Germania, il lato oscuro del benessere

Economia
Una manifestazione sindacale alla porta di Brandeburgo. Sulla maglietta dell'uomo la scritta "Povero nonostante il lavoro" - Foto: Getty
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Nel saggio Ricca Germania, Poveri Tedeschi pubblicato dall'Università Bocconi, la giornalista Patricia Szarvas indaga gli aspetti più nascosti del boom economico tedesco. Un Paese in cui alta occupazione si traduce spesso in crescente povertà. L'ESTRATTO

di Patricia Szarvas

Lungo un corridoio del Centro per l’impiego di Francoforte mi faccio coraggio e mi rivolgo a una donna sulla cinquantina. «Dopo il divorzio», mi racconta Dorothee M., «ho dovuto occuparmi dei miei due figli da sola.  Il padre non mandava soldi. Io faccio l ’infermiera in un ospedale e, per essere presente in casa, ho optato per un part-time – passando da 40 a 30 ore alla settimana. Ora che i miei figli sono entrambi all’università, ho chiesto di tornare a lavorare a tempo pieno. Ma mi hanno detto di no, che non hanno più il bugdet per farlo». E frustrata commenta: «C’è qualcosa che non funziona in questo paese se uno non riesce a guadagnare a sufficienza pur lavorando». Dorothee deve ancora sostenere i figli sotto il profilo finanziario, ma il part-time non glielo consente. Le alternative sono due: ottenere dei sussidi dallo S tato o cercare un cosiddetto minijob per potenziare il reddito familiare.

Tra il 2000 e il 2011 la quota di impieghi atipici o non standard (nonché quelli a bassa retribuzione) è passata dal 20 al 25 per cento. L’introduzione dell’Agenda 2010, con la legge sul lavoro temporaneo (2002), le norme sulle occupazioni non a tempo pieno e l’innalzamento dei tetti di guadagno da 325 a 400 euro (2003) per i minijob hanno dato uno speciale impulso all’occupazione «non tradizionale» e al lavoro part-time. Stando alle statistiche dall’Agenzia federale per l’impiego, il numero di detentori di minijob è cresciuto costantemente a partire dal 2002, arrivando a quota 2,5 milioni di lavoratori nel 2011.

Qualche settimana più tardi, prendo un taxi a Berlino e mi metto a chiacchierare con il tassista, Morad C., 40 anni. Gli chiedo se gli piace il lavoro che fa. «Mi sta prendendo in giro?», mi chiede con un’aria tra l’ilare e l’offeso. «Detesto questo lavoro. Ma ho dovuto accettarlo. Facevo il meccanico alla Mercedes di Stoccarda, poi ho perso il lavoro. Là non sono riuscito a trovarne un altro e non potevo più permettermi l ’affitto dell’appartamento. Per fortuna, avevo un fratello a Berlino che mi ha proposto di trasferirmi e di lavorare come tassista». E così Morad si trova a fare i conti con i 5 euro all’ora che guadagna. «Se vuol sapere cosa ne penso, le dico che il mercato del lavoro è morto... Non si guadagna abbastanza per vivere». Quando, vent’anni fa, era arrivato in Germania dalla Turchia – mi racconta – un lavoratore come lui guadagnava abbastanza per andare in vacanza una volta all’anno, portare i bambini al cinema e persino acquistare una bella Mercedes o una BMW. «Oggi le cose non stanno più così. Sono lussi che non mi posso più permettere», chiosa.

Morad e Dorothee sono soltanto due dei milioni di lavoratori che devono fare i conti con lo stipendio mensile, quelli che nelle statistiche ufficiali risultano occupati ma che guadagnano meno di quanto hanno bisogno per vivere, per esistere. Sono parte del boom occupazionale tedesco ma non riescono a trarne vantaggio, devono fare due o tre lavori poco retribuiti per riuscire a mantenere le loro famiglie.  Sono i cosiddetti «working poor», vittime delle riforme del mercato del lavoro e del conseguente boom occupazionale. Difficile trovare una definizione univoca d i working poor: vanno analizzati tutti gli indicatori relativi alla persona, al tipo di occupazione, al nucleo familiare mettendoli a confronto con il rischio povertà di chi è disoccupato ( o inattivo). Tuttavia, quella ufficiale di Eurostat coglie nel segno: «Individui che vengono classificati come “occupati” ( distinguendo tra “lavoratori dipendenti più lavoratori autonomi” e solo “lavoratori dipendenti”) e che sono a rischio di povertà».
Copyright © 2013 EGEA – Università Bocconi Editore

Tratto da Ricca Germania Poveri Tedeschi - Il lato oscuro del benessere di Patricia Szarvas, pp.152 euro, 15,00

Patricia Szarvas è giornalista economico-finanziaria. Ha lavorato per molti anni per la Cnbs di Londra, prima di trasferirsi in Germania. Ha collaborato con il canale televisivo tedesco N24 e con Rai3.

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