Ex Ilva Taranto, rottura tra governo e ArcelorMittal: salta accordo su ricapitalizzazione

Economia

L'incontro tra governo e azionisti a Palazzo Chigi si è concluso con l'indisponibilità di ArcelorMittal ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza. Rischia così di farsi nuovamente incerto il futuro del più grande gruppo siderurgico italiano, da mesi a caccia di liquidità

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Salta il tavolo sull'ex Ilva di Taranto convocato a Palazzo Chigi per la giornata di lunedì 8 gennaio. ArcelorMittal ha infatti rifiutato la richiesta del governo di un aumento di capitale da 320 milioni di euro per l’ex Ilva con la contestuale salita al 66% della partecipazione statale nell'azienda siderurgica di Taranto. Rischia così di farsi nuovamente incerto il futuro del più grande gruppo siderurgico italiano, da mesi a caccia di liquidità.

L'indisponibilità di ArcelorMittal

L'incontro tra governo e azionisti a Palazzo Chigi sull'ex Ilva di Taranto si è concluso con l'indisponibilità di ArcelorMittal ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza. Attualmente il gruppo franco-indiano detiene il 62% di Acciaierie d'Italia, il 38% invece è in mano pubblica tramite Invitalia. La delegazione del governo - composta dai ministri dell'Economia Giancarlo Giorgetti, degli Affari Ue Raffaele Fitto, delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, del Lavoro Elvira Calderone - ha proposto ai vertici dell'azienda (era presente il Ceo Aditya Mittal) la sottoscrizione dell'aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva. Dopo il no incassato dalla multinazionale, il governo ha incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale. Ora l'ipotesi di un aumento della partecipazione pubblica, viene riferito, non sarebbe più all'ordine del giorno. 

Un'immagine dello stabilimento Ilva a Taranto, 25 settembre 2013.
ANSA / CIRO FUSCO

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I timori dei sindacati e della politica

Tuonano i sindacati, preoccupati per la continuità aziendale. Le organizzazioni sindacali saranno convocate a Palazzo Chigi per il pomeriggio di giovedì 11 gennaio. L'esito dell'incontro a Palazzo Chigi, per Fim, Fiom e Uilm conferma "la necessità di un controllo pubblico e la mancanza di volontà del socio privato di voler investire risorse sul futuro dell'ex Ilva". Per i segretari generali di Fim-Cisl Roberto Benaglia, Fiom-Cgil Michele De Palma e Uilm-Uil Rocco Palombella: "L'indisponibilità di Mittal, manifestata nell'incontro con il Governo, è gravissima, soprattutto di fronte alla urgente situazione in cui versano oramai i lavoratori e gli stabilimenti, e conferma la volontà di chiudere la storia della siderurgia nel nostro Paese". Dal vertice di giovedì i sindacati si auspicano "una soluzione che metta in sicurezza tutti i lavoratori, compreso quelli dell'indotto, e garantisca il controllo pubblico, la salvaguardia occupazionale".

Il capogruppo Pd in Senato Francesco Boccia augura che: "Il governo batta un colpo sull'ex Ilva, come sule altre crisi industriali". Mentre il senatore di Fratelli d'Italia Matteo Gelmetti rileva che: "Finalmente si prende atto che il socio privato non ha alcuna intenzione di investire". 

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