Crisi, ora i rischi arrivano da Irlanda e Portogallo

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I due Paesi avrebbero preso i primi contatti con l'Unione Europea per evitare gravi problemi finanziari. Il timore è che la febbre economica possa diffondersi nel resto dell'area della moneta unica, contagiando Grecia e Spagna

L'allarme sui debiti sovrani fa tremare l'Eurozona. Di fronte al precipitare della situazione di Irlanda e Portogallo, la Commissione europea cerca di sdrammatizzare sulla sempre più probabile richiesta di aiuto da parte di Dublino e Lisbona, ma ammette: "E' chiaro che le tensioni sui mercati ci sono e che la situazione è seria".
Forse - si vocifera nei corridoi comunitari - è la più drammatica da quando è nato l'euro. Ufficialmente non c'è ancora alcuna richiesta di assistenza finanziaria giunta a Lussemburgo, dove ha sede il Fondo salva-Stati messo in piedi nel maggio scorso dalla Ue, con una dote di oltre 700 miliardi di euro.
E con la possibilità di un intervento anche da parte dell'Fmi. Ma, sei mesi dopo il prestito concesso ad Atene, l'attivazione del meccanismo di salvataggio è oramai scontato per molti osservatori; e per alcuni potrebbe arrivare anche domani sera nel corso del vertice dell'Eurogruppo in programma a Bruxelles.

"Siamo pronti a intervenire, se ci verrà chiesto e se si renderà necessario", ha ribadito il portavoce del commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, ribadendo come "nessuna richiesta è stata ancora avanzata", ma ricordando come "ci sono a disposizione gli strumenti adeguati per fornire assistenza finanziaria ai Paesi in difficoltà e per garantire la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso".
Tutta l'attenzione è dunque puntata su quello che martedì 16 novembre diranno all'Eurogruppo il ministro delle finanze irlandese, Brian Lenihan (che ancora oggi ha smentito la richiesta di aiuto) e il collega portoghese, Fernando Teixeira Dos Santos (che invece ha ammesso la possibilità di un ricorso di Lisbona all'assistenza finanziaria d'emergenza).

Ma le preoccupazioni dei ministri finanziari della zona euro vanno al di là del rischio default di Irlanda e Portogallo. Si teme che la febbre possa diffondersi nel resto dell'area della moneta unica, contagiando gli altri Paesi in questo momento più fragili, come la Spagna e di nuovo la Grecia.
Proprio Atene potrebbe finire nuovamente nell'occhio del ciclone visto il deterioramento dei suoi conti pubblici, più grave del previsto.
Con Eurostat che per il 2009 ha rivisto al rialzo sia il deficit, schizzato al 15,4%, sia il debito pubblico, che al 126,8% è ora il più elevato d'Europa. Senza contare un Pil che mostra ancora una profonda recessione. Sullo sfondo c'è anche l'Italia, che tra l'altro sta vivendo una difficile situazione politica. Non può passare inosservato un debito pubblico che viaggia verso il 119%, con la situazione degli spread che potrebbe far gola agli speculatori. Anche se la situazione del debito privato italiano, con un indebitamento di famiglie e imprese molto meno elevato rispetto ad altri Stati Ue, rende la situazione del nostro Pase non paragonabile a quella di altri.
Come spesso ha riconosciuto l'Ue. "Domani (martedì 16 novembre, ndr) a Bruxelles ci sarà una discussione molto impegnativa sull'euro e, quindi, anche sull'Italia", ha affermato il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in procinto di partire per la capitale europea, dove martedì 16 novembre parteciperà alla riunione dell'Eurogruppo e mercoledì 17 novembre a quella dell'Ecofin.

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