Con la crisi lo spread va a 220 punti ma non si impenna: attenzione alle mosse della Bce

Economia

Lorenzo Borga

Il differenzale di rendimento tra i Btp e i Bund tedeschi sale ma senza esplodere come si temeva. Le banche d'affari spiegano perché. Ma attenzione allo scudo della Bce: potrebbe risultare inefficace

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Con la crisi di governo (LO SPECIALE DI SKY TG24) in molti temevano una risalita ripida dello spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi. In realtà la crescita c'è stata, ma minore delle attese. Il differenziale di rendimento si è infatti attestato attorno ai 220 punti nelle 48 ore successive allo scoppio della crisi, partendo da un livello di circa 205. In sedute peraltro caratterizzate da un rialzo di tutti i tassi di interesse europei, spinti all'insù dal dato record sull'inflazione americana. Perché dunque lo spread non si è impennato con l'incertezza? Di certo, evidentemente, perché ancora non si conosce l'esito della partita politica e Draghi potrebbe rimanere a Palazzo Chigi. Alcune banche d'affari straniere hanno rilasciato i propri commenti.

"Partiti tornati mainstream"

L'americana Citi ritiene che il motivo risieda nella diversa natura dei partiti politici italiani rispetto al passato. Secondo gli analisti della banca, benché i sondaggi indichino come probabile una vittoria del centro-destra alle prossime elezioni, questa prospettiva non "preoccupa come avrebbe fatto in passato" a causa "del ritorno al mainstream della maggior parte dei partiti politici italiani dovuto proprio al governo Draghi e alla pressione esterna della guerra in Ucraina". Una cirscotanza che, ribadisce l'istituto, potrebbe rendere le dimissioni del premier "uno scenario meno dannoso che in passato".

Citi

Scudo anti-spread a rischio

Ma emergono anche i commenti meno ottimisti sul futuro prossimo dello spread. Secondo Barclays, altra banca d'affari inglese, le dimissioni di Mario Draghi potrebbero mettere a rischio l'efficacia dello scudo anti-spread annunciato un mese fa dalla Bce. Questo per due motivi. In primo luogo, per riuscire a concretizzare l'annuncio di Christine Lagarde di giugno serve convincere gli Stati membri che i i Paesi del Sud Europa non cerchino di sfruttare lo strumento per evitare di tenere sotto controllo i conti pubblici. E in tale ottica solo un governo filo-europeo e stimato nelle istituzioni comunitarie come quello guidato da Draghi fornirebbe una sufficiente garanzia. In secondo luogo, per accedere agli aiuti della Bce gli Stati dovranno probabilmente accettare una serie di condizionalità politiche che potrebbero arrivare fino all'adesione ai prestiti del Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Uno scenario sempre avversato da buona parte della politica italiana e che diventerebbe irrealizzabile senza un governo in carica.

barclays

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