Le banche tradizionali spariranno?

Economia

Mariangela Pira

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Finanza & Dintorni

Un ciclo di incontri con The European House Ambrosetti e uno più recente con l'ex a.d. di Banca Intesasanpaolo Corrado Passera, che ha da poco fondato Illimity, start up bancaria, mi hanno portato a fare qualche riflessione. Per tutti!

Le banche del futuro. Chi di voi non ha sentito questa frase ultimamente?

Del resto, i giganti della tecnologia e le fintech si stanno specializzando sempre più (soprattutto i primi) nell'area dei pagamenti.  

Essere digitali e dunque senza vincoli offre un grande vantaggio competitivo nel mondo dei servizi finanziari che va configurandosi. Assisteremo probabilmente ad un nuovo paradigma nel settore bancario, dovuto al fatto che nuovi attori si stanno affacciando sulla scena, certo, ma non solo. Anche al cambiamento del nostro comportamento: consumatori e aziende che quotidianamente subiscono un impatto dalle nuove tecnologie digitali. 

Su questo fronte è interessante il rapporto sul tema di The European House Ambrosetti, che ha anche organizzato quest'anno una serie di incontri, in collaborazione con Banca Ifis, focalizzati sui futuri paradigmi. Sottolinea come (e basta vedere il modello Amazon) una Pmi oggi può usufruire di condizioni economiche vantaggiose, di un gestore dedicato che sa come usare i suoi dati e facilitarle la vita, di strategie omni-canale e nuovi servizi. "Nuove modalità di dialogo e di interazione che richiedono una necessaria riflessione", scrive il think-tank italiano. 

Ed è vero. Perché sui dati, nell'area dei pagamenti e nel finanziamento del capitale circolante delle aziende presenti nel loro giro d'affari i le big tech vinceranno di sicuro: l'utilizzo intelligente dei dati è l'asset principale. Se volete è la conoscenza, il patrimonio immateriale che funge da vero e proprio generatore dei loro profitti. E' la realtà. 

Le banche tradizionali moriranno dunque? Mi piace la visione di Corrado Passera, che sottolinea come le big tech si guardino bene dall'entrare in settori quali per esempio la gestione del risparmio, che significa contatto con il cliente, decidere con lui una strategia, guardare insieme nella stessa direzione. Stesso discorso con l'azienda: se la banca si trasforma, prendendo per mano un'azienda, parlando con l'imprenditore delle difficoltà e, con un lavoro certosino di consulenza, accompagnarlo in un lavoro di ristrutturazione - altro esempio - per le filiali di banche sparse su tutto il territorio italiano ci sarà speranza. In una parola, la competenza: quella umana resta indispensabile. 

Bisogna agire in fretta però, nel ripensare la relazione con il cliente e nell'affrontare la trasformazione digitale. Guardare ai 'rivali' con intelligenza: Passera, con la start-up bancaria Illimity, buon matrimonio tra sistema bancario e imprese, ha messo in piedi in Europa una serie di partnership, con fintech (che non ha liquidato come mere rivali) e con società specializzate, che vanno a riempire i vuoti che la nuova nata avrebbe avuto. L'ex a.d. di Intesa Sanpaolo è stato capace di attirare capitali rilevanti, soprattutto alla luce del momento economico che stiamo vivendo. E che dire di Moneyfarm? Nata solo nel 2012 è stata capace di intercettare la necessità della gestione digitale del risparmio. Oggi si affidano a lei 40.000 risparmiatori ed è in procinto di aprire la sua sede in Germania, dopo quella italiana e nel Regno Unito. 

Mariangela

 

 

 

Le banche del futuro. Chi di voi non ha sentito questa frase ultimamente?
Del resto, i giganti della tecnologia e le fintech si stanno specializzando sempre più (soprattutto i primi) nell'area dei pagamenti.  
 
Essere digitali e dunque senza vincoli offre un grande vantaggio competitivo nel mondo dei servizi finanziari che va configurandosi. Assisteremo probabilmente ad un nuovo paradigma nel settore bancario, dovuto al fatto che nuovi attori si stanno affacciando sulla scena, certo, ma non solo. Anche al cambiamento del nostro comportamento: consumatori e aziende che quotidianamente subiscono un impatto dalle nuove tecnologie digitali. 
 
