LinkedIn, la carica dei 100 milioni di utenti

Economia
LinkedIn, il social network pensato per il mondo del lavoro.
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Il network del social network professionale cresce di un membro al secondo anche se alla registrazione non sempre corrisponde una reale attività sul sito. In Italia gli iscritti sono 1,7 milioni: concludono affari ma preferiscono non farlo sapere in giro

LinkedIn, il lavoro è servito. La fotogallery

di Federico Guerrini


100 milioni. Non sono tanti quanti quelli di Facebook, ma nemmeno pochi. Soprattutto tenendo presente che non si tratta di ex compagni di scuola che si ritrovano o di amici inclini al chiacchiericcio, ma di utenti in giacca e cravatta che discutono per lo più di lavoro. Insomma, anche se lontano dalle cifre vantate dal collega generalista, il traguardo che LinkedIn, il social network professionale più frequentato e famoso al mondo, ha appena annunciato di aver raggiunto non è per niente trascurabile.

Secondo quanto riportato sul blog aziendale, il sito cresce infatti di un milione di membri alla settimana, o, detto in altri termini, di un membro al secondo. E la crescita è particolarmente forte in alcuni Paesi emergenti, come India (+ 76 %), Messico (+178 %) e Brasile (+428 %), e in Francia.

E l'Itaia? Il blogger italiano Vincenzo Cosenza (Vincos), responsabile della sede romana di Digital Pr, azienda specializzata in marketing virtuale, già autore di una mappa dei social network mondiali, ha realizzato un’infografica in cui, basandosi sui dati forniti dal network agli inserzionisti, ha messo in evidenza alcuni dati relativi al nostro Paese.

“In Italia – spiega Vincos – gli iscritti sono 1 milione e 700mila, per lo più uomini. Le fasce di età più rappresentate sono quella fra 25 e 34 anni e quella fra 35 e 54. Pochi gli utenti fra diciotto e venticinque anni, che forse, alla seriosità di LinkedIn preferiscono la frivolezza di Facebook”.
C’è da dire comunque che, malgrado i successi sbandierati dal sito, in procinto di quotarsi in Borsa non è tutto oro quel che luccica. La stessa società, nella domanda di quotazione ha spiegato come “la vasta maggioranza delle pagine viste sia generata da una ristretta minoranza di utenti”.

Insomma, al di là delle cifre roboanti, sembra affiorare anche qui un problema già noto a Twitter; ci si iscrive al sito, salvo poi dimenticarsi nome e password per lo scarso utilizzo. Forse per questo LinkedIn ha cercato negli ultimi tempi di “svecchiarsi”, aprendo i gruppi di discussione al pubblico, snellendo la grafica e lanciando iniziative come LinkedIn Today, un aggregatore dei link più condivisi dai membri del network.

Il social che ha per slogan “le relazioni contano” deve inoltre guardarsi dalla concorrenza di rivali ambiziosi e rampanti come il tedesco Xing e il francese Viadeo. Il primo ha una decina di milioni di utenti nel mondo, è radicato soprattutto in Germania; per qualche tempo aveva aperto una sede anche in Italia, chiusa però bruscamente lo scorso anno. Almeno su un fronte, però, è arrivato prima del rivale: dal 2006 è quotato in Borsa. Viadeo, dal canto suo, afferma di avere 35 milioni di iscritti, ben 4,5 milioni dei quali in Cina. È molto forte naturalmente anche in Francia, dove è nato nel 2004, inizialmente come gruppo di discussione per i professionisti del settore finanziario.

Al di là dei numeri, quando si pensa a queste reti sociali professionali, da LinkedIn in giù, è quasi obbligatorio porsi una domanda: funzionano davvero? “Funzionano – risponde Pier Carlo Pozzati, fondatore ed ideatore della Federazione Nazionale dei Club In, che riunisce i vari “circoli” cittadini di LinkedIn in Italia, il più famoso dei quali è Milan In - ma si fa fatica ad avere i dati in modo scientifico, perché spesso chi fa business poi non lo dichiara. O meglio, nel corso delle nostre riunioni abbiamo molti riscontri di persone che affermano di aver ottenuto contratti, opportunità, clienti, ma se chiedi una testimonianza scritta, ad esempio compilando un modulo dei 'casi di successo', difficilmente ti verrà fornita”.
Pozzati aggiunge anche un’interessante spiegazione, tutta tricolore, per questa anomalia. "L’ipotesi che faccio io – racconta - è che nella nostra cultura purtroppo non esiste la mentalità di dichiarare il successo, soprattutto economico. Men che meno se questo arriva dalla rete di contatti". Insomma, in sintesi, tutti lo fanno ma nessuno lo dice.

È evidente però che, soprattutto per le aziende che cercano candidati, i siti come LinkedIn sono una manna, perché permettono di effettuare velocemente uno screening dei potenziali collaboratori.
“È uno strumento molto focalizzato – spiega Cosenza -  quando c'è da assumere qualcuno lo usiamo sempre e riceviamo centinaia di Cv. Ci sono grosse opportunità di informazione e selezione anche nei gruppi, che aggregano comunità di professionisti specializzati in particolari materie".

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