Secondo il governatore dell'istituto di Francoforte, l'Unione europea non è a rischio recessione. Ma ricorda: "Il nostro compito non è quello di risolvere i problemi finanziari degli Stati". Proteste contro l'austerità in Spagna
L'euro è irreversibile e l'Unione europea non è a rischio recessione. A gettare acqua sul fuoco, nel giorno in cui per le strade di Madrid va in scena la protesta contro l'austerità, è Mario Draghi con un'intervista al quotidiano francese Le Monde, dove però ricorda anche che non è il compito della Bce risolvere i problemi finanziari degli Stati.
"Vediamo analisti immaginare scenari di esplosione della zona euro - spiega il governatore della Banca centrale - ciò vuol dire non riconoscere il capitale politico che i nostri leader hanno investito in questa unione e il sostegno degli europei". Anzi, secondo Draghi, "qualsiasi movimento verso un'unione finanziaria, di bilancio e politica è a mio parere inevitabile e condurrà alla creazione di nuove entità sovranazionali".
E sulla situazione economica, Draghi spiega che la Ue non è a rischio recessione, anche se "dall'inizio dell'anno i rischi di deterioramento dell'economia che temevamo si sono in parte materializzati" e "la situazione è gradualmente peggiorata". Per quanto riguarda la Grecia e un'eventuale rinegoziazione del memorandum, il governatore spiega di non voler prendere "alcuna posizione prima di aver visto il rapporto della troika". "La nostra opzione preferita, senza equivoci, è che la Grecia resti nella zona euro - dichiara Draghi, interpellato sulla possibilità di un'eventuale uscita di Atene dalla moneta unica - ma ora è di competenza del governo greco. Ha dichiarato il proprio impegno, ora deve dare dei risultati".
Anche perché, rimarca Draghi, "il nostro mandato non è di risolvere i problemi finanziari degli Stati, ma di garantire la stabilità dei prezzi e mantenere la stabilità del sistema finanziario in tutta indipendenza".
Nelle decisioni, continua Draghi, "siamo molto aperti e non abbiamo tabù. Abbiamo deciso di ridurre il tasso d'interesse a meno dell'1% perché prevedevamo che l'inflazione sarebbe stata vicina o inferiore al 2% all'inizio del 2013". Una scelta che, secondo il numero uno della Bce, "dovrebbe produrre i suoi effetti, così come le operazioni di prestiti a tre anni alle banche, condotte per far fronte a un rischio di riduzione del credito".
"Vediamo analisti immaginare scenari di esplosione della zona euro - spiega il governatore della Banca centrale - ciò vuol dire non riconoscere il capitale politico che i nostri leader hanno investito in questa unione e il sostegno degli europei". Anzi, secondo Draghi, "qualsiasi movimento verso un'unione finanziaria, di bilancio e politica è a mio parere inevitabile e condurrà alla creazione di nuove entità sovranazionali".
E sulla situazione economica, Draghi spiega che la Ue non è a rischio recessione, anche se "dall'inizio dell'anno i rischi di deterioramento dell'economia che temevamo si sono in parte materializzati" e "la situazione è gradualmente peggiorata". Per quanto riguarda la Grecia e un'eventuale rinegoziazione del memorandum, il governatore spiega di non voler prendere "alcuna posizione prima di aver visto il rapporto della troika". "La nostra opzione preferita, senza equivoci, è che la Grecia resti nella zona euro - dichiara Draghi, interpellato sulla possibilità di un'eventuale uscita di Atene dalla moneta unica - ma ora è di competenza del governo greco. Ha dichiarato il proprio impegno, ora deve dare dei risultati".
Anche perché, rimarca Draghi, "il nostro mandato non è di risolvere i problemi finanziari degli Stati, ma di garantire la stabilità dei prezzi e mantenere la stabilità del sistema finanziario in tutta indipendenza".
Nelle decisioni, continua Draghi, "siamo molto aperti e non abbiamo tabù. Abbiamo deciso di ridurre il tasso d'interesse a meno dell'1% perché prevedevamo che l'inflazione sarebbe stata vicina o inferiore al 2% all'inizio del 2013". Una scelta che, secondo il numero uno della Bce, "dovrebbe produrre i suoi effetti, così come le operazioni di prestiti a tre anni alle banche, condotte per far fronte a un rischio di riduzione del credito".