Su questo fronte è interessante il rapporto sul tema di The European House Ambrosetti, che ha anche organizzato quest'anno una serie di incontri, in collaborazione con Banca Ifis, focalizzati sui futuri paradigmi. Sottolinea come (e basta vedere il modello Amazon) una Pmi oggi può usufruire di condizioni economiche vantaggiose, di un gestore dedicato che sa come usare i suoi dati e facilitarle la vita, di strategie omni-canale e nuovi servizi. "Nuove modalità di dialogo e di interazione che richiedono una necessaria riflessione", scrive il think-tank italiano. 
 
Ed è vero. Perché sui dati, nell'area dei pagamenti e nel finanziamento del capitale circolante delle aziende presenti nel loro giro d'affari i le big tech vinceranno di sicuro: l'utilizzo intelligente dei dati è l'asset principale. Se volete è la conoscenza, il patrimonio immateriale che funge da vero e proprio generatore dei loro profitti. E' la realtà. 
 
Le banche tradizionali moriranno dunque? Mi piace la visione di Corrado Passera, che sottolinea come le big tech si guardino bene dall'entrare in settori quali per esempio la gestione del risparmio, che significa contatto con il cliente, decidere con lui una strategia, guardare insieme nella stessa direzione. Stesso discorso con l'azienda: se la banca si trasforma, prendendo per mano un'azienda, parlando con l'imprenditore delle difficoltà e, con un lavoro certosino di consulenza, accompagnarlo in un lavoro di ristrutturazione - altro esempio - per le filiali di banche sparse su tutto il territorio italiano ci sarà speranza. In una parola, la competenza: quella umana resta indispensabile. 
 
Bisogna agire in fretta però, nel ripensare la relazione con il cliente e nell'affrontare la trasformazione digitale. Guardare ai 'rivali' con intelligenza: Passera, con la start-up bancaria Illimity, buon matrimonio tra sistema bancario e imprese, ha messo in piedi in Europa una serie di partnership, con fintech (che non ha liquidato come mere rivali) e con società specializzate, che vanno a riempire i vuoti che la nuova nata avrebbe avuto. L'ex a.d. di Intesa Sanpaolo è stato capace di attirare capitali rilevanti, soprattutto alla luce del momento economico che stiamo vivendo. E che dire di Moneyfarm? Nata solo nel 2012 è stata capace di intercettare la necessità della gestione digitale del risparmio. Oggi si affidano a lei 40.000 risparmiatori ed è in procinto di aprire la sua sede in Germania, dopo quella italiana e nel Regno Unito. 
 
Mari 
 
 
 
 
Le banche del futuro. Chi di voi non ha sentito questa frase ultimamente?
Del resto, i giganti della tecnologia e le fintech si stanno specializzando sempre più (soprattutto i primi) nell'area dei pagamenti.  
 
Essere digitali e dunque senza vincoli offre un grande vantaggio competitivo nel mondo dei servizi finanziari che va configurandosi. Assisteremo probabilmente ad un nuovo paradigma nel settore bancario, dovuto al fatto che nuovi attori si stanno affacciando sulla scena, certo, ma non solo. Anche al cambiamento del nostro comportamento: consumatori e aziende che quotidianamente subiscono un impatto dalle nuove tecnologie digitali. 
 
Su questo fronte è interessante il rapporto sul tema di The European House Ambrosetti, che ha anche organizzato quest'anno una serie di incontri, in collaborazione con Banca Ifis, focalizzati sui futuri paradigmi. Sottolinea come (e basta vedere il modello Amazon) una Pmi oggi può usufruire di condizioni economiche vantaggiose, di un gestore dedicato che sa come usare i suoi dati e facilitarle la vita, di strategie omni-canale e nuovi servizi. "Nuove modalità di dialogo e di interazione che richiedono una necessaria riflessione", scrive il think-tank italiano. 
 
Ed è vero. Perché sui dati, nell'area dei pagamenti e nel finanziamento del capitale circolante delle aziende presenti nel loro giro d'affari i le big tech vinceranno di sicuro: l'utilizzo intelligente dei dati è l'asset principale. Se volete è la conoscenza, il patrimonio immateriale che funge da vero e proprio generatore dei loro profitti. E' la realtà. 
 
Le banche tradizionali moriranno dunque? Mi piace la visione di Corrado Passera, che sottolinea come le big tech si guardino bene dall'entrare in settori quali per esempio la gestione del risparmio, che significa contatto con il cliente, decidere con lui una strategia, guardare insieme nella stessa direzione. Stesso discorso con l'azienda: se la banca si trasforma, prendendo per mano un'azienda, parlando con l'imprenditore delle difficoltà e, con un lavoro certosino di consulenza, accompagnarlo in un lavoro di ristrutturazione - altro esempio - per le filiali di banche sparse su tutto il territorio italiano ci sarà speranza. In una parola, la competenza: quella umana resta indispensabile. 
 
