Riforma del Lavoro, nuovi ammortizzatori dal 2017

Economia

Il governo è ottimista, l'accordo è vicino, si chiude entro marzo. Lo scoglio più duro resta l'articolo 18 che attualmente tutela i lavoratori delle aziende con più di 15 dipendenti dai licenziamenti senza giusta causa

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Sugli ammortizzatori sociali si cambia. E si discute sulla flessibilità in uscita e quindi sull'articolo 18. I due temi sono stati al centro dell'incontro tra il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ed i leader sindacali che si sono visti al Ministero e si sono parlati per quasi cinque ore.
Per gli ammortizzatori sociali si potrebbe allungare il periodo di transizione, portando più in avanti la data di avvio e l'entrata a regime del nuovo sistema, rispetto al 2013-2015 indicato nella proposta di riforma del lavoro. Si valuterebbe l'entrata a regime nel 2017, come inizialmente ipotizzato.
L'articolo 18 resta l'ultimo argomento, con l'intenzione del Governo di limitarlo ai casi di discriminazione, alla giusta causa e al giustificato motivo soggettivo limitando quindi la possibilita' di reintegro nel caso di giustificato motivo oggettivo (i cosiddetti motivi economici). Il giudice in questo caso potrebbe decidere tra il reintegro e l'equo indennizzo (al momento in Italia se viene riconosciuto che il licenziamento e' senza giusta causa o giustificato motivo il giudice puo' solo decidere il reintegro nel posto di lavoro).

Nuovi ammortizzatori dal 2017 - Sugli ammortizzatori le posizioni dei sindacati sembrano di maggiore ottimismo con la possibilità di un allungamento della transizione ma soprattutto con la possibilità di una sorta di "scivolo" vero la pensione per i lavoratori anziani sostenuto dai contributi aziendali. In pratica a fronte della cancellazione a regime della mobilità (un'indennità in caso di licenziamenti collettivi che può arrivare fino a 48 mesi per gli over 50 nel Sud) potrebbe arrivare un fondo di solidarietà che erogherebbe un sussidio per i lavoratori che raggiungerebbero la pensione entro i quattro anni dal licenziamento.
Nella bozza del Governo di proposta di riforma salterebbe quindi il contributo dello 0,30% della retribuzione per la mobilità a carico delle aziende (che possono usare lo strumento, quindi quelle industriali con almeno 15 dipendenti o commerciali con almeno 200) che però si troverebbero a pagare un "contributo di licenziamento", ovvero, nel caso appunto di licenziamento, mezza mensilità ogni anno per gli ultimi tre anni.
Il Governo lavora comunque ancora sul nodo delle risorse per rafforzare la durata degli ammortizzatori e per ridurre l'impatto sulle piccole imprese (gli artigiani adesso pagano come contributo per la disoccupazione involontaria lo 0,40 del monte retributivo e si troverebbero nel nuovo sistema a pagare l'1,3%). Le risorse aggiuntive dovrebbero invece essere molto consistenti se prendesse piede l'ipotesi di un allungamento della durata massima dell'Aspi (la nuova indennità di disoccupazione), come chiesto dai sindacati, oltre i 12-18 mesi (per gli over 55).

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