Brexit: quali le conseguenze economiche di un no-deal?

Economia

Mariangela Pira

Finanza & Dintorni 

Cosa rischiano le aziende, i nostri studenti, i lavoratori con un'uscita disordinata della Gran Bretagna dall'UE e soprattutto con la possibilità non si raggiunga un accordo con Bruxelles, il cosiddetto no-deal? Ho raccolto un po' di dati. Per tutti.

 

Che cosa si rischia con un'uscita disordinata della Gran Bretagna dall'Unione Europea e soprattutto con la possibilità non si raggiunga un accordo, il cosiddetto no-deal?

Dalle società manifatturiere ingegneristiche come Airbus e Rolls-Royce ai giganti farmaceutici come Astrazeneca, il fattor comune è la grande incertezza. Vi faccio qualche esempio. 

Honda, il costruttore auto giapponese che produce circa 150.000 macchine all'anno nel suo stabilimento inglese, interromperà la produzione per almeno sei giorni a partire dal primo aprile, per capire quali saranno le possibili conseguenze alle frontiere. BMW chiuderà per un mese lo stabilimento in cui produce le Mini a Oxford. 

Londra vanta anche lo status di capitale finanziaria europea. HSBC e Standard Chartered, le due società di Hong Kong da sempre protagoniste importanti per l'economia della City, non hanno fornito dettagli ma secondo alcune fonti stanno lavorando da due anni e mezzo un piano b. Banche non britanniche infatti non potranno continuare a utilizzare la piattaforma londinese per vendere prodotti e a fornire servizi finanziari a clienti europei. Uno studio dell'Università di Bristol sottolinea che il valore delle società britanniche si sia già ridotto del 16% da quanto la macchina Brexit è partita. 

Uno studio di EY afferma che dal Regno Unito un migliaio di miliardi di dollari siano già stati trasferiti in altre capitali europee, in primis Francoforte. 

In tutto questo le società logistiche stanno incrementando i guadagni. I gruppi che esportano sul mercato britannico infatti sono alla ricerca di spazi stategici da affittare perché temono una secessione disordinata a causa dei rallentamenti dovuti ai controlli alle frontiere, ai porti e alle autostrade bloccate. Gli affitti di questi spazi sono cresciuti del 27% negli ultimi due anni e mezzo. 

Legato a questo tema c'è quello della sterlina, il cui valore da giugno 2016 è sceso. Cosa significa questo, se si vive a Londra? Che se un inglese va in vacanza o un'azienda importa dei beni questi sono più cari (la sterlina vale meno, appunto). Ma che se un'azienda esporta, i suoi beni costano meno! Esempio, la Cina potrebbe comprare un bene dall'Inghilterra e non dall'UE perchè la sterlina è più economica. Ma questo basterebbe a fare da contrappeso ai danni causati dall'uscita da mamma Ue? Il discorso poi sarebbe ancora più complesso perché prendiamo Rolls Royce a mo' di esempio. E' esportatore, certo, ma anche importatore di beni che gli servono a produrre come petrolio e rame. 

E l'Italia, cosa ha da temere? Potrebbero aumentare dazi e tariffe doganali. La svalutazione della sterlina potrebbe colpire le nostre esportazioni verso il Regno Unito, che valgono circa 25 miliardi di euro. Vedremo anche quali saranno le conseguenze sui 6-700.000 italiani che vivono e lavorano in Inghilterra. Poi ci sono gli studenti italiani. Che oggi pagano la stessa retta degli studenti britannici, circa 9mila sterline all'anno. Un domani potrebbero dover pagare le rette chieste agli studenti extra europei, che possono arrivare a più di 35mila sterline.

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