Bisogna agire in fretta però, nel ripensare la relazione con il cliente e nell'affrontare la trasformazione digitale. Guardare ai 'rivali' con intelligenza: Passera, con la start-up bancaria Illimity, buon matrimonio tra sistema bancario e imprese, ha messo in piedi in Europa una serie di partnership, con fintech (che non ha liquidato come mere rivali) e con società specializzate, che vanno a riempire i vuoti che la nuova nata avrebbe avuto. L'ex a.d. di Intesa Sanpaolo è stato capace di attirare capitali rilevanti, soprattutto alla luce del momento economico che stiamo vivendo. E che dire di Moneyfarm? Nata solo nel 2012 è stata capace di intercettare la necessità della gestione digitale del risparmio. Oggi si affidano a lei 40.000 risparmiatori ed è in procinto di aprire la sua sede in Germania, dopo quella italiana e nel Regno Unito. 
 
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Le banche del futuro. Chi di voi non ha sentito questa frase ultimamente?
Del resto, i giganti della tecnologia e le fintech si stanno specializzando sempre più (soprattutto i primi) nell'area dei pagamenti.  
 
Essere digitali e dunque senza vincoli offre un grande vantaggio competitivo nel mondo dei servizi finanziari che va configurandosi. Assisteremo probabilmente ad un nuovo paradigma nel settore bancario, dovuto al fatto che nuovi attori si stanno affacciando sulla scena, certo, ma non solo. Anche al cambiamento del nostro comportamento: consumatori e aziende che quotidianamente subiscono un impatto dalle nuove tecnologie digitali. 
 
Su questo fronte è interessante il rapporto sul tema di The European House Ambrosetti, che ha anche organizzato quest'anno una serie di incontri, in collaborazione con Banca Ifis, focalizzati sui futuri paradigmi. Sottolinea come (e basta vedere il modello Amazon) una Pmi oggi può usufruire di condizioni economiche vantaggiose, di un gestore dedicato che sa come usare i suoi dati e facilitarle la vita, di strategie omni-canale e nuovi servizi. "Nuove modalità di dialogo e di interazione che richiedono una necessaria riflessione", scrive il think-tank italiano. 
 
Ed è vero. Perché sui dati, nell'area dei pagamenti e nel finanziamento del capitale circolante delle aziende presenti nel loro giro d'affari i le big tech vinceranno di sicuro: l'utilizzo intelligente dei dati è l'asset principale. Se volete è la conoscenza, il patrimonio immateriale che funge da vero e proprio generatore dei loro profitti. E' la realtà. 
 
Le banche tradizionali moriranno dunque? Mi piace la visione di Corrado Passera, che sottolinea come le big tech si guardino bene dall'entrare in settori quali per esempio la gestione del risparmio, che significa contatto con il cliente, decidere con lui una strategia, guardare insieme nella stessa direzione. Stesso discorso con l'azienda: se la banca si trasforma, prendendo per mano un'azienda, parlando con l'imprenditore delle difficoltà e, con un lavoro certosino di consulenza, accompagnarlo in un lavoro di ristrutturazione - altro esempio - per le filiali di banche sparse su tutto il territorio italiano ci sarà speranza. In una parola, la competenza: quella umana resta indispensabile. 
 
Bisogna agire in fretta però, nel ripensare la relazione con il cliente e nell'affrontare la trasformazione digitale. Guardare ai 'rivali' con intelligenza: Passera, con la start-up bancaria Illimity, buon matrimonio tra sistema bancario e imprese, ha messo in piedi in Europa una serie di partnership, con fintech (che non ha liquidato come mere rivali) e con società specializzate, che vanno a riempire i vuoti che la nuova nata avrebbe avuto. L'ex a.d. di Intesa Sanpaolo è stato capace di attirare capitali rilevanti, soprattutto alla luce del momento economico che stiamo vivendo. E che dire di Moneyfarm? Nata solo nel 2012 è stata capace di intercettare la necessità della gestione digitale del risparmio. Oggi si affidano a lei 40.000 risparmiatori ed è in procinto di aprire la sua sede in Germania, dopo quella italiana e nel Regno Unito. 
 
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Le banche del futuro. Chi di voi non ha sentito questa frase ultimamente?
Del resto, i giganti della tecnologia e le fintech si stanno specializzando sempre più (soprattutto i primi) nell'area dei pagamenti.  
 
