
Assegno di divorzio, la Cassazione deciderà se conta anche la convivenza prematrimoniale
I giudici della prima sezione civile hanno rimandato ai colleghi di piazza dei Tribunali la valutazione in merito al periodo di vita sotto uno stesso tetto ai fini della determinazione della somma che spetta al coniuge in caso di separazione definitiva. “La convivenza prematrimoniale è un fenomeno di costume sempre più radicato nei comportamenti della nostra società”, hanno dichiarato i togati

La convivenza vale ai fini della separazione? Saranno le Sezioni unite di Cassazione a decidere se il periodo di convivenza prematrimoniale abbia o no un valore legale ai fini della quantificazione dell’assegno di divorzio. I giudici della prima sezione civile (ordinanza interlocutoria 30671) hanno, infatti, considerato la questione della massima importanza e invocato l’intervento dei giudici di piazza dei Tribunali in Roma
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IL CASO – A dare vita a questa ordinanza è stata una sentenza con la quale la Corte d’Appello, nel decidere l’ammontare del mantenimento dovuto dall’ex marito, aveva preso in considerazione la sola durata del matrimonio, ignorando però il periodo di convivenza more uxorio che la coppia aveva trascorso prima del fatidico sì. I giudici territoriali si erano basati sul dato letterale della legge 898/1970 sull’assegno di divorzio, che fa riferimento alla sola durata del matrimonio, non considerando altri periodi
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LA DECISIONE DEI GIUDICI – A parere dei giudici, infatti, si considera irrilevante “il periodo antecedente al formale coniugio, protrattosi per sette anni e caratterizzato da una stabilità affettiva oltre che dall’assunzione spontanea di reciproci obblighi di assistenza”
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CONVIVENZA FENOMENO RADICATO - La sezione remittente non è parsa però d'accordo con questa scelta e, nel lasciare la parola alle Sezioni unite, fa qualche considerazione sui tempi che cambiano. “La convivenza prematrimoniale è un fenomeno di costume sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca un accresciuto riconoscimento, nei dati statistici e nella percezione delle persone, dei legami di fatto, intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali”
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LA CONCLUSIONE - I giudici di legittimità, interpreti del diritto vivente, hanno perciò tratto una conclusione: “Il riconoscimento di una sostanziale identità – scrive il relatore – dal punto di vista della dignità sociale, tra i due fenomeni di aggregazione affettiva, sotto alcuni punti di vista (non certo per tutti) rende meno coerente il mantenimento di una distinzione fra la durata legale del matrimonio e quella della convivenza”
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IL PRECEDENTE - Un cambio di costume di cui si è fatta interprete la giurisprudenza che, con la sentenza delle Sezioni unite 32198/2021, si è espressa contro la perdita automatica dell’assegno compensativo di divorzio a favore di chi aveva instaurato una convivenza di fatto
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LE RAGIONI - "Non del tutto dissimile è la possibilità di tenere conto anche del periodo di convivenza prematrimoniale, cui sia seguito il vero e proprio matrimonio, successivamente naufragato, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile", precisa successivamente la Corte. Assegno che deve tenere conto, oltre che delle disponibilità economiche dell’onerato, anche della durata stessa del matrimonio, non facendo cenno al periodo più o meno lungo di convivenza. Una lacuna che le Sezioni unite potrebbero colmare

ASSEGNO DI MANTENIMENTO E DIVORZILE – A tal proposito non va fatta confusione tra l’assegno di mantenimento e quello divorzile: il primo viene riconosciuto durante la separazione ed è in proporzione al tenore di vita matrimoniale, mentre il secondo viene attribuito in seguito alla pronuncia della sentenza di divorzio, quando la coppia si scioglie in modo definitivo e cessano gli effetti civili del matrimonio, pur restando alcuni obblighi di solidarietà e assistenza tra i coniugi
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