Argentina, la ricetta economica shock del neopresidente Milei

Economia
Simone Spina

Simone Spina

Taglio delle tasse, ondata di privatizzazioni, dollaro come moneta ufficiale e chiusura della Banca Centrale. Le misure economiche promesse dal neopresidente argentino sono radicali. Riforme ultraliberiste e drastiche per tentare di salvare il Paese sudamericano dall'ennesimo crac e da un'inflazione galoppante

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Sui banchi dei mercati di Buenos Aires, e di tutta l’Argentina, i cartelli dei prezzi durano pochi giorni. Da queste parti l’inflazione corre così tanto che bisogna ritoccarli ogni settimana: in un anno il carovita è cresciuto di oltre il 140 per cento. Nel giro di dodici mesi il costo della carne è più che raddoppiato, nell’ultimo mese il prezzo di un chilo di pane è salito da 800 a 1100 pesos.

Chiamatemi anarco-capitalista

Bisogna partire da qui per capire la vittoria di Javier Milei alle elezioni presidenziali. Un anarco-capitalista, si definisce, e rifiuta l’etichetta di ultraliberista di destra. Ha promesso misure shock: brusco taglio delle tasse, privatizzazione di scuola e sanità (ma ha smentito alla vigilia del voto), meno controlli sui capitali e la "dollarizzazione" del Paese.

La "dollarizzazione"

In pratica, gli argentini sarebbero chiamati a utilizzare ufficialmente la moneta statunitense al posto del peso, cosa che già in larga parte avviene con tassi di cambi astronomici sul mercato nero. Il passaggio alla valuta a stelle e strisce dovrebbe proteggere il potere d’acquisto, ma farebbe precipitare ancora di più il valore della moneta sudamericana, rendendo estremamente arduo trovare finanziatori sui mercati.

Sigilli alla Banca Centrale

Milei vuole poi chiudere alla Banca Centrale, che per frenare i prezzi ha portato i tassi al 133 per cento, perché la ritiene responsabile dell’iperinflazione. Il rischio è quello di far precipitare nella crisi l’Argentina, che deve ripagare un debito di 44 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale per gli aiuti ricevuti in passato, nel decimo crac della sua storia.

Un Paese sul precipizio

Le riserve statali sono in rosso, la recessione avanza, quattro argentini su dieci vivono in povertà. E chi ha i soldi li spende, riempie dispense e bar. Perché quanto varranno quei denari in tasca domani nessuno può saperlo. 

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