Essere digitali e dunque senza vincoli offre un grande vantaggio competitivo nel mondo dei servizi finanziari che va configurandosi. Assisteremo probabilmente ad un nuovo paradigma nel settore bancario, dovuto al fatto che nuovi attori si stanno affacciando sulla scena, certo, ma non solo. Anche al cambiamento del nostro comportamento: consumatori e aziende che quotidianamente subiscono un impatto dalle nuove tecnologie digitali. 
 
Su questo fronte è interessante il rapporto sul tema di The European House Ambrosetti, che ha anche organizzato quest'anno una serie di incontri, in collaborazione con Banca Ifis, focalizzati sui futuri paradigmi. Sottolinea come (e basta vedere il modello Amazon) una Pmi oggi può usufruire di condizioni economiche vantaggiose, di un gestore dedicato che sa come usare i suoi dati e facilitarle la vita, di strategie omni-canale e nuovi servizi. "Nuove modalità di dialogo e di interazione che richiedono una necessaria riflessione", scrive il think-tank italiano. 
 
Ed è vero. Perché sui dati, nell'area dei pagamenti e nel finanziamento del capitale circolante delle aziende presenti nel loro giro d'affari i le big tech vinceranno di sicuro: l'utilizzo intelligente dei dati è l'asset principale. Se volete è la conoscenza, il patrimonio immateriale che funge da vero e proprio generatore dei loro profitti. E' la realtà. 
 
Le banche tradizionali moriranno dunque? Mi piace la visione di Corrado Passera, che sottolinea come le big tech si guardino bene dall'entrare in settori quali per esempio la gestione del risparmio, che significa contatto con il cliente, decidere con lui una strategia, guardare insieme nella stessa direzione. Stesso discorso con l'azienda: se la banca si trasforma, prendendo per mano un'azienda, parlando con l'imprenditore delle difficoltà e, con un lavoro certosino di consulenza, accompagnarlo in un lavoro di ristrutturazione - altro esempio - per le filiali di banche sparse su tutto il territorio italiano ci sarà speranza. In una parola, la competenza: quella umana resta indispensabile. 
 
Bisogna agire in fretta però, nel ripensare la relazione con il cliente e nell'affrontare la trasformazione digitale. Guardare ai 'rivali' con intelligenza: Passera, con la start-up bancaria Illimity, buon matrimonio tra sistema bancario e imprese, ha messo in piedi in Europa una serie di partnership, con fintech (che non ha liquidato come mere rivali) e con società specializzate, che vanno a riempire i vuoti che la nuova nata avrebbe avuto. L'ex a.d. di Intesa Sanpaolo è stato capace di attirare capitali rilevanti, soprattutto alla luce del momento economico che stiamo vivendo. E che dire di Moneyfarm? Nata solo nel 2012 è stata capace di intercettare la necessità della gestione digitale del risparmio. Oggi si affidano a lei 40.000 risparmiatori ed è in procinto di aprire la sua sede in Germania, dopo quella italiana e nel Regno Unito. 
 
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Le banche del futuro. Chi di voi non ha sentito questa frase ultimamente?
Del resto, i giganti della tecnologia e le fintech si stanno specializzando sempre più (soprattutto i primi) nell'area dei pagamenti.  
 
Essere digitali e dunque senza vincoli offre un grande vantaggio competitivo nel mondo dei servizi finanziari che va configurandosi. Assisteremo probabilmente ad un nuovo paradigma nel settore bancario, dovuto al fatto che nuovi attori si stanno affacciando sulla scena, certo, ma non solo. Anche al cambiamento del nostro comportamento: consumatori e aziende che quotidianamente subiscono un impatto dalle nuove tecnologie digitali. 
 
Su questo fronte è interessante il rapporto sul tema di The European House Ambrosetti, che ha anche organizzato quest'anno una serie di incontri, in collaborazione con Banca Ifis, focalizzati sui futuri paradigmi. Sottolinea come (e basta vedere il modello Amazon) una Pmi oggi può usufruire di condizioni economiche vantaggiose, di un gestore dedicato che sa come usare i suoi dati e facilitarle la vita, di strategie omni-canale e nuovi servizi. "Nuove modalità di dialogo e di interazione che richiedono una necessaria riflessione", scrive il think-tank italiano. 
 
