I due colossi hanno annunciato che la prossima versione dei loro sistemi operativi mobili userà la crittografia per proteggere i contenuti presenti sul dispositivo. E intanto Tim Cook attacca i rivali proprio sulla riservatezza dei dati
di Raffaele Mastrolonardo
“Io cripto più di te”. La percezione dell'opinione pubblica sulla questione della privacy è davvero cambiata e i colossi dell'hi-tech si stanno adeguando. Le ultime conferme arrivano da Apple e Google che a distanza di pochi giorni hanno annunciato che con le nuove versioni dei loro sistemi operativi, rispettivamente iOS 8 e Andoid L, i dati contenuti nei dispositivi saranno automaticamente crittografati e dunque si potrà accedere alle informazioni solo conoscendo la password. La mossa rende il lavoro più difficile anche per le autorità che vogliano entrare in possesso dei materiali presenti nel gadget. Apple, in particolare, ha specificato che neanche lei stessa sarà in grado di superare la cifratura, cosa che renderà “tecnicamente impossibile” rispondere “alle richieste di un governo per l'estrazione dei dati nei dispositivi che montano iOS 8”. Gli annunci hanno già suscitato le preoccupazioni delle forze di sicurezza americane.
Sempre più protezione - In entrambi i casi si tratta di un'estensione di possibilità già esistenti. Per quanto riguarda Google, l'opzione della cifratura dei dati era presente su alcuni dispositivi Android fin dal 2011. La differenza è che doveva essere esplicitamente attivata dall'utente, mentre con il nuovo aggiornamento, previsto per il mese prossimo, sarà automatica e non avrà bisogno di interventi da parte del proprietario. Nel caso di Apple, nelle precedenti versioni del sistema operativo la crittografia riguardava solo i messaggi di posta elettronica mentre oggi è estesa anche ad altri tipi di contenuti archiviati sul gadget. Al di là delle novità annunciate, a colpire è l'enfasi che entrambe le aziende hanno dato alle notizie. Apple ha lanciato una nuova sezione del suo sito completamente dedicata a privacy e sicurezza, inaugurata da una lettera firmata dall'amministratore delegato Tim Cook in persona. Nel testo si esprime la volontà di “dire chiaramente che cosa accadrà alle tue informazioni personali” e di “chiedere il permesso prima che queste siano condivise con noi”. L'annuncio di Google è arrivato attraverso un articolo del quotidiano Washington Post a poche ore di distanza dalla comunicazione dei rivali, con una tempistica che ha fatto pensare ad una risposta diretta.
In competizione – Sia forma che contenuti fanno pensare che l'argomento sia ormai considerato caldo e che il cosiddetto datagate abbia rappresentato uno spartiacque per l'opinione pubblica e per le aziende del settore. Su questo tema i grandi dell'hi-tech, come dimostra anche la traiettoria di Facebook sulla privacy, sanno di giocarsi una parte di reputazione e di clienti e su questo piano competono l'uno con l'altro. Non a caso, nella lettera Cook rimarca la differenza tra il modello di business della sua azienda e quello dei rivali. “Noi vendiamo grandi prodotti. Non costruiamo profili degli utenti sulla base dei contenuti delle email o delle abitudini di navigazione per venderli agli inserzionisti”. Dopo tutto, aggiunge, “quando un servizio online è gratuito tu non sei il cliente. Sei il prodotto”. Il riferimento a concorrenti come Google o Facebook è piuttosto chiaro.
Fatti e promesse - Nel complesso gli attivisti per la privacy hanno salutato gli annunci con favore. Resta ora da vedere quale sarà, nella pratica, la portata delle innovazioni annunciate. Come è stato notato, se gli iPhone saranno più sicuri e maggiormente a prova di intruso, più incerto è il destino di quello che risiede su iCloud, il servizio di storage online della Mela da cui recentemente sono state sottratte foto intime di personaggi famosi. Apple ha ammesso che le informazioni depositate nella sua “nuvola” potrebbero ancora finire nelle mani delle autorità, le quali inoltre potrebbero sempre accedere ad alcuni dati senza l'aiuto della Mela, passando attraverso gli operatori o le aziende che producono app. Per quanto riguarda il mondo Android, invece, la diffusione della cifratura automatica richiederà un po' per diffondersi. A differenza di Apple, Google non ha il controllo di tutto l'hardware sul quale viene installato il sistema operativo e differenti produttori possono usare diverse versioni del programma per differenti modelli di dispositivi. Dunque, come scrive il Washington Post, potrebbero volerci “mesi, forse anni prima che la maggior parte dei dispositivi Android abbiano la cifratura di default”.
