Il Centro studi di Confindustria rileva un contesto nazionale caratterizzato da molte incognite, che dipendono da fattori che agiscono in direzioni opposte. Pesano l'aumento dell'inflazione e il conflitto in corso.
Ci stiamo avviando verso uno "scenario molto incerto per l'Italia", che dipende da numerosi fattori "che agiscono in direzioni opposte". A lanciare l'allarme è il Centro studi di Confindustria. Secondo quanto rilevato dalle analisi, la dinamica del Pil italiano dipende da due tipologie di fattori contrastanti. Quelli che spingono al ribasso, come i rincari di energia e alimentari, i tassi di interesse più alti e lo spread sovrano più ampio, il commercio internazionale debole, e quelli al rialzo, come la fine delle restrizioni anti-Covid e la stagione calda che "spingono il turismo, la crescita delle costruzioni, la resilienza dell'industria, il risparmio accumulato che protegge i consumi".
Timori per l'inflazione
Inoltre, fa sapere Confindustria, "l'inflazione in Italia continua a salire (+8% annuo a giugno) su valori che non si vedevano dal 1985, dopo gli shock petroliferi". I paesi europei, si sottolinea, sono colpiti dall'inflazioni in "misura differenziata": meno la Francia (+6,5%), di piu' la Germania (+8,2%) e soprattutto la Spagna (+10%). La media per l'Eurozona, +8,6%, è oltre 4 volte sopra la soglia Bce del +2%. Negli Usa, dove l'inflazione è salita prima, i valori sono simili (+9,1%).
Famiglie in difficoltà
"Per le famiglie - comunica il Centro studi - il rialzo dei prezzi finali si traduce in una maggiore spesa, a parità di volumi, considerato anche che energia e alimentari sono difficilmente comprimibili". Questa situazione, secondo Confindustria, potrebbe spingere a rimandare o ridurre l'acquisto di alcuni beni e servizi che vengono giudicati non essenziali. Secondo gli industriali, in direzione opposta agisce il risparmio accumulato dalle famiglie nel periodo della pandemia, che è un serbatoio di risorse cui alcuni nuclei familiari (sebbene non tutti) possono attingere a fronte della maggior spesa per beni e servizi. Come effetto netto di queste due forze contrapposte - osserva Confindustria - "l'atteso rimbalzo dei consumi in Italia, nel corso del 2022, sarà frenato rispetto a quanto si sarebbe avuto senza il balzo dei prezzi". Inoltre, lo scudo rappresentato dall'extra-risparmio tenderà ad esaurirsi poco a poco, se i rincari dei prezzi non si attenueranno: finite quelle risorse, i consumi (e quindi la domanda) "potrebbero risentirne in misura pesante".
Il peso del conflitto
La corsa dell'inflazione, sottolinea Confindustria, "è trainata soprattutto dai prezzi elevati delle materie prime energetiche e alimentari, ancora più in tensione a causa della guerra in Ucraina". I rincari, secondo il Centro studi, si traducono in Italia in un +48,7% annuo dei prezzi energetici al consumo e in un +8,7% per quelli alimentari, che spiegano ben 5,7 punti su 8 di inflazione. Fino a qualche mese fa, ricordano gli industriali, "la maggioranza dei previsori si aspettava che l'impennata dell'inflazione fosse temporanea e che, una volta cessate le tensioni sulle commodity, si sarebbe vista una rapida discesa. Ma ora lo scenario inflazionistico sta peggiorando nell'Eurozona".
Le previsioni della Bce
Secondo le previsioni della Bce di inizio giugno, l'inflazione sarebbe al +6,8% quest'anno e scenderebbe a +3,5% il prossimo: troppo alta, troppo a lungo (anche peggio per la Commissione Ue: +7,6% e +4,3%). La core inflation è attesa al +3,3% nel 2022 e ancora a +2,8% nel 2023. "L'aumento annunciato dei tassi ufficiali, legato proprio a tale scenario per i prezzi - evidenzia Centro studi - aiuterà a frenare le aspettative di inflazione e potrebbe limitare il trasferimento dei rincari ai beni industriali. I prezzi di energia e alimentari, però, dipendono da fattori esogeni, fuori del controllo della Bce: il loro sentiero, in questa fase particolare, è legato all'incerta evoluzione del conflitto".
Spread in aumento
Lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi sta risalendo per l'instabilità politica, spiegano gli industriali. I rendimenti sui titoli pubblici nell'Eurozona erano scesi poco dal picco, dopo l'annuncio Bce 'anti-frammentazione': a luglio il Btp è a 3,19% in media (3,55% a giugno), restando molto sopra lo 0,97% di dicembre 2021. La lieve flessione è comune a tutti i paesi (Bund a 1,19% da 1,50%). Anche lo spread Btp-Bund era in calo, ma di recente è risalito (+2,00 in media, da +2,05).