Ue, nuove regole in vista per la privacy online

Economia
La Google Car che tante polemiche sta suscitando per le violazioni della riservatezza degli utenti
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La commissaria Reding propone una legge comunitaria per tutelare meglio le informazioni personali degli utenti. L'industria della pubblicità digitale teme conseguenze negative su un mercato che sta per decollare.

di Gabriele De Palma

Le ultime notizie di cronaca che hanno riguardato le infrazioni della privacy da parte di Facebook e Google, hanno messo in allarme i cittadini e gli utenti del web. Viviane Reding, la commissaria
europea per la Giustizia, i Diritti fondamentali e la Cittadinanza ha deciso di affrontare di petto la questione. In un intervento della settimana scorsa ha rilanciato il problema della tutela delle informazioni personali, acuito dalle nuove tecnologie, aprendo la strada per una nuova regolamentazione comunitaria.

“La protezione dei dati personali è un diritto fondamentale, e per garantirlo abbiamo bisogno di regole in materia che siano chiare e sostanziali”. E alle dichiarazioni hanno fatto immediatamente seguito i fatti, con una proposta di legge che contiene alcuni punti molto precisi: diritto all'oblio e quindi il totale controllo dei dati da parte dell'utente; e indicazioni chiare ed esplicite sulla disponibilità a rendere i propri dati di dominio dei chi fornisce il servizio, o meglio l'esplicito consenso da parte dell'utente a rendere disponibili i dati.

L'iter che con ogni probabilità porterà a nuove direttive cui dovranno aderire gli stati membri, inizia quindi con la proposta, redatta in un documento di venti pagine, e da una concomitante consultazione pubblica aperta sul sito della Ue, cui gli interessati dovranno partecipare entro il 15 gennaio 2011.

I principali punti della proposta potrebbero rendere fuori legge alcuni dei più diffusi servizi del web così come sono configurati al momento. Il primo caposaldo è il diritto all'oblio, e cioè la possibilità di chiedere la rimozione di tutti i propri dati da un servizio online. Il secondo potrebbe richiedere a chi eroga un servizio in cui vengano tracciati i comportamenti online degli utenti di domandare l'esplicito consenso agli utilizzatori per poter trattare i dati.

Attualmente le pratiche prevalenti prevedono che per impedire che le proprie informazioni personali siano monitorate e usate gli utenti debbano esplicitamente richiederlo (una modalità cosiddetta opt-out). Con le regole auspicate dalla Reding, al contrario, i servizi Web non potrebbero impiegare a proprio beneficio i dati dei navigatori senza un dichiarato assenso preventivo (tecnicamente: opt-in).

È soprattutto questa ultima possibilità a far tremare il comparto della pubblicità online, che punta molto sul monitoraggio delle abitudini degli utenti, il cosiddetto behavioural advertising. L'industria europea della reclame online ha già fatto sapere che se l'opt-in diventerà la norma è in serio pericolo il mercato nascente della pubblicità sul web, che oggi vale circa 70 miliardi di euro e sulla cui crescita concordano tutti gli analisti del settore.

Il timore degli operatori del ramo è acuito dal fatto che le proposte della Reding non sono in tutta probabilità destinate a rimanere lodevoli promesse. Almeno a guardare la storia della Commissaria. Con la sua tenacia hanno già dovuto scontrarsi gli operatori di telefonia mobile, che nel 2007 (quando si occupava di Società dell'Informazione) si sono visti abbattere  le tariffe per il roaming internazionale tra Paesi membri della Ue. Tariffe poi ulteriormente ribassate da Neelie Kroes, succeduta nel ruolo alla Reding. Con grande soddisfazione e notevoli risparmi da parte degli utenti europei.

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