L'espansione economica cinese non si ferma, nonostante gli sforzi degli Usa

L’escalation della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, avviata con l’imposizione dei dazi da parte dell’amministrazione Trump durante il suo primo mandato, non sembra aver intaccato particolarmente la crescita dell’economia cinese. Nonostante negli ultimi anni quest’ultima abbia dovuto affrontare una serie di ostacoli e non sia più sulla strada per superare gli Stati Uniti in termini di prodotto interno lordo, l’avanzamento tecnologico e la produzione industriale di Pechino in molti settori strategici è inesorabile. Bloomberg News ha analizzato la competitività della Cina su scala globale in relazione a tredici tecnologie chiave, misurandone l’avanzamento nel corso degli ultimi dieci anni e le prospettive future. In sette di queste, nel 2015 – anno precedente alla prima elezione di Trump – il gigante asiatico era considerato arretrato, in tre competitivo e in altre tre leader. Nel 2024 è diventato almeno competitivo in dodici settori chiave e leader in cinque. Secondo il giornale americano, nel giro di nove anni l’economia cinese è passata dall’essere arretrata all’essere competitiva nell’industria dei semiconduttori, dell’intelligenza artificiale, della robotica, dei macchinari industriali, dei trattori di grandi dimensioni e dei farmaci. Era già competitiva e lo è rimasta per quanto riguarda le navi da trasporto di metano liquido , mentre era competitiva ed è diventata leader nel campo dei veicoli elettrici e le batterie al litio e dei treni ad alta velocità. Nel 2015 la Cina era già leader – e lo è rimasta – nell’industria dei veicoli aerei senza equipaggio, dei pannelli solari e del grafene. Questi progressi sono il risultato di una chiara strategia del governo cinese che punta a investire nei settori tecnologici più avanzati e strategici. Tra il 2015 e il 2023, il tasso di crescita annuale relativo agli investimenti di lungo termine è ammontato al 16.9% nel settore dei computer e l’elettronica, al 13,9% in quello della ricerca scientifica, al 13% in quello dei macchinari elettrici, all’8.5% in quello dell’IT e dei software e all’8,4% in quello dei macchinari per usi speciali, mentre per quanto riguarda i settori economici più tradizionali le percentuali sono più basse, indice che Pechino vi investe sempre meno. Nessun effetto nemmeno sulla bilancia commerciale I dazi imposti da Trump e poi mantenuti da Biden avevano l’obiettivo di riequilibrare la bilancia commerciale, ovvero diminuire il surplus commerciale della Cina, che esporta molti più beni di quelli che importa, e diminuire il deficit degli Stati Uniti, che importano molto più di quanto esportano. Anche in questo caso, gli sforzi americani sono stati vani: negli anni successivi all’imposizione dei dazi, la Cina ha visto il suo surplus commerciale toccare livelli record, spinto dalle esportazioni di veicoli elettrici, batterie e pannelli solari e dall’espansione in mercati alternativi come il sud-est asiatico, mentre il deficit degli Stati Uniti non è diminuito. Secondo Bloomberg, oggi il surplus commerciale della Cina è il più alto, in rapporto al PIL, rispetto a qualsiasi altro Paese dal dopoguerra in poi.

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