Prezzi ristoranti, dal diritto di tappo al taglio torta: i costi aggiuntivi sono legali?

Economia
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Introduzione

Come spiega l’Unione nazionale consumatori, le leggi in materia sono diverse, ma in prevalenza riguardano solo i commercianti. L’attività dei pubblici esercizi invece è disciplinata da un Regio decreto del 1940. Le singole Regioni possono intervenire inserendo specifici dettagli, variabili da territorio a territorio, così come i Comuni con le varie delibere

 

In generale, l’associazione consiglia di chiedere sempre – per ogni servizio extra o meno – se ci sia o no un eventuale costo aggiuntivo. 

Quello che devi sapere

Il Regio Decreto del 1940

  • La normativa applicabile ai pubblici esercizi è il Regio Decreto 6 maggio 1940, n. 635, cioè il Regolamento di esecuzione del Tulps, Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (Regio Decreto n. 773 del 18 giugno 1931), che all’art. 180 prevede che “I pubblici esercenti debbono tenere esposte nel locale dell’esercizio, in luogo visibile al pubblico, la licenza e l’autorizzazione e la tariffa dei prezzi“. C'è inoltre la legge n. 287 del 25 agosto 1991, sempre sull’attività dei pubblici esercizi, ma non dice nulla in riferimento alle regole sulla pubblicità dei prezzi dei prodotti somministrati

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La legge del 1998

  • Per quanto riguarda i commercianti, invece, si segnala la legge n. 114 del 1998. Stabilisce che “i prodotti esposti per la vendita al dettaglio nelle vetrine esterne o all’ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell’esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, debbono indicare, in modo chiaro e ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, mediante l’uso di un cartello o con altre modalità idonee allo scopo“. Questa legge stabilisce tuttavia le norme generali sull’esercizio dell’attività commerciale e non riguarda i pubblici esercenti

Cosa dice il codice del Consumo

  • Sempre per i commercianti c'è il codice del Consumo (decreto legislativo n. 206/2005), che all’art. 14 spiega: “Al fine di migliorare l’informazione del consumatore e di agevolare il raffronto dei prezzi, i prodotti offerti dai commercianti ai consumatori recano, oltre all’indicazione del prezzo di vendita, secondo le disposizioni vigenti, l’indicazione del prezzo per unità di misura

Le regole nel Lazio

  • Come detto, ci sono regole diverse in ogni regione. Nel Lazio, ad esempio, si applica l’art. 75 della Legge regionale n. 22 del 6 novembre 2019, che relativamente alla somministrazione di alimenti e bevande prevede che “i prezzi dei prodotti destinati alla somministrazione devono essere resi noti al pubblico: mediante esposizione di apposita tabella all’interno del locale, nei casi di somministrazione di alimenti e bevande, ivi comprese le attività di ristorazione mediante esposizione di apposita tabella leggibile anche dall’esterno del locale, con esclusione della carta dei vini, limitatamente alle attività di ristorazione”. Inoltre, “nella somministrazione con formula a prezzo fisso è vietata l’applicazione di costi aggiuntivi per il servizio; il numero e tipo di portate e di bevande, comprese nel menù a prezzo fisso, devono comunque essere singolarmente specificate, in modo tale da rendere il consumatore consapevole di eventuali costi aggiuntivi”. Infine, “qualora il servizio di somministrazione sia effettuato al tavolo, la tabella o il listino dei prezzi deve essere posto a disposizione dei clienti prima dell’ordinazione e deve indicare l’eventuale componente del servizio con modalità tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente comprensibile al pubblico. Nella somministrazione è vietato applicare costi aggiuntivi per il coperto”

Le regole in Lombardia

  • In Lombardia vige l’art. 77 della L.R. n. 6 del 2 febbraio 2010 che, tra le altre cose, prevede che “per i prodotti destinati alla somministrazione, l’obbligo di esposizione dei prezzi è assolto: per quanto concerne le bevande, mediante esposizione, all’interno dell’esercizio, di apposita tabella per quanto concerne gli alimenti, con le stesse modalità di cui alla lettera a), cui si aggiunge l’obbligo di esposizione del menù anche all’esterno dell’esercizio, o comunque leggibile dall’esterno. Qualora, nell’ambito dell’esercizio, sia effettuato il servizio al tavolo, il listino dei prezzi deve essere posto a disposizione dei clienti prima dell’ordinazione e deve inoltre indicare l’eventuale componente del servizio. Le modalità di pubblicità dei prezzi prescelte dall’esercente debbono essere tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente comprensibile al pubblico, anche per quanto concerne somme aggiunte attribuibili al servizio”

Le regole a Roma

  • Anche i Comuni possono deliberare regolamenti in attuazione delle normative regionali. A Roma, ad esempio, si fa riferimento alla delibera del Consiglio comunale n. 35/2010. Stabilisce che l’addebito per un servizio extra è lecito, ma solo a patto che sia concordato con il cliente in modo chiaro (anche a voce), visto che il servizio non è inserito in un tariffario esposto

Impossibile una legge per ogni casistica

  • In ogni caso, prosegue Unc, non si può credere di poter fissare per legge una casistica di tutti i possibili servizi aggiuntivi, né obbligare un ristoratore a svolgerli, né fissare il prezzo da applicare. La discrezionalità lasciata ai ristoratori non rappresenta un danno economico per i consumatori, ma viene considerata alla base della concorrenza. Un determinato ristorante che dovesse praticare extra-costi esorbitanti perderebbe, grazie al danno reputazionale, numerosi clienti

Consigli e sanzioni

  • In ogni caso, quando si chiede un servizio extra, per evitare sgradite sorprese, sarebbe opportuno chiedere se c’è un eventuale costo aggiuntivo: dal costo di un piatto fuori-menu alla mezza porzione. Questo chiarimento è consigliabile soprattutto se si chiede al ristoratore di servire la torta o la bottiglia portata da casa. Così, se il prezzo non viene comunicato o sembra eccessivo, sarà possibile discuterne con il ristoratore. Come spiegato ad esempio nella legge regionale del Lazio, all’art. 85, sono i Comuni ad avere la competenza di vigilare sulle attività di somministrazione di alimenti e bevande e a provvedere all’accertamento e all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, che, nel caso di violazione dell’art. 75 sulla pubblicità dei prezzi, va da 2.500 a 7.500 euro

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