Pensioni, Ragioneria di Stato: innalzamento dell'età è irrinunciabile

Economia
Fotogramma_Pensioni

Secondo il rapporto dell’organo statale gli interventi sull’adeguamento all’aspettativa di vita indebolirebbero il sistema pensionistico. E sottolinea: “Scatto obbligatorio a 67 anni per la clausola chiesta da Commissione e Bce”

È un parere contrario quello della Ragioneria generale dello Stato sulla possibilità di interventi per fermare, o rallentare, l'adeguamento all'aspettativa di vita dei requisiti anagrafici necessari per accedere alla pensione, come ad esempio il blocco dell’aumento a 67 anni che scatterà nel 2019. Nel rapporto Tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio sanitario, aggiornato al 2017, si dice che azioni di questo tipo “determinerebbero comunque un sostanziale indebolimento della complessiva strumentazione del sistema pensionistico italiano”.

Soglia a 67 anni nel 2021

Secondo il rapporto, il requisito per il pensionamento di vecchiaia, anche in presenza di un blocco dell'adeguamento automatico alla speranza di vita, "verrebbe comunque adeguato a 67 anni nel 2021, in applicazione della specifica clausola di salvaguardia introdotta nell'ordinamento su specifica richiesta della Commissione e della Bce, e successivamente mantenuto costante a tale livello".

“Requisiti minimi sono indispensabili”

La Ragioneria sottolinea come "il processo di elevamento dei requisiti minimi e il relativo meccanismo di adeguamento automatico" sulle pensioni sono "dei fondamentali parametri di valutazione dei sistemi pensionistici specie per i Paesi con alto debito pubblico come l'Italia", non solo perché la previsione di requisiti minimi, come quelli sull'età, è "condizione irrinunciabile" per "la sostenibilità, ma anche perché costituisce la misura più efficace per sostenere il livello delle prestazioni".

Le riforme pensionistiche

Secondo il report, per la prima volta dopo più di 20 anni “il pacchetto di misure riguardanti il sistema pensionistico ha previsto un ampliamento della spesa e una retrocessione nel percorso di elevamento dei requisiti di accesso al pensionamento”. La ragioneria sottolinea che finora “il processo di riforma è riuscito in larga parte a compensare i potenziali effetti della transizione demografica sulla spesa pubblica nei prossimi decenni" e che gli interventi "approvati a partire dal 2004 complessivamente hanno generato una riduzione dell'incidenza della spesa sul Pil pari a circa 60 punti cumulati al 2060". Di questi "circa due terzi sono dovuti agli interventi adottati prima del 2011 e circa un terzo agli interventi successivi", in particolare la riforma Fornero del 2011.

Economia: I più letti