Nel 2021 le famiglie con almeno uno straniero rappresentano il 10% del totale delle famiglie che vivono in Italia. Lo rivela il rapporto Istat "Le famiglie con stranieri nei censimenti della popolazione - Anno 2021"
Negli ultimi dieci anni si è andata modificando la composizione delle famiglie con almeno un componente straniero. Nel 2021 sono oltre 2 milioni e mezzo e rappresentano il 10% del totale delle famiglie che vivono in Italia. A scattare la fotografia è il rapporto Istat 'Le famiglie con stranieri nei censimenti della popolazione - Anno 2021. Rispetto al Censimento del 2011 oggi si contano circa 700mila unità familiari in più con almeno uno straniero. Il 60% è costituito da famiglie unipersonali e circa il 20% da famiglie di quattro o più componenti. Dal 2011 al 2021 si modifica la distribuzione delle famiglie con almeno uno straniero sia per ampiezza che per tipologia: aumenta l'incidenza delle monocomponenti e diminuisce quella delle famiglie più numerose e dei nuclei familiari con figli. Una persona di riferimento della famiglia su cinque è di cittadinanza italiana e nel 6% dei casi si tratta di italiani per acquisizione (nuovi italiani).
I dati
È pari a 961mila il numero di famiglie unipersonali nel 2021. Sono il 38% delle famiglie con almeno uno straniero (+73,6% rispetto al 2011). Più della metà delle unipersonali, risiede al Nord e per il 53% sono uomini. È di 714mila il numero di famiglie miste (con cittadinanza italiana e straniera). Sono il 28,3%, in prevalenza con 4 o più componenti (45,1%). Sempre guardando al 2021, sono 1 milione e 45mila le famiglie mononucleo con figli (coppie con figli e nuclei monogenitore). Crescono del 24% rispetto al 2011 grazie soprattutto all'incremento dei nuclei monogenitore.
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L'analisi
Osservando le collettività più numerose l'istituto di statistica rileva per alcune di esse, seppure caratterizzate da un tendenziale equilibrio di genere, una distribuzione per sesso delle persone di riferimento decisamente sbilanciata a favore della componente maschile. Tra le collettività europee è l'Albania a mostrare questa peculiarità. Ciò si afferma in misura più significativa per quelle collettività tradizionalmente a forte presenza maschile come Egitto, Bangladesh e Pakistan. Per i cittadini del Marocco, dell'India e dello Sri Lanka, sebbene nel tempo abbiano assistito ad una riduzione del divario numerico tra uomini e donne, nel caso della distribuzione per sesso delle persone di riferimento si riafferma una forte prevalenza maschile. Infine, laddove la persona di riferimento è di cittadinanza italiana (dalla nascita o per acquisizione), la prevalenza maschile arriva all'80%. Al contrario, per i Paesi a forte presenza femminile come l'Ucraina e la Moldova, la quota degli uomini nella figura della persona di riferimento della famiglia è decisamente bassa e in linea con la composizione di genere della collettività stessa. Un quarto delle famiglie unipersonali ha un'età giovane (meno di 34 anni), mentre il 46% si posiziona nelle classi centrali (35-54 anni). In queste classi si colloca circa la metà delle persone di riferimento delle famiglie con due componenti e il 60% di quelle con tre componenti, mentre per le famiglie più estese questa quota raggiunge il 70%. Quindi al crescere delle dimensioni della famiglia cresce anche l'età della persona di riferimento, a conferma, in parte, di un progetto migratorio compiuto e di un processo di stabilizzazione maturo.