Mario Draghi, il pensiero economico del possibile futuro premier

Economia

Silvia Monsagrati

Debito, rischio insolvenza, sussidi: quale è il pensiero economico di Mario Draghi, ex presidente della Bce.

Mario Draghi (LA STORIA) è stato tra i primi a comprendere il disastro economico a cui il mondo stava andando incontro a causa del Covid. La pandemia era stata dichiarata da un paio di settimane, e il 25 marzo in una lettera al Financial Times (IN ITALIANO) l'ex presidente della Bce tracciava la strategia per affrontarla. «Bisogna agire in fretta», scriveva, e «sarà inevitabile un enorme aumento dei debiti pubblici».

Debito buono e debito cattivo

Ed è quello che è successo. I debiti pubblici sono cresciuti. In Europa anche grazie alla decisione di Bruxelles - arrivata il 20 marzo 2020 - di sospendere le regole del patto di stabilità: qualcosa che fino a poche settimane prima sarebbe stato considerato un'eresia. Ma i debiti contratti in questo lasso di tempo rimarranno sulle spalle dei governi a lungo. Come evitare che rappresentino un fardello troppo pesante?

La risposta arriva ancora da Draghi, ad agosto, al meeting di Rimini: il debito deve essere usato per scopi produttivi, ad esempio investimenti in ricerca, in capitale umano, in infrastrutture. E sembra già un suggerimento su come potranno essere usati i soldi del Recovery Fund, che per i due terzi si trasformeranno in debito pubblico.

 

La sua posizione è stata influente: nei mesi successivi anche organismi internazionali come l'Ocse hanno rivisto la propria posizione sull'indebitamento e sulla spesa pubblica, chiedendo ai paesi di non ritirare troppo presto le misure espansive per combattere la crisi.

 

Guarda nel video un estratto del suo intervento al Meeting di Rimini 2020.

Il rischio "zombiefication"

 

Ma prima o poi l'emergenza finirà. A dicembre Draghi nel corso di un evento del G30, think tank di consulenza su questioni di economia monetaria e internazionale, mette in guardia sulle imprese, strette tra i debiti e il calo del patrimonio. E raccomanda ai governi di aiutare solo le aziende che dopo la pandemia potranno riprendersi (per non alimentare aziende "zombie", tenute in piedi solo con i soldi pubblici), e che hanno effettivamente bisogno di supporto. Specialmente le piccole e medie potrebbero avere problemi di solvibilità. I governi, aggiungeva, si troveranno a dover fare delle scelte difficili che potrebbero cambiare profondamente le economie in cui viviamo.

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