A opporsi alcuni Paesi che dipendono molto dal greggio di Mosca, come l'Ungheria. A Bruxelles si continua a cercare un compromesso per varare le nuove sanzioni economiche dopo l'invasione dell'Ucraina. Che potrebbero avere conseguenze sui prezzi dell’energia in tutto il Continente
“Questa proposta nella sua forma attuale equivale a una bomba atomica sull’economia ungherese”. Con un paragone un po' azzardato il premier ungherese Viktor Orban esprime il suo no all’embargo al petrolio russo, mostrando quanto sia ampia in Europa la frattura sulle nuove sanzioni che l’Unione vuole approvare dopo l’invasione dell’Ucraina. Nonostante gli sforzi, a Bruxelles è così mancata ancora una volta quell’unanimità necessaria per dare il via libera al divieto di importare, come già deciso da Stati Uniti e Regno Unito, il petrolio di Mosca, che soddisfa circa un quarto dei consumi continentali, ma con sostanziali differenze fra i vari Paesi (GUERRA IN UCRAINA: LO SPECIALE - GLI ULTIMI AGGIORNAMENTI).
Chi si oppone all'embargo
Per l’Italia farne a meno significherebbe perdere circa l’11 per cento del suo fabbisogno; poco rispetto all’Ungheria e ad altri Paesi, fra i quali quelli che, non avendo sbocchi sul mare, avrebbero difficoltà, e costi più alti, nel rinunciare all’oleodotto russo per rifornirsi via mare. Anche Grecia, Malta e Cipro sono in allerta, preoccupate per le loro flotte: l’embargo riguarderebbe pure il trasporto di prodotti petroliferi con navi europee.
Alla ricerca di un compromesso
Lo scontro nell’Unione è rimasto nonostante sia stata modificata la proposta iniziale, che prevedeva il divieto totale di acquistare il greggio di Mosca dal prossimo anno. Ma dare la possibilità a Ungheria e Slovacchia di comprarlo fino a tutto il 2024, e alla Repubblica Ceca fino a giugno dello stesso anno, non è bastato per un accordo.
Mosca continua a incassare
Mentre il Cremlino plaude a Orban, in Europa si cercherà un'intesa nelle prossime ore. Intanto l'Occidente continua a versare nelle casse di Putin miliardi di euro. La Russia esporta il 45 per cento del suo oro nero nell’Unione e, si calcola, che dall’inizio della guerra abbia ricevuto oltre 20 miliardi dall'Europa per il suo greggio. E’ anche vero che bloccare gli approvvigionamenti avrebbe conseguenze per tutto il Continente: le quotazioni del barile potrebbero aumentare e, a cascata, anche i prezzi dei carburanti e dell’energia.