle richieste politiche delle mega-aziende della Silicon Valley”. Il senso di Davos oggi La testata britannica ricorda infatti che “Mark Zuckerberg, di Meta, ha chiesto a Trump di aiutarlo a combattere la regolamentazione esterna agli Stati Uniti, inclusa quella europea”, una scelta che allontana l’idea di una cooperazione bilaterale interna all’Occidente, mentre anche Elon Musk e Jeff Bezos “sono ferocemente contrari ai sindacati e alla regolamentazione dell’Ia su scala internazionale”. Anche in questo settore c’è la sensazione che il solipsismo americano sia destinato a intensificarsi, Questi cambiamenti chiamano il Wef a un netto confronto con la realtà. Davos è stata a lungo uno dei laboratori del mondo globalizzato, un forum di confronto in cui i grandi temi venivano discussi col filo conduttore di una fiducia condivisa nei meccanismi di apertura commerciale, economica, sociale e culturale nei processi di avvicinamento tra le grandi economie del pianeta. Negli ultimi anni, dopo gli scossoni delle grandi crisi finanziarie e geopolitiche l’accento è caduto soprattutto sulla notevole fiducia riposta dal forum di Davos nel benessere condiviso che la duplice rivoluzione, digitale e green, poteva portare all’umanità e al suo progresso. Questa retorica ha preso piede con forza dopo il Covid-19 ma ora si scontra con una realtà profondamente competitiva tra potenze, imprese, sistemi-Paese. Il mondo irenico e senza confini di cui si parlava a Davos negli Anni Novanta e nei primi Duemila è tramontato da sempre. Ma rimane sempre la località alpina della Svizzera il teatro designato per fare conti e bilanci del tramonto delle promesse di ieri. Da incontro per cantori della globalizzazione, il meeting del Wef è diventato l’occasione annuale per un “tagliando” delle sue criticità. E forse questo, in futuro, consentirà a Davos di rimanere centrale nell’agenda internazionale.

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