La disuguaglianza tra donne e uomini colpisce anche le figure apicali delle più importanti aziende italiane. La ricerca di Sky TG24 per Valore D.
In Italia, tra le prime 100 aziende quotate a Piazza Affari, gli amministratori delegati chiamati "Andrea" superano le AD donna. É il risultato della seconda edizione dell'elaborazione di Sky TG24, a partire da dati forniti da Assonime, sulla parità di genere nel top management italiano. L'anno scorso infatti il nome più diffuso tra i Ceo delle aziende italiane più importanti era stato Alessandro, mentre Carlo era a pari merito con il numero di donne. L'elaborazione è stata compiuta per lo speciale di Sky TG24 dedicato all'uguaglianza di genere, "L'inventrice e l'ostetrico", prodotto incollaborazione con Valore D. (GUARDA LA TRASMISSIONE INTEGRALE: 1a PARTE - 2a PARTE)
A risultati simili sono giunte ricerche sulle aziende quotate in Australia (dove i manager che si chiamano Peter battono le donne) e negli Stati Uniti (lì il nome è John).
Una disuaglianza diffusa
Che le donne siano sottorappresentate nei ruoli apicali, sia nel mercato del lavoro che in politica, non è una sorpresa. Ma che le donne Ceo siano meno degli amministratori chiamati Andrea fa un certo effetto. La disuguaglianza al vertice delle aziende italiane è d'altronde certificata anche dai numeri forniti dalla Consob: solo l'1,8 per cento degli amministratori delegati delle società quotate in borsa in Italia è donna. Anche scendendo nella gerarchia aziendale le figure femminili scarseggiano: per ManagerItalia i manager donna sono 18 su 100, meno di una ogni cinque. Come pure tra gli imprenditori, raggiungendo il 22 per cento secondo Unioncamere.
Ma le cose possono cambiare
Eppure negli ultimi anni il divario di genere tra chi guida le più grandi aziende del paese si è riequilibrato, almeno in parte. Grazie alla legge “Golfo-Mosca”, che dal 2011 impone alle imprese quotate di riservare al genere meno rappresentato almeno un terzo dei posti negli organi di governo, le cose sono migliorate negli ultimi anni. Secondo i dati della Consob, nel 2008 i consigli di amministrazione erano composti solo per l’8 per cento da donne, mentre nel 2020 hanno quasi raggiunto il 39 per cento.
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