Ed è vero. Perché sui dati, nell'area dei pagamenti e nel finanziamento del capitale circolante delle aziende presenti nel loro giro d'affari i le big tech vinceranno di sicuro: l'utilizzo intelligente dei dati è l'asset principale. Se volete è la conoscenza, il patrimonio immateriale che funge da vero e proprio generatore dei loro profitti. E' la realtà. 
 
Le banche tradizionali moriranno dunque? Mi piace la visione di Corrado Passera, che sottolinea come le big tech si guardino bene dall'entrare in settori quali per esempio la gestione del risparmio, che significa contatto con il cliente, decidere con lui una strategia, guardare insieme nella stessa direzione. Stesso discorso con l'azienda: se la banca si trasforma, prendendo per mano un'azienda, parlando con l'imprenditore delle difficoltà e, con un lavoro certosino di consulenza, accompagnarlo in un lavoro di ristrutturazione - altro esempio - per le filiali di banche sparse su tutto il territorio italiano ci sarà speranza. In una parola, la competenza: quella umana resta indispensabile. 
 
Bisogna agire in fretta però, nel ripensare la relazione con il cliente e nell'affrontare la trasformazione digitale. Guardare ai 'rivali' con intelligenza: Passera, con la start-up bancaria Illimity, buon matrimonio tra sistema bancario e imprese, ha messo in piedi in Europa una serie di partnership, con fintech (che non ha liquidato come mere rivali) e con società specializzate, che vanno a riempire i vuoti che la nuova nata avrebbe avuto. L'ex a.d. di Intesa Sanpaolo è stato capace di attirare capitali rilevanti, soprattutto alla luce del momento economico che stiamo vivendo. E che dire di Moneyfarm? Nata solo nel 2012 è stata capace di intercettare la necessità della gestione digitale del risparmio. Oggi si affidano a lei 40.000 risparmiatori ed è in procinto di aprire la sua sede in Germania, dopo quella italiana e nel Regno Unito. 
 
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Le banche del futuro. Chi di voi non ha sentito questa frase ultimamente?
Del resto, i giganti della tecnologia e le fintech si stanno specializzando sempre più (soprattutto i primi) nell'area dei pagamenti.  
 
Essere digitali e dunque senza vincoli offre un grande vantaggio competitivo nel mondo dei servizi finanziari che va configurandosi. Assisteremo probabilmente ad un nuovo paradigma nel settore bancario, dovuto al fatto che nuovi attori si stanno affacciando sulla scena, certo, ma non solo. Anche al cambiamento del nostro comportamento: consumatori e aziende che quotidianamente subiscono un impatto dalle nuove tecnologie digitali. 
 
Su questo fronte è interessante il rapporto sul tema di The European House Ambrosetti, che ha anche organizzato quest'anno una serie di incontri, in collaborazione con Banca Ifis, focalizzati sui futuri paradigmi. Sottolinea come (e basta vedere il modello Amazon) una Pmi oggi può usufruire di condizioni economiche vantaggiose, di un gestore dedicato che sa come usare i suoi dati e facilitarle la vita, di strategie omni-canale e nuovi servizi. "Nuove modalità di dialogo e di interazione che richiedono una necessaria riflessione", scrive il think-tank italiano. 
 
Ed è vero. Perché sui dati, nell'area dei pagamenti e nel finanziamento del capitale circolante delle aziende presenti nel loro giro d'affari i le big tech vinceranno di sicuro: l'utilizzo intelligente dei dati è l'asset principale. Se volete è la conoscenza, il patrimonio immateriale che funge da vero e proprio generatore dei loro profitti. E' la realtà. 
 
Le banche tradizionali moriranno dunque? Mi piace la visione di Corrado Passera, che sottolinea come le big tech si guardino bene dall'entrare in settori quali per esempio la gestione del risparmio, che significa contatto con il cliente, decidere con lui una strategia, guardare insieme nella stessa direzione. Stesso discorso con l'azienda: se la banca si trasforma, prendendo per mano un'azienda, parlando con l'imprenditore delle difficoltà e, con un lavoro certosino di consulenza, accompagnarlo in un lavoro di ristrutturazione - altro esempio - per le filiali di banche sparse su tutto il territorio italiano ci sarà speranza. In una parola, la competenza: quella umana resta indispensabile. 
 
