Crisi, se il welfare in Italia regge grazie alla famiglia

Economia
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Nel nostro Paese 900mila malati di Alzheimer sono curati in casa dai parenti. E' solo uno degli esempi citati da De Rita e Galdo in un saggio Laterza che racconta come si reagisce alle fratture sociali provocate dalla recessione. ESTRATTO

di Giuseppe De Rita e Antonio Galdo

Se la sovranità, con i suoi nuovi dei, slitta sempre più verso l’alto, dove va il popolo? In teoria è sovrano (articolo 1 della Costituzione italiana: «La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione»); nella realtà, il popolo derubato del suo potere reale, avvolto nella nube del mugugno e della rabbia, si trasforma da comunità di cittadini a esercito di sudditi. E in questa metamorfosi, nell’orizzonte di una sovranità perduta e diventata così distante, gli italiani esprimono al meglio, ancora una volta, una delle loro più consolidate abitudini: adattarsi.
Un adattamento che matura attraverso la ricerca di piccoli spazi, nei quali è ancora possibile esercitare una propria microsovranità: la famiglia, l’impresa e il territorio.

La famiglia è diventata il luogo in cui ancora si può decidere qualcosa, per esempio come modificare in modo strutturale consumi e stili di vita. L’azienda è il luogo della decisione per eccellenza, dove l’imprenditore si sente comunque il padrone in casa. Il territorio è il microcosmo nel quale è possibile esprimere nuove forme di conflitti, parziali e locali, che passano per un’affermazione di sovranità in uno specifico spazio dove si ritiene di comandare.
Quando parliamo di famiglia, dobbiamo fare riferimento a un cambiamento copernicano in atto già da una decina di anni. Secondo i dati dell’Istat, infatti, il tradizionale modello di nucleo familiare, una coppia coniugata con figli, rappresenta soltanto il 35,8 per cento delle famiglie italiane (erano il 43,8 per cento nel 2000).
Viceversa, i nuclei familiari formati da single non vedovi, monogenitori e unioni libere, coinvolgono ormai circa 12 milioni di italiani, il 20 per cento della popolazione, quasi il doppio rispetto al 1998.
Nel 2011 un neonato su quattro è nato da una coppia non sposata, mentre il 46,5 per cento delle coppie italiane ha un solo bambino.

La microsovranità in famiglia si esercita innanzitutto nelle forme organizzative del welfare dal basso, non regolato e non finanziato dallo Stato. È la famiglia, per esempio, che regge il peso della non autosufficienza dei suoi membri più fragili, laddove l’assistenza pubblica non è in grado di assicurare alcun tipo di intervento.
In Italia circa un milione di persone sono colpite dal morbo di Alzheimer: di queste, quasi il 90 per cento è curato in casa, dove un familiare su cinque dedica almeno dieci ore al giorno al malato di Alzheimer. Senza la rete della famiglia, non ci sarebbe alcuna risposta efficace a una patologia le cui vittime potrebbero raddoppiare nell’arco di qualche decennio: già oggi l’Italia è il secondo Paese più vecchio del mondo e le proiezioni dell’Isvap (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo) prevedono nel 2030 un popolo di anziani non autosufficienti pari a 3,8 milioni di persone.

È la famiglia che, sovrana, si autorganizza con forme di solidarietà intergenerazionale: soldi ai figli ancora non occupati in modo stabile, prolungamento della convivenza familiare laddove figli e nipoti non riescono a entrare nel mercato del lavoro.
I giovani che restano a vivere con i genitori sono circa il 43 per cento nella fascia di età che va dai 25 ai 34 anni, contro il 33,2 per cento del 1993. Nella fascia di età tra i 35 e i 44 anni, i figli che restano in casa sono arrivati al 7 per cento, il doppio rispetto al 1993. Ed è la famiglia che, di fronte all’impatto devastante della Grande Crisi, esprime la sua microsovranità modificando in modo radicale i consumi e gli stili di vita. Dal 2008, l’anno del fallimento della Lehman Brothers, il 97 per cento delle famiglie ha ridotto gli sprechi, il 95 per cento ha rifiutato l’idea compulsiva dello spendere ad ogni costo.

Intanto, crescono in modo esponenziale i Gruppi di acquisto solidale (Gas), con famiglie che decidono di fare la spesa insieme, magari utilizzando Internet, all’ingrosso e a chilometro zero.
Oltre il 40 per cento delle famiglie dichiara di acquistare regolarmente prodotti alimentari direttamente dal produttore, rompendo così la costosa e lunga catena che parte dalla distribuzione e arriva fino al supermercato o al negozio al dettaglio. Lo stesso metodo, anche se con maggiore lentezza per la complessità delle procedure e delle decisioni che bisogna condividere, si sta diffondendo nel campo dei consumi energetici: l’utente-consumatore diventa un soggetto attivo che produce corrente e riscaldamento, si rende autonomo dalla distribuzione della rete energetica, e finisce perfino per diventare produttore, vendendo al gestore il suo surplus di energia rispetto al fabbisogno dei consumi domestici.
Nelle imprese, specie le piccole e medie, la microsovranità si esprime nell’antica voglia mai rimossa di fare da sé, nel gusto della competizione, come dimostra l’aumento delle esportazioni nonostante la recessione, nell’autorganizzazione di welfare aziendale e anche di specifici ammortizzatori sociali. Anche in questo caso, come per la famiglia, senza alcun ruolo dello Stato e delle istituzioni.
© 2014, Gius. Laterza & Figli, per l’edizione italiana

Tratto da Giuseppe De Rita, Antonio Galdo, Il popolo e gli dei, Laterza, pp. 104, euro 14

Giuseppe De Rita, fondatore e presidente del Censis, è considerato tra i più autorevoli osservatori delle trasformazioni economiche, sociali e istituzionali del nostro Paese.

Antonio Galdo, giornalista e scrittore, dirige il sito www.nonsprecare.it. Si è occupato spesso dei mali oscuri della società italiana, dalla pressione delle corporazioni fino alla crisi della nostra classe dirigente. I suoi ultimi libri sono Basta poco (Einaudi 2011), Non sprecare (Einaudi 2012) e L’egoismo è finito (Einaudi 2012).

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