Ue-28: disoccupazione ai minimi dal 2000 (non tutto va male in Europa)

Economia

Mariangela Pira

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Finanza & Dintorni

L'Europa è spesso bistrattata, non è una novità. Eppure, i dati sul mercato del lavoro mostrano una accelerazione del Vecchio Continente rispetto al nostro rallentamento. Anche questi numeri dovrebbero entrare nel dibattito. Per tutti. 

I dati dell’Istat sull’occupazione, che mostrano come il tasso dei senza lavoro sia tornato a salire a settembre dopo due mesi di cali al 10.1%, sono giunti in un momento di particolare interesse e si prestano  a una serie di analisi e confronti con il resto dell’Europa e con i mutamenti in corso nelle leggi sul lavoro.

La prima consideraizone riguarda il confronto dell'Italia con l'Europa.

Nel resto dell’Eurozona infatti le dinamiche inerenti il mercato del lavoro non solo sono tradizionalmente migliori rispetto a quelle italiane (tendenza che quindi non riguarda solo l'attuale governo), ma hanno varcato ormai stabilmente la soglia psicologica dei livelli pre-crisi. A settembre – secondo quanto comunicato da Eurostat – la disoccupazione è pari all’8,1%, ai minimi dal novembre del 2008, in piena crisi Lehman Brothers. Cosa significa? Che il mondo del lavoro nel vecchio continente ha riguadagnato il terreno perduto nel decennio di crisi. Guardando poi al dato relativo ai paesi dell'Unione a 28, il tasso è addirittura al 6,7% ovvero il livello più basso mai registrato dall'inizio delle serie storiche cominciate a gennaio del 2000.

L’Europa, insomma, mostra nel suo complesso una solidità che spesso viene trascurato nel dibattito sulle criticità dell’Unione. Sono numeri, a ognuno le sue valutazioni. 

Una seconda considerazione riguarda il continuo aumento dei lavoratori a tempo determinato.

Proprio oggi entrano in vigore le nuove norme con la stretta sui contratti a termine prevista dal decreto dignità, dopo un periodo transitorio di alcuni mesi. Non è chiaro se le tendenze negative degli ultime rilevazioni Istat già risentano delle aspettative delle imprese legate a queste norme. Ma i dati dei prossimi mesi saranno decisivi per capire se e come le politiche del governo possano dare i risultati sperati. 

Per intanto restano i segnali controversi che evidenziano tutte le difficoltà dell’Italia, ponendola in un contesto di difficile aggancio della ripresa e della produttività europee.

 

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