Bisogna agire in fretta però, nel ripensare la relazione con il cliente e nell'affrontare la trasformazione digitale. Guardare ai 'rivali' con intelligenza: Passera, con la start-up bancaria Illimity, buon matrimonio tra sistema bancario e imprese, ha messo in piedi in Europa una serie di partnership, con fintech (che non ha liquidato come mere rivali) e con società specializzate, che vanno a riempire i vuoti che la nuova nata avrebbe avuto. L'ex a.d. di Intesa Sanpaolo è stato capace di attirare capitali rilevanti, soprattutto alla luce del momento economico che stiamo vivendo. E che dire di Moneyfarm? Nata solo nel 2012 è stata capace di intercettare la necessità della gestione digitale del risparmio. Oggi si affidano a lei 40.000 risparmiatori ed è in procinto di aprire la sua sede in Germania, dopo quella italiana e nel Regno Unito. 
 
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Le banche del futuro. Chi di voi non ha sentito questa frase ultimamente?
Del resto, i giganti della tecnologia e le fintech si stanno specializzando sempre più (soprattutto i primi) nell'area dei pagamenti.  
 
Essere digitali e dunque senza vincoli offre un grande vantaggio competitivo nel mondo dei servizi finanziari che va configurandosi. Assisteremo probabilmente ad un nuovo paradigma nel settore bancario, dovuto al fatto che nuovi attori si stanno affacciando sulla scena, certo, ma non solo. Anche al cambiamento del nostro comportamento: consumatori e aziende che quotidianamente subiscono un impatto dalle nuove tecnologie digitali. 
 
Su questo fronte è interessante il rapporto sul tema di The European House Ambrosetti, che ha anche organizzato quest'anno una serie di incontri, in collaborazione con Banca Ifis, focalizzati sui futuri paradigmi. Sottolinea come (e basta vedere il modello Amazon) una Pmi oggi può usufruire di condizioni economiche vantaggiose, di un gestore dedicato che sa come usare i suoi dati e facilitarle la vita, di strategie omni-canale e nuovi servizi. "Nuove modalità di dialogo e di interazione che richiedono una necessaria riflessione", scrive il think-tank italiano. 
 
Ed è vero. Perché sui dati, nell'area dei pagamenti e nel finanziamento del capitale circolante delle aziende presenti nel loro giro d'affari i le big tech vinceranno di sicuro: l'utilizzo intelligente dei dati è l'asset principale. Se volete è la conoscenza, il patrimonio immateriale che funge da vero e proprio generatore dei loro profitti. E' la realtà. 
 
Le banche tradizionali moriranno dunque? Mi piace la visione di Corrado Passera, che sottolinea come le big tech si guardino bene dall'entrare in settori quali per esempio la gestione del risparmio, che significa contatto con il cliente, decidere con lui una strategia, guardare insieme nella stessa direzione. Stesso discorso con l'azienda: se la banca si trasforma, prendendo per mano un'azienda, parlando con l'imprenditore delle difficoltà e, con un lavoro certosino di consulenza, accompagnarlo in un lavoro di ristrutturazione - altro esempio - per le filiali di banche sparse su tutto il territorio italiano ci sarà speranza. In una parola, la competenza: quella umana resta indispensabile. 
 
Bisogna agire in fretta però, nel ripensare la relazione con il cliente e nell'affrontare la trasformazione digitale. Guardare ai 'rivali' con intelligenza: Passera, con la start-up bancaria Illimity, buon matrimonio tra sistema bancario e imprese, ha messo in piedi in Europa una serie di partnership, con fintech (che non ha liquidato come mere rivali) e con società specializzate, che vanno a riempire i vuoti che la nuova nata avrebbe avuto. L'ex a.d. di Intesa Sanpaolo è stato capace di attirare capitali rilevanti, soprattutto alla luce del momento economico che stiamo vivendo. E che dire di Moneyfarm? Nata solo nel 2012 è stata capace di intercettare la necessità della gestione digitale del risparmio. Oggi si affidano a lei 40.000 risparmiatori ed è in procinto di aprire la sua sede in Germania, dopo quella italiana e nel Regno Unito. 
 
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Le banche del futuro. Chi di voi non ha sentito questa frase ultimamente?
Del resto, i giganti della tecnologia e le fintech si stanno specializzando sempre più (soprattutto i primi) nell'area dei pagamenti.  
 
Essere digitali e dunque senza vincoli offre un grande vantaggio competitivo nel mondo dei servizi finanziari che va configurandosi. Assisteremo probabilmente ad un nuovo paradigma nel settore bancario, dovuto al fatto che nuovi attori si stanno affacciando sulla scena, certo, ma non solo. Anche al cambiamento del nostro comportamento: consumatori e aziende che quotidianamente subiscono un impatto dalle nuove tecnologie digitali. 
 
