Bassa occupazione, disparità salariale, difficile equilibrio tra famiglia e lavoro, anche quest'anno l'8 marzo è l'occasione per riflettere su uno dei problemi strutturali del nostro Paese, quello che investe il ruolo e la vita delle donne
Nel nostro Paese il lavoro è un problema, ma se sei donna lo è ancora di più. I numeri parlano chiaro, degli oltre 400mila posti persi dall’arrivo del virus, più di 300mila riguardano l’occupazione femminile. Sono per lo più autonome, precarie, a part-time, e molte senza la speranza di trovare un impiego.
L’impatto della pandemia sull’occupazione femminile
In questi mesi di pandemia le donne sono state impegnate nei servizi essenziali: scuola, sanità, pubblica amministrazione, ristorazione, grande distribuzione e sono state anche le più colpite dai contagi sul lavoro da Covid-19. A casa hanno dovuto assistere i figli nella didattica a distanza. Ma già prima dell’emergenza sanitaria, le italiane scontavano difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro, con uno dei più bassi tassi di occupazione: il 48,5% contro il 62,4 della media europea e punte al di sotto del 30% nel Mezzogiorno. Anche il premier Mario Draghi ha ricordato come il nostro Paese abbia una delle peggiori differenze salariali uomo-donna del Vecchio Continente, calcolata da Eurostat attorno al 24%.
Il peso del divario di genere
Dal dopoguerra passi avanti ne sono stati fatti, ma nel 2021 l’Italia continua a non essere un paese per donne. E il nostro welfare non aiuta più di tanto. Ad esempio, l'offerta di posti in asili nido è ancora inferiore del 25% al numero di potenziali utenti. La difficoltà di conciliare vita lavorativa e familiare ha costretto nel 2019 oltre 37mila neo-mamme a dare le dimissioni, quasi il triplo dei neo-papà. Nel passato diversi governi hanno cercato di migliorare la situazione, da ultimo il family act e il sistema di assegno unico per i figli, che dovrebbe diventare operativo quest’anno. Ora importanti risorse sono in arrivo con il Recovery Plan. Tra gli obiettivi c’è anche quello di assicurare eguale accesso alla formazione soprattutto per le professioni del futuro: tecnologiche, digitali e ambientali. E incentivare le discipline cosiddette STEM. Le ragazze, infatti, rappresentano solo il 37% per cento degli iscritti nelle materie scientifiche.
Il confronto con gli altri Paesi
Complessivamente dunque sui progressi per colmare il divario di genere siamo ancora piuttosto indietro. Il Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum, ci piazza a metà classifica nel mondo: 76esimi, tra la Thailandia e il Suriname, scesi di sei posizioni rispetto alla scorsa edizione, sui 153 paesi analizzati. Ma ultimi tra i grandi paesi in Europa, dietro di noi solo Repubblica Ceca, Grecia, Malta, Cipro e Ungheria.