Finanza & Dintorni
Le coperture per la prossima manovra saranno in deficit. Al di là delle opinioni politiche, guardando solo ai numeri, cosa significa? Ne parlo oggi nel mio blog.
Le coperture della prossima manovra saranno in deficit.
Partendo dal fatto che il deficit è la differenza negativa tra le entrate e le spese, questo significa che sono soldi che non ci sono e che il governo dovrà farsi prestare dagli investitori, spesso bistrattati. Ora, anche gli economisti si dividono. Tra chi pensa sia giusto andare in deficit se quei soldi veranno usati per creare ricchezza (contano sul fatto che il prodotto interno lordo aumenterà) e chi invece ritiene che andranno solo ad aumentare il già consisente debito che grava sul nostro paese.
Il ragionamento della diarchia M5S-Lega è: metto più soldi nelle tasche dei cittadini sperando che l'economia cresca, bilanciando i conti. Per usare le parole del Ministro Paolo Savona: ricorrere al deficit si può se si effettuano investimenti che avrebbero ricadute positive sull'economia. Ieri ho sentito le parole del politico Guido Crosetto. Faceva l'esempio di diverse persone che ricevono una somma in dono. Se uno investe la quantità di denaro ricevuta per far nascere una impresa - creando valore - è un conto, se li sperpera in un attimo in un viaggio è un altro. Sono d'accordissimo con il suo esempio.
Ci si divide su questo. Basta vedere il web: esperti che sostengono di essere d'accordo con questo punto di vista, perché che uno Stato non possa fare deficit è un modo di ragionare vetusto, e altrettanti che la pensano in modo opposto. Tutti però devono riconoscere che di fatto per finanziare le promesse della campagna elettorale (ed è giusto mantenerle) si ricorrerà - appunto - al deficit.
A inizio anno, a proposito del dove si sarebbero trovate le coperture, il M5S spiegava che 30 miliardi annui sarebbero stati ricavati dalla revisione delle spese, dai risparmi sui ministeri, un miliardo dai costi della politica e ben 40 miliardi - non proprio noccioline - sarebbero arrivate dal taglio delle agevolazioni fiscali (quello che potete dedurre, o detrarre). I pentastellati dissero chiaramente che avrebbero utilizzato il deficit per 10-15 miliardi.
Quello che è successo ieri (stiamo sempre e solo sui numeri) ci dice che dei 42 e rotti miliardi che costerà questa manovra, 30 miliardi arriveranno dal deficit (ovvero bisognerà chiederli in prestito agli investitori). Da quella revisione delle spese prevista arriveranno probabilmente solo 4 miliardi, ma per dare un giudizio è meglio aspettare i numeri, quando arriveranno.
Come ho fatto oggi a SkyTg24 va anche ricordato che questo governo non è il primo a ricorrere allo strumento del deficit. Nel 2011 si promise un decifit dell'1.6% per il 2012, ma il disavanzo fu pari al 3%. Nel 2013 si promise un deficit del 2.3% ma si arrivò al tre per cento anche quell'anno e così via.
La mia speranza è che le cose funzionino perché il nostro paese è così bello che solo di turismo dovremmo essere capaci di vivere, come fa la Francia pur avendo molte meno bellezze. Mi sarebbe piaciuto che si toccassero gli evasori e i grandi evasori, che si fossero trovati davvero i soldi dalla revisione delle spese. Mi sarebbe piaciuto che a pagare non siano sempre i nostri giovani. Ma aspettiamo di vedere cosa accadrà, se si faranno o meno investimenti seri, per poi giudicare sulla base dei fatti.
P.s. E sempre parlando di fatti, è scorretto dire che i mercati crollano. Non è stata affatto la sconfitta della foresta di Teutoburgo. Le borse europee, che spesso sono rotolate per le scale della cantine seguendo l'Italia, oggi stanno tenendo. Piazza Affari va male, ma era lapalissiano accadesse. E lo spread* (mentre scrivo, e sono le 1442, quindi vedremo come andrà la giornata) resta sui 270 punti base. Attenzione però, uno spread a questi livelli e per lungo tempo comporta che quando lo Stato andrà a chiedere soldi agli investitori - e lo farà perché finanzierà la manovra in deficit - sarà costretto a pagare interessi carissimi. Quindi lo spread non si può snobbare.
* spread è la forchetta di differenza tra il rendimento del titolo di stato decennale italiano e il rendimento del decennale tedesco, detto Bund. Il titolo di stato decennale tedesco viene preso come metro di valutazione in Europa perché la Germania è ritenuta dal punto di vista dei conti un paese stabile. Più ci si allontana dal rendimento del titolo decennale tedesco più un paese è ritenuto a rischio.