Su questo fronte è interessante il rapporto sul tema di The European House Ambrosetti, che ha anche organizzato quest'anno una serie di incontri, in collaborazione con Banca Ifis, focalizzati sui futuri paradigmi. Sottolinea come (e basta vedere il modello Amazon) una Pmi oggi può usufruire di condizioni economiche vantaggiose, di un gestore dedicato che sa come usare i suoi dati e facilitarle la vita, di strategie omni-canale e nuovi servizi. "Nuove modalità di dialogo e di interazione che richiedono una necessaria riflessione", scrive il think-tank italiano. 
 
Ed è vero. Perché sui dati, nell'area dei pagamenti e nel finanziamento del capitale circolante delle aziende presenti nel loro giro d'affari i le big tech vinceranno di sicuro: l'utilizzo intelligente dei dati è l'asset principale. Se volete è la conoscenza, il patrimonio immateriale che funge da vero e proprio generatore dei loro profitti. E' la realtà. 
 
Le banche tradizionali moriranno dunque? Mi piace la visione di Corrado Passera, che sottolinea come le big tech si guardino bene dall'entrare in settori quali per esempio la gestione del risparmio, che significa contatto con il cliente, decidere con lui una strategia, guardare insieme nella stessa direzione. Stesso discorso con l'azienda: se la banca si trasforma, prendendo per mano un'azienda, parlando con l'imprenditore delle difficoltà e, con un lavoro certosino di consulenza, accompagnarlo in un lavoro di ristrutturazione - altro esempio - per le filiali di banche sparse su tutto il territorio italiano ci sarà speranza. In una parola, la competenza: quella umana resta indispensabile. 
 
Bisogna agire in fretta però, nel ripensare la relazione con il cliente e nell'affrontare la trasformazione digitale. Guardare ai 'rivali' con intelligenza: Passera, con la start-up bancaria Illimity, buon matrimonio tra sistema bancario e imprese, ha messo in piedi in Europa una serie di partnership, con fintech (che non ha liquidato come mere rivali) e con società specializzate, che vanno a riempire i vuoti che la nuova nata avrebbe avuto. L'ex a.d. di Intesa Sanpaolo è stato capace di attirare capitali rilevanti, soprattutto alla luce del momento economico che stiamo vivendo. E che dire di Moneyfarm? Nata solo nel 2012 è stata capace di intercettare la necessità della gestione digitale del risparmio. Oggi si affidano a lei 40.000 risparmiatori ed è in procinto di aprire la sua sede in Germania, dopo quella italiana e nel Regno Unito. 
 
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Le banche del futuro. Chi di voi non ha sentito questa frase ultimamente?
Del resto, i giganti della tecnologia e le fintech si stanno specializzando sempre più (soprattutto i primi) nell'area dei pagamenti.  
 
Essere digitali e dunque senza vincoli offre un grande vantaggio competitivo nel mondo dei servizi finanziari che va configurandosi. Assisteremo probabilmente ad un nuovo paradigma nel settore bancario, dovuto al fatto che nuovi attori si stanno affacciando sulla scena, certo, ma non solo. Anche al cambiamento del nostro comportamento: consumatori e aziende che quotidianamente subiscono un impatto dalle nuove tecnologie digitali. 
 
Su questo fronte è interessante il rapporto sul tema di The European House Ambrosetti, che ha anche organizzato quest'anno una serie di incontri, in collaborazione con Banca Ifis, focalizzati sui futuri paradigmi. Sottolinea come (e basta vedere il modello Amazon) una Pmi oggi può usufruire di condizioni economiche vantaggiose, di un gestore dedicato che sa come usare i suoi dati e facilitarle la vita, di strategie omni-canale e nuovi servizi. "Nuove modalità di dialogo e di interazione che richiedono una necessaria riflessione", scrive il think-tank italiano. 
 
Ed è vero. Perché sui dati, nell'area dei pagamenti e nel finanziamento del capitale circolante delle aziende presenti nel loro giro d'affari i le big tech vinceranno di sicuro: l'utilizzo intelligente dei dati è l'asset principale. Se volete è la conoscenza, il patrimonio immateriale che funge da vero e proprio generatore dei loro profitti. E' la realtà. 
 
