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Confindustria: "Speranza crescita Pil nel 2022 dimezzata. Livelli pre-Covid nel 2023 "

Economia
©IPA/Fotogramma

L’incertezza per le condizioni economiche create dalla guerra in Ucraina porta gli industriali a rivedere al ribasso i numeri previsti per l’anno: si va dal +4% ipotizzato lo scorso autunno al +1,9% di adesso. Sul caro energia: “Per le imprese 68 miliardi di spesa in più su base annua. Non è sostenibile, per molte c'è rischio chiusura”

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Il ritorno ai livelli pre-Covid per l’economia italiana slitta in avanti di qualche mese, “dal secondo trimestre di quest’anno” al primo del 2023. Sono le stime del rapporto di primavera stilato dal Centro studi di Confindustria, che taglia le previsioni di crescita per il Pil. Si va dal +4% ipotizzato lo scorso ottobre al +1,9% di adesso, con un ampio margine di ribasso di oltre 2 punti percentuali. Non c’è da preoccuparsi troppo, dicono gli industriali, considerando il 2,3% di crescita acquisita “per l’ottimo rimbalzo dell’anno scorso”. Tuttavia, lo scenario di guerra in Ucraina – “una variabile cruciale” – riporta in basso le aspettative che si erano alzate negli scorsi mesi. Così l’Italia entrerebbe in “recessione tecnica, seppur di dimensioni limitate". Quando si dispiegheranno gli effetti del conflitto, il calo del Pil sarà di 0,2% e di 0,5%, rispettivamente nel primo e nel secondo trimestre dell’anno". Per il 2023 si stima invece una crescita dell’1,6%.

L’impatto della guerra in Ucraina: i tre scenari

Il ridimensionamento delle aspettative di crescita è fortemente influenzato dal conflitto tra Russia e Ucraina. Le previsioni di crescita di Confindustria fanno leva sull’ipotesi che la guerra “abbia una durata limitata e termini entro il secondo trimestre 2022". Un prolungamento del conflitto, indicano gli industriali, "si rifletterebbe soprattutto sui prezzi dei beni energetici, in particolare gas e petrolio, e di alcune commodity agricole, ma anche sul corretto funzionamento delle catene globali del valore e del commercio internazionale, sulla fiducia degli operatori attraverso il canale dell'incertezza e sui mercati finanziari". E quindi, oltre alle stime del +1,9% e del +1,6% nel 2022 e nel 2023, Confindustria ha provato a capire cosa succederebbe se la guerra durasse più del previsto. In un primo caso – definito lo "scenario avverso", ipotesi in cui la guerra durerebbe per tutto il 2022 - la crescita dell'economia italiana si fermerebbe al +1,6% nel 2022 e al +1% nel 2023. Nel caso in cui la guerra si estendesse fino a dicembre 2023 le stime per il Pil sono di +1,5% nel 2022 e -0,1% nel 2023. 

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L’impatto “modesto” delle sanzioni contro Mosca sull’export italiano

Sanzioni e contro-sanzioni tra Mosca e il resto del mondo hanno un impatto diretto sull’export italiano che Confindustria definisce “complessivamente modesto”. Il blocco riguarda 686 milioni di euro di vendite in Russia, pari all'8,9% dell'export italiano nel Paese, che a sua volta rappresenta l'1,5% del totale delle esportazioni italiane. Quello che preoccupa è che alcuni specifici prodotti italiani (ad esempio alcuni macchinari) in Russia hanno oltre il 10% del loro mercato. Tra le "azioni che le imprese stanno esplorando per far fronte alle difficoltà" create o inasprite dalla guerra, secondo un sondaggio di Confindustria a cui hanno risposto 1.980 aziende associate, emerge che l'87% "ha indicato la revisione dei prezzi di vendita". Tra le altre possibili azioni, la ricerca di nuovi mercati di approvvigionamento (53%) e di nuovi mercati alternativi di destinazione (26%), finanziamenti agevolati (26%), rimodulazione dei turni di lavoro (22%). Tra "i principali problemi", per il 93% delle imprese interpellate c'è l'aumento del costo dell'energia, poi l'aumento del costo (89,5%) e la difficoltà di approvvigionamento (78,8%) delle materie prime. Le imprese che hanno indicato "difficoltà legate a propri insediamenti produttivi nei paesi coinvolti" dal conflitto sono il 7,2%.

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Caro energia: “Per le imprese 68 miliardi di spesa in più”

Legato alla guerra è anche il rincaro subito dai prezzi energetici, già aumentati lo scorso autunno causa inflazione. Confindustria stima "una crescita della bolletta energetica italiana di 5,7 miliardi su base mensile”. In un anno significa “un maggior onere di 68 miliardi". Gli industriali si dicono preoccupati per il futuro delle imprese italiane, perché l’impatto dei prezzi energetici su di loro non è “sostenibile”. Per questo diverse aziende “stanno riducendo o fermando la produzione, o prevedono di farlo nei prossimi mesi". 

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Effetti positivi del Pnrr a rischio

Dal 2020 in poi la politica ha guardato con speranza ai frutti che si potranno raccogliere dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Nello scenario attuale, dice Confindustria, gli effetti positivi “sono a rischio, perché alcuni degli investimenti previsti potrebbero essere di difficile realizzazione ai prezzi attuali. Inoltre, la scarsità di vari materiali potrebbe rendere difficoltoso realizzare alcuni investimenti nei tempi previsti. È, quindi, probabile che alcuni progetti debbano essere rivisti alla luce del contesto attuale, affinché il Piano possa essere effettivamente implementato".

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