“Io cripto più di te”. La percezione dell'opinione pubblica sulla questione della privacy è davvero cambiata e i colossi dell'hi-tech si stanno adeguando. Le ultime conferme arrivano da Apple e Google che a distanza di pochi giorni hanno annunciato che con le nuove versioni dei loro sistemi operativi, rispettivamente iOS 8 e Andoid L, i dati contenuti nei dispositivi saranno automaticamente crittografati e dunque si potrà accedere alle informazioni solo conoscendo la password. La mossa rende il lavoro più difficile anche per le autorità che vogliano entrare in possesso dei materiali presenti nel gadget. Apple, in particolare, ha specificato che neanche lei stessa sarà in grado di superare la cifratura, cosa che renderà “tecnicamente impossibile” rispondere “alle richieste di un governo per l'estrazione dei dati nei dispositivi che montano iOS 8”. Gli annunci hanno già suscitato le preoccupazioni delle forze di sicurezza americane.
Sempre più protezione - In entrambi i casi si tratta di un'estensione di possibilità già esistenti. Per quanto riguarda Google, l'opzione della cifratura dei dati era presente su alcuni dispositivi Android fin dal 2011. La differenza è che doveva essere esplicitamente attivata dall'utente, mentre con il nuovo aggiornamento, previsto per il mese prossimo, sarà automatica e non avrà bisogno di interventi da parte del proprietario. Nel caso di Apple, nelle precedenti versioni del sistema operativo la crittografia riguardava solo i messaggi di posta elettronica mentre oggi è estesa anche ad altri tipi di contenuti archiviati sul gadget. Al di là delle novità annunciate, a colpire è l'enfasi che entrambe le aziende hanno dato alle notizie. Apple ha lanciato una nuova sezione del suo sito completamente dedicata a privacy e sicurezza, inaugurata da una lettera firmata dall'amministratore delegato Tim Cook in persona. Nel testo si esprime la volontà di “dire chiaramente che cosa accadrà alle tue informazioni personali” e di “chiedere il permesso prima che queste siano condivise con noi”. L'annuncio di Google è arrivato attraverso un articolo del quotidiano Washington Post a poche ore di distanza dalla comunicazione dei rivali, con una tempistica che ha fatto pensare ad una risposta diretta.
In competizione – Sia forma che contenuti fanno pensare che l'argomento sia ormai considerato caldo e che il cosiddetto datagate abbia rappresentato uno spartiacque per l'opinione pubblica e per le aziende del settore. Su questo tema i grandi dell'hi-tech, come dimostra anche la traiettoria di Facebook sulla privacy, sanno di giocarsi una parte di reputazione e di clienti e su questo piano competono l'uno con l'altro. Non a caso, nella lettera Cook rimarca la differenza tra il modello di business della sua azienda e quello dei rivali. “Noi vendiamo grandi prodotti. Non costruiamo profili degli utenti sulla base dei contenuti delle email o delle abitudini di navigazione per venderli agli inserzionisti”. Dopo tutto, aggiunge, “quando un servizio online è gratuito tu non sei il cliente. Sei il prodotto”. Il riferimento a concorrenti come Google o Facebook è piuttosto chiaro.
Fatti e promesse - Nel complesso gli attivisti per la privacy hanno salutato gli annunci con favore. Resta ora da vedere quale sarà, nella pratica, la portata delle innovazioni annunciate. Come è stato notato, se gli iPhone saranno più sicuri e maggiormente a prova di intruso, più incerto è il destino di quello che risiede su iCloud, il servizio di storage online della Mela da cui recentemente sono state sottratte foto intime di personaggi famosi. Apple ha ammesso che le informazioni depositate nella sua “nuvola” potrebbero ancora finire nelle mani delle autorità, le quali inoltre potrebbero sempre accedere ad alcuni dati senza l'aiuto della Mela, passando attraverso gli operatori o le aziende che producono app. Per quanto riguarda il mondo Android, invece, la diffusione della cifratura automatica richiederà un po' per diffondersi. A differenza di Apple, Google non ha il controllo di tutto l'hardware sul quale viene installato il sistema operativo e differenti produttori possono usare diverse versioni del programma per differenti modelli di dispositivi. Dunque, come scrive il Washington Post, potrebbero volerci “mesi, forse anni prima che la maggior parte dei dispositivi Android abbiano la cifratura di default”.