Le banche tradizionali moriranno dunque? Mi piace la visione di Corrado Passera, che sottolinea come le big tech si guardino bene dall'entrare in settori quali per esempio la gestione del risparmio, che significa contatto con il cliente, decidere con lui una strategia, guardare insieme nella stessa direzione. Stesso discorso con l'azienda: se la banca si trasforma, prendendo per mano un'azienda, parlando con l'imprenditore delle difficoltà e, con un lavoro certosino di consulenza, accompagnarlo in un lavoro di ristrutturazione - altro esempio - per le filiali di banche sparse su tutto il territorio italiano ci sarà speranza. In una parola, la competenza: quella umana resta indispensabile. 
 
Bisogna agire in fretta però, nel ripensare la relazione con il cliente e nell'affrontare la trasformazione digitale. Guardare ai 'rivali' con intelligenza: Passera, con la start-up bancaria Illimity, buon matrimonio tra sistema bancario e imprese, ha messo in piedi in Europa una serie di partnership, con fintech (che non ha liquidato come mere rivali) e con società specializzate, che vanno a riempire i vuoti che la nuova nata avrebbe avuto. L'ex a.d. di Intesa Sanpaolo è stato capace di attirare capitali rilevanti, soprattutto alla luce del momento economico che stiamo vivendo. E che dire di Moneyfarm? Nata solo nel 2012 è stata capace di intercettare la necessità della gestione digitale del risparmio. Oggi si affidano a lei 40.000 risparmiatori ed è in procinto di aprire la sua sede in Germania, dopo quella italiana e nel Regno Unito. 
 
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Del resto, i giganti della tecnologia e le fintech si stanno specializzando sempre più (soprattutto i primi) nell'area dei pagamenti.  
 
Essere digitali e dunque senza vincoli offre un grande vantaggio competitivo nel mondo dei servizi finanziari che va configurandosi. Assisteremo probabilmente ad un nuovo paradigma nel settore bancario, dovuto al fatto che nuovi attori si stanno affacciando sulla scena, certo, ma non solo. Anche al cambiamento del nostro comportamento: consumatori e aziende che quotidianamente subiscono un impatto dalle nuove tecnologie digitali. 
 
Su questo fronte è interessante il rapporto sul tema di The European House Ambrosetti, che ha anche organizzato quest'anno una serie di incontri, in collaborazione con Banca Ifis, focalizzati sui futuri paradigmi. Sottolinea come (e basta vedere il modello Amazon) una Pmi oggi può usufruire di condizioni economiche vantaggiose, di un gestore dedicato che sa come usare i suoi dati e facilitarle la vita, di strategie omni-canale e nuovi servizi. "Nuove modalità di dialogo e di interazione che richiedono una necessaria riflessione", scrive il think-tank italiano. 
 
Ed è vero. Perché sui dati, nell'area dei pagamenti e nel finanziamento del capitale circolante delle aziende presenti nel loro giro d'affari i le big tech vinceranno di sicuro: l'utilizzo intelligente dei dati è l'asset principale. Se volete è la conoscenza, il patrimonio immateriale che funge da vero e proprio generatore dei loro profitti. E' la realtà. 
 
Le banche tradizionali moriranno dunque? Mi piace la visione di Corrado Passera, che sottolinea come le big tech si guardino bene dall'entrare in settori quali per esempio la gestione del risparmio, che significa contatto con il cliente, decidere con lui una strategia, guardare insieme nella stessa direzione. Stesso discorso con l'azienda: se la banca si trasforma, prendendo per mano un'azienda, parlando con l'imprenditore delle difficoltà e, con un lavoro certosino di consulenza, accompagnarlo in un lavoro di ristrutturazione - altro esempio - per le filiali di banche sparse su tutto il territorio italiano ci sarà speranza. In una parola, la competenza: quella umana resta indispensabile. 
 
Bisogna agire in fretta però, nel ripensare la relazione con il cliente e nell'affrontare la trasformazione digitale. Guardare ai 'rivali' con intelligenza: Passera, con la start-up bancaria Illimity, buon matrimonio tra sistema bancario e imprese, ha messo in piedi in Europa una serie di partnership, con fintech (che non ha liquidato come mere rivali) e con società specializzate, che vanno a riempire i vuoti che la nuova nata avrebbe avuto. L'ex a.d. di Intesa Sanpaolo è stato capace di attirare capitali rilevanti, soprattutto alla luce del momento economico che stiamo vivendo. E che dire di Moneyfarm? Nata solo nel 2012 è stata capace di intercettare la necessità della gestione digitale del risparmio. Oggi si affidano a lei 40.000 risparmiatori ed è in procinto di aprire la sua sede in Germania, dopo quella italiana e nel Regno Unito. 
 
Mari 
 
 
 
 
 
 
 

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