Lavoro, alcuni settori costretti a fermarsi per il caldo: ecco in quali regioni lo stop

Economia
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Introduzione

Coinvolte l'edilizia, l’agricoltura e il florovivaismo. Lo stop (dalle 12.30 alle 16) avviene con possibile rimodulazione oraria attraverso la contrattazione e grazie al ricorso agli ammortizzatori. Coinvolte 13 regioni: Calabria, Puglia, Basilicata, Campania, Lazio, Molise, Sicilia, Sardegna, Abruzzo, Umbria, Toscana, Emilia Romagna e Marche. Ma potrebberto aggiungersene altre. C'è poi comunque la possibilità di richiedere la cassa integrazione con la causale caldo

Quello che devi sapere

Lo stop per il troppo caldo

  • L’edilizia, l’agricoltura e il florovivaismo: sono questi alcuni dei settori in cui può entrare in vigore lo stop al lavoro nelle ore più calde ( dalle 12.30 alle 16). Questa formula, con possibile rimodulazione oraria attraverso la contrattazione e grazie al ricorso agli ammortizzatori, è scattata con le ordinanze in 13 Regioni: Calabria, Puglia, Basilicata, Campania, Lazio, Molise, Sicilia, Sardegna, Abruzzo, Umbria, Toscana, Emilia Romagna e Marche. Ma potrebbero aggiungersene altre. Nelle altre aree del Paese e negli altri settori, c’è poi comunque la possibilità di richiedere la cassa integrazione 

Per approfondire:

Caldo, si può chiedere la cassa integrazione Inps oltre i 35 gradi percepiti

I divieti

  • Tutte le ordinanze vietano il lavoro all'aperto dalle 12:30 alle 16:00 nelle giornate con allerta di caldo estremo, identificabili tramite le mappe fornite dall'Inail sul sito www.worklimate.it, realizzato in collaborazione con il Cnr. I divieti sono attivi ordinariamente dalla data dell'ordinanza al 31 agosto 2024

Le informazioni dell'Inail

  • Queste misure hanno l'obiettivo di prevenire incidenti e decessi sul lavoro causati dal caldo estremo. L'Inail ha emesso varie note con indicazioni operative per i datori di lavoro su come gestire il rischio calore, tra cui la Nota 5056 del 13 luglio 2023 e un opuscolo informativo con le linee guida complete

 

 

La cassa integrazione

  • Per quanto riguarda la cassa integrazione, invece, in caso di temperature oltre i 35 gradi, anche se solo percepiti, è possibile chiederla per eventi meteo. Lo sottolinea l'Inps in un messaggio in cui riassume le indicazioni sulle modalità con le quali richiedere le prestazioni di integrazione salariale "in considerazione dell'eccezionale ondata di calore che sta interessando tutto il territorio nazionale e dell'incidenza che tali condizioni climatiche possono determinare sulle attività lavorative e sull'eventuale sospensione o riduzione delle stesse"
  • Nel caso in cui la sospensione o la riduzione delle attività lavorative sia disposta con ordinanza della pubblica Autorità, i datori di lavoro possono richiedere l'integrazione salariale invocando la causale "sospensione o riduzione dell'attività per ordine di pubblica autorità per cause non imputabili all'impresa o ai lavoratori"

I numeri della cassa integrazione

  • L'Inps ha ricevuto a giugno 2024 richieste di cassa integrazione dalle aziende per 35,29 milioni di ore con una riduzione del 25,3% su maggio e un aumento del 20% rispetto a giugno 2023. È quanto emerge dall'Osservatorio Inps sulla cassa integrazione, secondo il quale nei primi 6 mesi del 2024 sono stati chiesti 256,17 milioni di ore di cassa con un aumento del 19,1% rispetto allo stesso periodo del 2023. Nei primi quattro mesi dell'anno il tiraggio (ovvero l'effettivo uso da parte delle aziende delle ore di cassa integrazioni chieste) è pari al 21,01%

Oltre 4mila infortuni sul lavoro attribuibili al caldo

  • Come riporta Il Sole 24 Ore, in Italia, ogni anno, ci sono oltre 4mila infortuni sul lavoro attribuibili al caldo. I dati sono stati commentati da Marco Morabito, primo ricercatore del Cnr che coordina, insieme ad altri due ricercatori Inail, il progetto Worklimate 2.0. Il dato dei 4mila infortuni annui legati al caldo è il frutto dell’analisi del database dell’Inail per un quinquennio (2014-2019). “Ci sono settori maggiormente coinvolti, come l’edilizia, i trasporti, il minerario e, più in generale, tutti quelli dove si svolgono attività all’aperto in orari diurni. Ma ci sono anche altri settori dove si lavora al chiuso e le temperature raggiungono livelli rischiosi per la salute. La nostra ricerca - spiega Morabito - ha consentito di vedere che l’incidenza degli infortuni è maggiore tra i giovani piuttosto che tra gli anziani e questo si deve alla mancanza di esperienza o alla sottovalutazione del rischio”. Per questo il progetto, tra le numerose attività sta abbracciando anche quella della formazione e della prevenzione “per poter creare consapevolezza nelle persone e per poter indirizzare gli interventi”

 

Worklimate 2.0

  • Worklimate 2.0 è partito nel maggio 2023 e promuove attività per indirizzare e favorire strumenti di prevenzione per contrastare l’esposizione ai rischi termici per chi lavora. "Questa parte operativa del progetto ha avuto ricadute pratiche, nelle Ordinanze di molte regioni, nelle zone in cui la mappa del rischio individua un livello di rischio alto", spiega Morabito

I dati a livello globale

  • Intanto, i dati dell’Ilo, l’organizzazione internazionale del lavoro (l’agenzia dell’Onu che si occupa di promuovere il lavoro dignitoso), dicono che, a livello globale, "ci sono circa 2 miliardi di lavoratori, il 70% della popolazione attiva, esposti a condizioni di caldo eccessivo, con conseguenze molto preoccupanti: ogni anno sono oltre 23 milioni gli infortuni dovuti al caldo e 19mila i decessi in ambito lavorativo - spiega Morabito -. Questi numeri devono fare riflettere sull’importanza di lavorare nella direzione della prevenzione”

Per approfondire:

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