Pil, Moody's taglia le stime di crescita: Italia in calo dell'1,4% nel 2023

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L’agenzia di rating rivede al ribasso le sue previsioni di "crescita zero" e per il prossimo anno ipotizza l’ingresso del nostro Paese in recessione. Tagliate anche le prospettive per l’economia del G20, la cui crescita dovrebbe fermarsi all’1,3% contro il precedente +2,5%. In contrazione pure Germania (-1,8%), Francia (-0,7%), Gran Bretagna (-0,5%) mentre gli Usa cresceranno di un modesto +0,4%

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Moody's taglia le stime sul pil del G20 2023. Secondo l'agenzia di rating americana la crescita dei 20 più importanti Paesi del mondo si fermerà il prossimo anno all'1,3%, un dato non solo inferiore al +2,5% che dovrebbe caratterizzare il 2022 ma che risulta anche ulteriormente ribassato rispetto alla precedente stima di +2,1%. Scenari cupi soprattutto per l’Italia, che nelle prospettive della società passa da una crescita zero a una recessione dell’1,4%. 

Le stime

"Un'attività  declinante nei Paesi avanzati, specialmente in Europa e negli Usa, guiderà la rapida moderazione della crescita nel 2023 mentre nel 2024 l'economia accelererà ma solo a un tasso del 2,2%". Lo si legge nel Global macro outlook 2023-24 di Moody's. A pesare sulle prospettive, secondo l'agenzia di rating, "un'inflazione persistente, l'irrigidimento della politica monetaria, sfide fiscali, cambiamenti geopolitici e volatilità dei mercati finanziari". Più nel dettaglio, la società stima che l'Eurozona decrescerà dello 0,6% nel 2023 per poi salire dell'1,6% nel 2024, con la Germania che si contrarrà dell'1,8% l'anno prossimo per poi recuperare fino al +1,2%. La crescita Usa frenerà allo 0,4% nel 2023 (+1,3% la precedente stima) e all'1,1% nel 2024, la Cina crescerà del +4% in entrambi gli anni (+4,8% la precedente stima) mentre il Pil russo diminuirà del 4,8% nel 2023 per poi risalire dell'1% nel 2024. 

Il nodo tassi

A detta di Moody's anche "il quantitative tightening, i tassi crescenti e il rincaro del dollaro pongono rischi di stabilità finanziaria". La stretta monetaria in corso ha infatti "generato grandi perdite finanziarie nel mondo, aumentato il costo di finanziarsi in dollari e ampliato gli spread del credito". 

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