Recovery Fund, l’Italia deve correre per rispettare gli impegni

Economia

Simone Spina

Avviare i cantieri. Spendere tutti i soldi. Fare le riforme. Dopo il via libera di Bruxelles ai fondi anti-crisi, Roma deve premere sull’acceleratore. Appalti e Giustizia i primi appuntamenti. Con l’incognita delle divisioni politiche

Per risollevare l’Italia dalla peggiore recessione economica dal Secondo Dopoguerra non basterà il via libera dell’Europa ai 191,5 miliardi del Recovery Fund (68,9 sovvenzioni, 122,6 prestiti). Sarà necessario avviare in modo rapido i cantieri, spendere i soldi (il nostro Paese ha una lunga tradizione di fondi inutilizzati) e fare le riforme: cioè intervenire in modo sostanziale su fisco, lotta all’evasione, concorrenza, sprechi, burocrazia e Giustizia.

Tutte cose che Bruxelles ci chiede da anni e che hanno sempre creato divisione nella politica italiana, ma cruciali per avere quei 3,6 punti di crescita aggiuntiva che il programma comunitario potrebbe assicurarci a fine 2026.  

Per questo, come dice Mario Draghi, gli occhi dell’Europa sono puntati su di noi, che prenderemo la fetta più grande degli aiuti contro la crisi causata dal Covid. Aiuti che non saranno inviati a Roma tutti in una volta, ma a tranche (la prima da 24,89 miliardi è attesa entro luglio)  ed erogati in virtù dei risultati raggiunti. In pratica, un esame lungo sei anni per superare il quale i compiti vanno fatti subito.

Il governo, dopo aver avviato lo snellimento della macchina amministrativa, nei prossimi giorni presenterà la sua idea sulla riforma degli appalti e delle concessioni, determinante per avviare rapidamente i progetti ed evitare infiltrazioni criminali.

In agenda entro fine mese la Giustizia, col nuovo processo penale e civile per ridurre i lunghi tempi che contribuiscono a frenare l’economia ma sulla quale sono tanti i nodi nella maggioranza.  

A luglio poi toccherà alla concorrenza: l’Ue si aspetta la rimozione delle principali barriere al mercato nei servizi pubblici. Più lungo l’orizzonte per la revisione della spesa pubblica (la spending review), sulla quale ci siamo impegnati, e il Fisco. Quest’ultimo appare tra i capitoli più complessi: tra lotta all’evasione e al lavoro nero, passando per la ridefinizione delle agevolazioni e delle imposte sul reddito, la partita non appare affatto semplice. 

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